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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Teatro Machiavelli - Attività di primavera 2016

Concerto dell'Alauda Quartet con la pianista Maria Pia Tricoli

Non capita tutti i giorni di poter ascoltare un quartetto d'archi formato da artisti ancora molto giovani, che sia capace di mettere in mostra una sicurezza tecnica ed una maturità interpretativa di prim'ordine. Lo affermiamo riferendoci al bel concerto che l'Alauda Quartet - composto da Cristina Prats-Costa e Milan Bergnic, violini, Rhoslyn Lawton, viola ed Elena Cappelletti, violoncello -, con la partecipazione della pianista siracusana Maria Pia Tricoli, ha tenuto alla fine di maggio nella sala del Teatro Machiavelli di Catania, per la stagione concertistica curata dalla Camerata Polifonica Siciliana. Questi quattro giovani che, come si evince dai loro nomi, provengono da nazioni e dunque da scuole musicali diverse (unica italiana dell'ensemble è Elena Cappelletti, figlia del noto clarinettista ed operatore musicale Marino Cappelletti), si sono conosciuti frequentando il prestigioso Master of Arts presso la Royal Academy of Music di Londra. L'aver ottenuto importanti riconoscimenti già all'interno della Royal Academy, li ha poi messi in condizione di frequentare Master Class esclusive con i maggiori quartetti del circuito internazionale (Emerson, Belcea, Endellion ed altre formazioni di pari livello), e di perfezionarsi con autorevoli didatti in Francia, Germania e Italia. Dal 2012 l'Alauda Quartet svolge un'intensa attività concertistica in Europa, e nel 2014 si è recato in Cina per una tournée che ha toccato diverse città. Come si accennato, quel che stupisce nelle esecuzioni di questo quartetto d'archi è la già acquisita maturità stilistica, sostenuta da una solida intesa che si avverte in ogni pagina eseguita; come ad esempio, nella perfetta sincronia con cui vengono raggiunti i punti culminanti del fraseggio, così come le pause, i silenzi. Nel modo di suonare insieme di questi giovani si coglie insomma lo spirito di una forte personalità interpretativa cui, di solito, le formazioni quartettistiche pervengono dopo lunghi anni di lavoro e di costante applicazione al repertorio; il che merita un giudizio d'eccellenza che va ben oltre l'apprezzamento delle indubbie qualità dei singoli strumentisti.

Tutto ciò si notava già nella pregevole interpretazione resa del brano d'esordio, il Quartetto in la minore , di Robert Schumann, primo di un trittico di capolavori riuniti nell'op. 41. Composto in soli quattro giorni, all'inizio di giugno del 1842, questo quartetto segna il folgorante esordio schumanniano in ambito cameristico; un esordio che fu certamente sollecitato anche dalla pubblicazione, avvenuta nel 1839, dei tre Quartetti op. 44 dell'amico Felix Mendelssohn; il quale, benché quasi suo coetaneo, rappresentò per Schumann una guida e un modello insostituibili nel difficile confronto con la forma classica. La prima parte del concerto si è conclusa proprio nel nome di Mendelssohn, con il Capriccio in mi minore (1843), terzo di quattro brani scritti in momenti diversi, ma riuniti in modo un po' arbitrario dall'editore Julius Rietz dopo la morte dell'autore, e pubblicati nel 1850 come op. 81. Si tratta di una breve quanto ispirata pagina, che è stata eseguita con un'intensa partecipazione espressiva dai giovani quartettisti: ad un Adagio dolente, segue una Fuga severa e poi via via concitata, che si conclude bruscamente, in quella dimensione irrisolta, angosciata, che Mendelssohn percepì sempre attorno alla sua persona e ai suoi pensieri. Nella seconda parte, l'Alaudia Quartet è stato affiancato nell'esecuzione del Quintetto con pianoforte in La maggiore, op. 81 di Antonín Dvorák, dalla valente ed affermata pianista Maria Pia Tricoli, che alterna con pari successo l'attività concertistica a quella didattica presso l'Istituto Bellini di Catania.

Il Quintetto op. 81, composto da Dvorák nell'estate del 1887, si ascolta di rado nelle sale da concerto, ma in realtà è un autentico capolavoro, in cui l'autore, ben consapevole della propria maestria, sembra quasi divertirsi ad affiancare alla perfetta costruzione formale dei quattro tempi, l'allusione a melodie e a ritmi tratti dal repertorio polare slavo (dumka, furiant, polka), ed ove il venerato modello brahmsiano appare non solo ben assimilato, ma a tratti, come avviene nella entusiasmante coda del Finale, anche eguagliato. A causa del limitato spazio della pedana, la Tricoli ha dovuto suonare 'nascosta' dietro il quartetto, ma ciò non ha condizionato più di tanto l'efficace intesa riscontrata tra il pianoforte e gli archi. La coinvolgente interpretazione resa dall'Alauda Quartet e dalla Tricoli ha infatti entusiasmato il numeroso pubblico presente, che al termine ha lungamente applaudito gli artisti, ottenendo come bis la ripetizione del finale del Quintetto.

Dario Miozzi

23/6/2016