RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il cinema, fabbrica di sogni

Quando una regia riesce a proporre una chiave di lettura nuova di un capolavoro del passato, mantenendosi congruente in ogni sua parte e soprattutto non usando elementi gratuiti solo per stupire il pubblico con cervellotiche trovate, allora anche il critico più tradizionalista non ha nulla da ridire, in special modo se tale reinterpretazione è chiara, lineare e non priva di efficaci risvolti di critica sociale e di costume.

In tal senso, il balletto Coppélia, andato in scena il 22 dicembre, con replica il 23, al Bellini di Catania, per la coreografia e la regia di Amedeo Amodio e le scene di Emanuele Luzzati, ha efficacemente mostrato come si possa, a partire da un ben preciso e legittimo assunto, proporre uno spettacolo che superi l'evanescenza allusiva della danza tradizionale. Tutti sanno che la vicenda di Coppelia è ispirata a Der Sandmann (variamente tradotto come Il mago della sabbia, Il mago sabbiolino et similia) del grande scrittore fantastico E.T.A. Hoffmann, i cui racconti spiccano nel panorama ottocentesco proprio per la loro marcata connotazione onirica, grottesca, talvolta ai limiti dello sperimentalismo formale. Bisognerebbe riflettere però sull'accostamento mago-sabbia: gettare sabbia negli occhi significa anche impedire di vedere le cose come realmente sono, e in quest'ottica, cosa meglio del cinema ha sin dai suoi primordi costruito di fatto un mondo parallelo, capace con le sue suggestioni di non far discernere più il vero dall'illusione? Il cinema ha costruito miti, ma anche fantocci, attori creati in quanto tali dai registi, che in un teatro di prosa non potrebbero fare nemmeno i figuranti… ma anche mangiatrici di uomini, prototipi di politici spregiudicati e di uomini d'affari senza scrupoli, in una parola tutta una serie di idoli dai piedi più o meno argillosi.

E come Coppelia è un'illusione, bambola tra i giocattoli creati dall'ambiguo Coppelius, così il cinema è una fabbrica di sortilegi il cui mago è il regista: Amodio, trasformando Coppelius in un boss-regista, ha fatto irrompere al tempo stesso tra i giocattoli i vari Dracula, Frankenstein, Charlot, e ha tramutato Coppelia in una vamp stile anni '30, che ammalia lo sguarnito amante sino alla beffa finale. Sullo sfondo, non paesaggi idilliaci, fiabeschi, ma proiezioni che rimandano alle icone del muto, e occhi sgranati, da bambola, dalle lunghissime, fatali ciglia, atti più ad affatturare che a guardare. Vera fabbrica dei sogni, il cinema, come Coppelius, crea un mondo parallelo, dietro il quale, forse non c'è nulla. E la vicenda dei due giovani non si chiude in un happy-end, ma con la stessa immagine con cui inizia lo spettacolo, quella del protagonista che cade da un'altezza vertiginosa, in una sequenza che ricorda sia Vertigine che, su un altro versante, La donna che visse due volte. Selva di rimandi, il balletto di Amodio, che ha offerto anche una suggestiva variazione del celebre valzer sui ritmi del chachacha e del tango, ha schiuso come un'immensa scatola cinese di significati, all'interno dei quali, nell'atmosfera onirica suggerita dai fondali, ogni spettatore si sentiva libero di frugare a suo gusto, tornando al passato del cinema, e divertendosi per l'allampanato Frankenstein che danzava insieme ad un tenebroso Dracula e a Charlot con tanto di vassoio e bicchieri.

La professionalità del corpo di ballo e dei protagonisti Anbeta Toromani e Alessandro Macario, primi ballerini del Teatro di San Carlo di Napoli, insieme alle musiche di Delibes, riprodotte su una base musicale che le ha interpretate in modo più volte volutamente moderno, ha fatto il resto, rendendo lo spettacolo estremamente suggestivo e accattivante. Il folto pubblico, all'interno del quale si notano sempre più giovani, ha mostrato di gradire molto la performance, che fa parte di una serie di quattro appuntamenti natalizi del Bellini, che proseguiranno il 29 dicembre con un concerto Gospel, e col Concerto di Capodanno del 1° gennaio.

Giuliana Cutore

23/12/2015

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.