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Riscoprire Josè Bragato

Il Lucus Trio pubblica un cd dedicato all'eclettico musicista argentino

 

“La notte, dimenticandosi delle stelle deste nel suo cielo, si perde nei rumorosi caffè di La Boca. La tristezza, camminando, l'accompagna” , scrive Enrique González Tunon in Tangos, definendo le coordinate spaziali ed emotive di un genere che trascende i ristretti limiti della musica da ballo, evocando orizzonti ben più ampi e complessi. In questo mondo ci introduce il progetto discografico Bragato-Piazzolla, edito dalla Digressione Music, pensato dal Lucus Trio, formazione cameristica composta da Rocco Russillo al flauto, Francesco Parente al violoncello e Alessandro Bove al piano.

Colpisce immediatamente l'inversione dei termini consueti, per cui il nome meno noto di Josè Bragato precede quello celeberrimo di Astor Piazzolla; come se nel sodalizio fra Borges e Casares fosse il secondo a rubare la scena al primo. Senza voler insistere su paragoni letterari che potrebbero risultare impropri, piace sottolineare la peculiarità del punto di vista, l'originalità della proposta. La presenza in Argentina di Bragato, nativo di Udine, si collega alle grandi ondate migratorie che, all'inizio del secolo scorso, contribuirono all'ampliamento della periferia porteña e alla trasformazione di Buenos Aires in una grande metropoli. Contaminato da diverse tradizioni, negli anni Venti il tango assume una propria personalità ben definita. Protagonisti le figure marginali che si muovono all'interno degli scenari urbani, le loro storie colme di nostalgia e di passione. Cifra identificativa di Bragato l'eclettismo, per cui la musica popolare convive con il repertorio classico; significativo è il fatto che questi abbia ricoperto il ruolo di primo violoncello nell'Orchestra del Colón, esibendosi contemporaneamente in famose orchestre di tango. Importante e non trascurabile la sua attività compositiva. Non a caso la registrazione si apre con tre pezzi che esemplificano la maestria di Bragato, focalizzando l'attenzione su una personalità forte e per nulla secondaria. Dopo le movenze ritmate e leggere della “Chacarera”, il violoncello solo introduce il clima malinconico della “Milontan”. Il tema principale, di struggente bellezza, dopo una sezione centrale più mossa torna nel finale con toccanti effetti emotivi. Terzo brano “Impresionista”, nel quale la scrittura raggiunge raffinatezze che a tratti ricordano la musica francese, in particolare Ravel. Di seguito i capolavori di Piazzolla, arrangiati dall'amico Bragato con gusto e sensibilità. “Le quattro stagioni”, fra le opere più amate del compositore argentino, trovano nel Lucus Trio una lettura di grande spontaneità espressiva, costantemente tesa fra slanci e ripiegamenti, fra paesaggi malinconici e squarci appassionati. Memorabile il tema dell'Autunno, che sembra avvolgersi in spire come un misterioso serpente. “La Muerte de l'Angel” si apre in stile contrappuntistico, con l'ingresso del flauto, seguito dal violoncello e dal pianoforte a esporre il tema. L'atmosfera enigmatica evoca il balenare di lucide lame in una Buenos Aires triste e desolata.

Ultimo brano “Oblivion”, scritto da Piazzolla per il film Enrico IV che Marco Bellocchio trasse dall'omonimo dramma pirandelliano. Un brano di intensa commozione, intriso di un'aura nostalgica e dolente, capace di delineare paesaggi mentali di disarmante fragilità. Nel complesso l'interpretazione del Lucus Trio si fa valere per il perfetto equilibrio strumentale e per la nitidezza dell'esposizione, per il manto di malinconia che riesce a tessere sulla narrazione. Quando l'ultima nota sta per spegnersi, l'ascoltatore non può far altro che tendere l'orecchio alla corda che muove il proprio orologio interiore, per rubare un'altra immagine al già citato Tuñón, aspettando che finisca, lasciandolo solo con una ferita insanabile nel cuore.

Riccardo Cenci

9/9/2020