RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Carmen

al Comunale di Bologna

La nuova produzione di Carmen al Teatro Comunale di Bologna naufraga clamorosamente in una lettura scompigliata e bizzarra, tra le meno riuscite degli ultimi anni. A mio parere l'errore principale del regista Pietro Babina, debuttante in campo operistico, è stato quello di voler attualizzare Carmen. Perché? Carmen è un opéra-comique (alla francese) tratta da una novella di un altro francese, Prosper Mérimeée, il quale non voleva assolutamente creare un lavoro folkloristico, da cartolina, stereotipo spagnolo, bensì raccontare la storia di una donna “libera” che va contro le convenzioni del tempo (forse anche di oggi). La domanda non è quale Carmen noi vogliiamo vedere oggi ma quale lettura, o diversa lettura, può suggerire Carmen oggi. Di spettacoli non tradizionali ne abbiamo visti parecchi, Emma Dante e Calixto Bieito ad esempio, discutibili quanto si vuole ma coerenti e con una lettura chiara. La regia di Babina parte dall'idea che tutto quello che avviene nell'opera è finzione, volutamente confezionata per un pubblico di turisti low-cost. Abbiamo cosi una sorta di attore muto, che mette un disco LP dell'opera su un antico giradischi a ogni inizio d'atto, diventando una specie di deus ex machina che coordina la vicenda come un divertissement creato nel villaggio turistico. L'idea è banale quanto inutile e la visione è sovente irritante. Del tutto cancellato l'esotismo e la ricerca di una coerenza con quanto avviene in palcoscenico sovente scivola nel grottesco. L'atto meno riuscito è certamente il terzo, nel quale la protagonista e suoi compagni sono contrabbandieri di esseri umani, il coro è ingabbiato in un recinto per profughi come tristemente vediamo nei tg. Ma il coro non è tutta la brigata di contrabbandieri? Canta pertanto una cosa mentre realizza scenicamente altra situazione. Escamillo è abbigliato come un esploratore montano che ricorda una celebre pubblicità di cioccolato, Micaela è vista come innocente e allampanata, quando invece è donna coraggiosa in netto opposto al coraggio di Carmen. Togliere dall'opera Carmen il momento della corrida, pur non condividendo tale pratica, è grave errore. La tauromachia ha caratterizzato la Spagna per anni e ha suggestionato poeti e scrittori stranieri, non può essere banalizzato a uno spettacolino per villaggio turistico, senza tralasciare tutto il cerimoniale iniziale e i tradizionali costumi che non possono essere “tradotti”. Il resto pur attualizzato è anche passabile, tolto il coro di voci bianche vestito da diavoletti, ma ancor più grave è aver ridotto i recitativi all'osso. Alla recita cui ho assistito nessuna contestazione, a differenza da quanto avvenuto alla prima, ma pubblico piuttosto sconcertato e deluso. In tale ottica anche la scena non lascia traccia, pochi elementi banali come la pubblicità dei voli economici, cartolina per turismo iberico, anche i costumi non evocano particolari commenti.

L'aspetto musicale è stato di tutt'altro verso. Frédéric Chaslin è direttore sicuro e preciso, non certo un cesellatore di tempi, dinamiche e colori ma sicuramene un buon esperto dello spartito che tiene ben salda la situazione e trova nell'orchestra, duttile e in buona forma, il mezzo con cui coordinare anche il palcoscenico. Ottima la prova del Coro del Comunale diretto da Andrea Faidutti e molto positivo l'intervento del Coro di Voci Bianche, sempre del Comunale, istruito da Alhambra Superchi.

Veronica Simeoni, Carmen, trova in questo ruolo un terreno molto fertile per la sua voce sopranile ma scura, non forza mai il registro grave e questo è un gran pregio, trova un linguaggio vocale molto raffinato ed elegante forgiando una gitana molto femminile e anche sensuale, forte e decisa. Fosse stata aiutata anche da una regia diversa… avremmo avuto molto, molto di più. Roberto Aronica, Don Josè, s'impone per una sostanziale tenuta vocale rifacendosi a un dragone virile e irruento a scapito di un fraseggio e di una ricerca di colori più suggestivi. L'emissione è stranamente sovente aperta ma non si trova mai in difficoltà e imposta il personaggio, probabilmente voluto dal regista, come vittima violenta e con taglio drammatico, poco affine al lirismo. Simone Alberghini è uno spavaldo e credibile Escamillo in scena, vocalmente molto appannato e con canto non proprio vigoroso e brillante. Note ancor meno positive per la Micaela di Maria Katzarava, soprano lirico con tecnica precaria che non le permette di esprimersi in un canto morbido e passionale, la zona acuta è stridula, quella centrale sovente afona.

Molto brave le due amiche di Carmen, Sonia Ciani è una Frasquita precisa e squillante, Antonella Colaianni, Mercedes, si apprezzano il timbro vellutato e l'incisiva caratterizzazione. Positiva la prova di Maurizio Leoni, Dancaire, e Paolo Antognetti, Remendado. Ottimi il Morales di Nicolò Ceriani e lo Zuniga di Massimiliano Catellani.

Pubblico, come dicevamo sopra un po' perplesso per lo spettacolo, ma prodigo di applausi a tutta la compagnia al termine.

Lukas Franceschini

4/4/2016

La foto del servizio è di Rocco Casaluci.