RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Un Nabucco tra naufraghi e aguzzini

in edizione critica al Festival Verdi 2019

In una lettera del 1847 Giuseppe Verdi così annotava: “Allo scopo di impedire le alterazioni che si fanno nei teatri alle opere musicali, resta proibito di fare nelle mie opere qualunque intrusione, qualunque mutilazione, insomma qualunque alterazione che richiegga il più piccolo cambiamento, sotto la multa di cento franchi che io esigerò per qualunque teatro ove sia fatta l'alterazione”.

Il grande compositore evidentemente presagiva i futuri abusi e le future prevaricazioni che tanti registi odierni avrebbero perpetrato nei confronti dei melodrammi, spesso snaturandone e stravolgendone i significati, siano essi palesi, simbolici o metaforici. Questo è stato il caso della sconclusionata, disorganica e incoerente regia di Stefano Ricci, guidata da un altrettanto scombinato e scombiccherato progetto creativo di Gianni Forte. Non siamo prevenuti a priori sulle regie che tentano di attualizzare o svecchiare il melodramma, ma queste innovazioni devono a nostro avviso possedere sempre una coerenza, una chiarezza, una trasparenza, un'organicità e una consequenzialità logica che non intralcino la lettura semplice e accessibile di un prodotto artistico quale esso rimane nella sua oggettiva sostanza e soprattutto come è stato concepito, costruito e realizzato dal suo autore.

La scena iniziale del dramma anziché offrire, come recita il libretto di Temistocle Solera, l'interno del Tempio di Re Salomone mostra allo spettatore l'immagine di una palestra all'interno di una nave, adibita a campo profughi, un grande spazio-carcere del quale sono custodi-aguzzini guardie con mitra che scorrazzano sopra degli overboard e controllano ogni movimento degli originari ebrei divenuti, forse, inopinatamente naufraghi. Pare si tratti proprio di naufraghi-ebrei, dato che tutti i componenti del coro verranno provvisti poi con giubbotti di salvataggio color arancione! Una delle successive parti (La profezia) presenterà perfino un grande albero di Natale addobbato con palle e con ai piedi voluminosi doni. Abigaille ne prenderà uno per porgerlo con grazia a Nabucodonosor, mentre entrambi affrontano il magnifico duetto vocale scritto da Giuseppe Verdi!

Risparmiamo ai nostri lettori altre palesi incongruenze, come per esempio la richiesta da parte di Nabucco di un brando ad Abdallo, richiesta alla quale il luogotenente del re risponde porgendo, anziché una spada, un kalashnikov. Il riferimento ai profughi medio-orientali e africani che scappano dai loro paesi per cercare rifugio in Europa e tentano diuturnamente di sbarcare in Italia ci è parsa evidente, viene spontaneo chiedersi perché il duo Ricci/Forte non abbia realizzato un'opera lirica originale su tale tema anziché scempiare quella di Verdi. Perché fare un lacerto così maldestro infarcendo il capolavoro verdiano di inutili ridondanze metaforiche? Inoltre, e come sempre in simili esperimenti, musica e linguaggio aulico del libretto cozzano in modo eclatante con abiti militari moderni, overboard, giubbotti di salvataggio, abbigliamenti casual, alberi natalizi, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, una regia che, assieme ai costumi di Gianluca Sbicca, alle scene di Nicolas Bovey e alle coreografie di Marta Bevilacqua, faceva letteralmente a pugni con la partitura verdiana. Solo le luci riuscivano in modo singolare a mettere in risalto la psicologia dei personaggi.

Infine l'ideologia a monte del concetto dell'accoglienza a tutti i costi dei profughi, ideologia che presumibilmente ha mosso l'azione registica, pur se lodevole da un punto di vista umano e cristiano, risulta tuttavia, a una valutazione più fredda e critica, certo dettata più dal cuore che dal cervello, se si considera il fatto che accoglienza indiscriminata è uguale a sfruttamento indiscriminato e che tali grandi flussi migratori incontrollati favoriscono di fatto l'impoverimento dell'intera classe lavoratrice da parte del capitalismo, poiché hanno l'indubbia funzione di abbassare fino all'indicibile e all'inverosimile il costo del lavoro stesso, creando un esercito imponente e smisurato di schiavi e di sfruttati!

L'allestimento del Nabucco presentato al Festival Verdi 2019 (chi scrive era presente alla recita di domenica 13 ottobre) è stato realizzato sull'edizione critica curata da Roger Parker per The University of Chicago Press, Chicago, e Casa Ricordi, Milano, in un nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Nazionale Croato di Zagabria.

Francesco Ivan Ciampa ha diretto la Filarmonica Arturo Toscanini e l'Orchestra Giovanile della Via Emilia con contegno e compostezza, senza mai tracimare in eccessi virtuosistici o leziosi. Il direttore indulgeva in qualche forte eccessivo qua e là e in alcuni passaggi assegnati al coro del Teatro Regio di Parma (preparato con cura da Martino Faggiani), ma per il resto riusciva a ben adeguare le sonorità e la tavolozza dei colori fonici al canto lirico che si librava sempre in modo terso e nitido.

Il baritono Amartuvshin Enkhbat (Nabucco) sfoderava una tecnica sicura, un egregio controllo del fiato, una prodigiosa potenza vocale unita a un elegante e distinto fraseggio pieno di nuances e di caldo incanto. Il soprano Saioa Hernandez (Abigaille) riusciva a rendere molto bene il personaggio della donna guerriera avida di gloria e di potere. Bella l'ampia arcata melodica sprigionantesi dalla sua interpretazione, magnifica la sua zona media sempre chiara e perfettamente intonata, coperti e nitidi i suoi acuti ben cesellati e rifiniti. Michele Pertusi (basso) è stato uno Zaccaria solenne e ieratico, mettendo in campo una vocalità tenace, profonda, cupa e dalla timbratura bronzea e corposa. Il tenore Ivan Magrì (Ismaele) si è destreggiato egregiamente sfoggiando un'interpretazione vocale chiara e trasparente, anche se non sempre perfettamente lineare e omogenea. Buone anche le esibizioni di Annalisa Stroppa (Fenena), Manuel Pierattelli (Abdallo), Gianluca Breda (il Gran Sacerdote di Belo) ed Elisabetta Zizzo (Anna).

Per dovere di cronaca dobbiamo registrare i calorosissimi applausi attribuiti ai personaggi di Nabucco e Abigaille, specialmente nel duetto della parte terza. Ovazioni a scena aperta per il brano “Va pensiero sull'ali dorate” eseguito con finezza, grazia ed eleganza dal coro del Teatro Regio e che è stato eccezionalmente bissato a grande richiesta di tutto il numeroso pubblico presente.

Giovanni Pasqualino

16/10/2019