RECENSIONI
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Zurigo

È sempre d'oro

L'Opera di Zurigo ha deciso di offrire un nuovo allestimento della Manon di Massenet, che l'autore stesso considerava d'oro. Ed è vero che nell'importante catalogo di quest'importante autore anche il sensazionale Werther gli cede forse il primo posto, benchè non in popolarità o frequenza di riprese. Trovare, per esempio, due protagonisti di uguale caratura è impresa quasi impossibile ma questa volta si è stati molto vicini. Ovviamente quando Des Grieux è Piotr Beczala nella sua presentazione europea in questo ruolo che sembra scritto per lui è inevitabile parlare prima di lui per dire semplicemente che, dall'epoca di Nicolai Gedda, non si vedeva un'interpretazione così completa e perfetta per stile, voce, tecnica, fraseggio, dizione, forse come attore e come qualità del timbro è ancora superiore. Ogni frase, non solo arie, duetti e concertati, era un esempio di come va fatto questo Chevalier – non si sa perchè il Met non abbia fatto un dvd del suo debutto assoluto, che è stato trasmesso in diretta. Elsa Dreisig, che per di più debuttava la parte, è riuscita a non restare in ombra. Se la voce non è di una qualità superiore o particolarmente personale, se l'artista pare meno a suo agio nel quadro del Cours La Reine, con il quale finisce –un errore teatrale notevole – la prima parte dello spettacolo, la cantante non conosce paure nè limitazioni, e per fortuna si tratta di un soprano lirico con estensione sufficiente per i temibili acuti. Sicuramente, se avrà la possibilità di frequentare il personaggio, potrà approfondire nell'espressività e nell'intenzione ma il risultato è ormai altissimo.

Yury Yurchuk era anche al suo primo Lescaut. Lo si annunciava raffreddato e può darsi che la voce ne abbia sofferto un po' (sembrerebbe più adeguata a ruoli della scuola slava o perfino italiana) ma era più che attendibile da tutti i punti di vista. Lo stesso va detto – in meglio – di un caratterista ottimo come Eric Huchet che si calava per la prima volta nei panni di Guillot, o di Marc Scoffoni (De Brétigny) che si presentava per la prima volta a Zurigo, come anche Alastair Miles (papà Des Grieux alquanto inglese) che almeno è riuscito a non suonare troppo fisso e metallico come altre volte. Da rilevare anche la prestazione delle tre donnette allegre, Yuliia Zasimova soprattutto –Poussette – ma anche Natalia Tanassi, Javotte, e Deniz Uzun, Rosette.

La regia di Floris Visser si avvaleva di una scena unica di Dieuweke van Reij, responsabile anche dei costumi (molto belli, se si pensa che qui l'azione passa all'Ottocento), che se facilitava i cambiamenti di scena forzava qualche volta le situazioni, in particolare nel Cours la Reine. Molto azzeccata la forma di presentare i personaggi, con una piccola Manon già sedotta dal ballo e dal lusso. Peccato che alla fine, soprattutto, non lasci soli i protagonisti e la morte avvenga in presenza di tutta la compagnia. Niente di particolare la coreografia di Pim Veulings.

Il coro del Teatro (istruito da Ernst Raffelsberger) è stato molto bravo e l'orchestra, magnifica dal punto di vista tecnico, era il punto debole della recita perchè Marco Armiliato dirigeva troppo forte, con tempi rapidi e come se l'orchestrazione di Massenet, molto importante ma tipicamente 'francese' e quindi trasparente, fosse quella della Turandot pucciniana.

Jorge Binaghi

11/5/2019

La foto del servizio è di Toni Suter.