RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Il debutto operistico di Jonas Kaufmann

Grandissimo interesse per il debutto in opera di Jonas Kaufmann al Liceu e in tutta la Spagna. Botteghino tutto esaurito e prezzi altissimi, unico dato che Verdi prendeva in considerazione, non ho saputo mai se esagerando o meno. Atmosfera di tesa attesa e di grande avvenimento come ai vecchi tempi delle ugole d'oro. Molto amato il titolo scelto, Andrea Chénier, assente da qualche tempo ma che a quanto pare torna alla ribalta in mano a cantanti importanti.

Anche se il mediatico tenore si è mostrato in buena forma, meglio che un anno fa a Parigi e con un quarto atto davvero impressionante – Come un bel dì di maggio, un'aria squisita, aveva tutte le inflessioni e sfumature richieste e nel duetto finale è riuscito perfino a farsi sentire accanto all'Invincibile – in quanto a tonnellate di volume e di estensione – Maddalena di Sondra Radvanovsky, nei primi due le cose andavano bene, ma lo si vedeva un po' prudente nel canto – sulla presenza scenica e le capacità interpretative si sa – con la voce più scura che mai, e certi suoi ingolamenti particolari più qualche rischioso attacco in pianissimo – Ora soave. Dalla scena del giudizio nel terz'atto e più precisamente con un eccellente Sì fui soldato (dove l'unico elemento mancante per essere ideale, come gli capita spesso in repertorio italiano, era lo squillo e un timbro più solare) lo si vedeva più immedesimato nel ruolo.

Le vere ovazioni durante la recita erano per la Radvanovsky dopo La mamma morta (la si vedeva molto commossa) e innanzitutto, con insistenti richiesti di bis, per Carlos Álvarez, che riprendeva ancora una volta il suo noto Gérard, dopo Nemico della patria. Entrambi i cantanti sono stati molto bravi dal punto di vista vocale (anche se il timbro del soprano può non piacere, come certi suoni metallici o vuoti) e nell'insieme validi artisti – lei a partire del secondo atto; nel primo bamboleggiava un po' tipo ragazza della festa di Scarlett O'Hara in un italiano incomprensibile.

La direzione di Pinchas Steinberg era complessivamente buona, soprattutto nella seconda parte (atti terzo e quarto). Nella prima, e in particolare nel primo atto, l'orchestra (in ottima forma) era troppo scatenata.

L'allestimento era lo stesso in cui si presentava il tenore al Covent Garden per la regia di David McVicar, qui ripresa da Marie Lambert. Tradizionale, con qualche dettaglio opportuno per i personaggi (soprattutto i secondari, ad esempio nel primo atto) e con bei costumi di Jenny Tiramani e scene molto adatte di Robert Jones, più una coreografia grottesca – non so se fatta apposta – di Andrew George, era una buona cornice per la serata, molto piacevole da vedere pur non restando nel ricordo – da questo punto di vista, molto più interessante lo spettacolo scaligero firmato da Martone.

Bene il coro preparato da Conxita García. Come si sa in questo titolo ci sono parecchi comprimari importanti: molto interessante la Bersi (non era mulatta?) di Yulia Mennibaeva, importanti come sempre i contributi scenici e vocali di Francisco Vas (L'Invincibile) e Manel Esteve (Mathieu), magnifico il Roucher di Fernado Radó (a quando ruoli più importanti?), discreta la Contessa di Sandra Fernández, corretti gli altri. Madelon è di solito un personaggio riservato a una cantante veterana. Molti applausi hanno saluto la presenza nel ruolo della grande Anna Tomowa-Sintow, anch'essa vivamente commossa, ma resta il fatto che si tratta di un soprano e non del mezzo o contralto che si vuole per la parte. Ovazioni interminabili a fine spettacolo.

Jorge Binaghi

10/3/2018

La foto del servizio è di Antonio Bofill.