RECENSIONI
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Bologna

Un'Adriana con alti e bassi

Non solamente abbiamo qui un altro esempio del ‘ritorno' (mai sparito del tutto dal repertorio) del capolavoro di Cilea, ma di un'occasione molto particolare: doveva vedersi la passata stagione, ma la chiusura dei teatri la fece diventare un film diffuso dalla tivú con parecchio successo.

L'allestimento firmato da Rosetta Cucchi era molto più completo ed azzeccato in quella versione, soprattutto nei due primi atti, dove aveva trovato delle soluzioni che i tempi di una recita in teatro non consentono. Così i migliori erano i due ultimi, che proseguivano con il cambio di secoli per la figura di una diva che si adatta ma non cambia: geniale quella dei primi anni del secolo scorso ed essenziale quella dell'ultimo atto dove la protagonista è praticamente sola con Michonnet e l'arrivo di Maurizio è solo frutto della sua mente farneticante (il tenore canta tra le quinte).

Il Michonnet di allora non era libero (Nicola Alaimo) e la parte venne affidata a Sergio Vitale, che lo faceva bene (meglio che il suo Verdi in ogni caso) ma senza arrivare al livello del predecessore. Sicuramente il suo miglior momento era il quarto atto. La protagonista di Kristine Opolais è bellissima e l'interprete molto intensa e peccato che la voce non si trovi allo stesso livello: solo l'acuto svetta, e in più non sa cosa sia il ‘canto di conversazione': così, meglio non parlare del monologo di Fedra perchè, come in tanti altri momenti, la bacchetta di Asher Fisch era un incubo quasi costante, pesante e forte. Luciano Ganci è un tenore di ‘vecchia scuola' (cosa che per me è un complimento) e cercava di adattarsi alle indicazioni di regia per il suo poco simpatico ruolo, e in più cercava di smorzare il suono (non sempre con buoni resultati), ma il problema è che come spesso gli capita tende a spingere e a stancarsi.

Corretto il coro del Teatro istruito da Gea Garatti Ansini, bene il balletto e i comprimari in linea di massima bene, tranne per il quasi inudibile Abate di Gianluca Sorrentino. Il principe di Bouillon (Romano Dal Zovo) si mostrava anch'esso meno convincente che nel film con il suono quasi sempre in gola e un fraseggio monotono. La prestazione migliore e più equilibrata veniva dalla principessa, un personaggio poco piacevole, che Veronica Simeoni disegnava in modo magistrale sia vocalmente sia nella recitazione, un vero esempio d'intenzione nelle frasi ‘viperine' che le toccano, e peccato che la ultima parola, che finisce l'atto terzo, ‘Restate!' venisse soppressa per motivi di regia; s'imponeva drammaticamene già dall'aria di sortita ma la sua freddezza ironica nel terzoatto era davvero notevole: si capiva che poteva anche avvelenare ‘concretamente'. Parecchio pubblico presente e buoni gli applausi.

Jorge Binaghi

2/12/2021

La foto del servizio è di Casaluci-Ranzi.