RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Max Emanuel Cencic

al teatro Malibran di Venezia

Il Concerto di canto organizzato dal Venetian Centre for Baroque Music al teatro Malibran con la presenza del controtenore Max Emanuel Cencic è stata un'occasione peculiare per ascoltare dal vivo uno dei più famosi cantanti odierni in un repertorio barocco raramente eseguito nel nostro paese e dedicato al repertorio italiano con arie napoletane del ‘700.

Il programma del concerto era in parte suggerito dall'ultima pubblicazione discografica del cantante assieme all'Orchestra Il Pomo d'Oro, presente anche a Venezia. La performance del cantante croato è stata purtroppo un appuntamento mancato rispetto alla fama che circonda l'artista soprattutto discograficamente. Complice anche una svogliata e “spenta” orchestra diretta dal giovane Maxim Emelyanychev, la quale pur con volenterosa partecipazione non ha sempre mantenuto un'intonazione precisa e l'esecuzione al cembalo, dello stesso direttore, è parsa limitata quanto a volume e stile. Le tre esecuzioni solo orchestrali, la Sinfonia VII in Do Magg. di Domenico Scarlatti, l'Adagio e fuga in sol min. di Johann Adolf Hasse e il Concerto per Cembalo in Re Magg. di Domenico Auletta, sarebbero state occasioni imperdibili per bellezza inventiva qui realizzate con estraniato tempismo e discutibile stile.

Delude, nel suo complesso, anche l'esibizione di Cencic, e ciò farebbe anche riconsiderare la produzione discografica di tali voci di controtenore che ben diversamente appaiono a un ascolto dal vivo. Incomprensibile come un cantante di tale fama esegua tutto il concerto con spartito sul leggio, le otto arie in programma sarebbero potuto essere studiate a memoria com'è lecito aspettarsi. Tuttavia il programma era accattivante. La prima parte interamente dedicata all'opera Didone abbandonata su musiche di Nicola Porpora e Domenico Sarro è passata quasi sotto silenzio per mancanza d'accento da parte del cantante, sempre preciso tuttavia, ma le parti di furore erano spente e poco sviluppate quasi a dimostrare una sommaria apatia.

Il tono del concerto cambiava leggermente nella seconda parte, nella quale dobbiamo riconoscere al cantante una perizia interpretativa e un accento più incisivo e variegato, anche se come in precedenza lo stile delle arie di furore era sempre contenuto e poco espressivo. Il momento migliore l'aria Qual turbine che scende da Germanico in Germania di Porpora. Le altre erano In questa mia tempesta (Eraclea di Leonardo Vinci), No, non vedete mai (Leonardo Leo), Miei pensieri (da Il prigioniero fortunato di Alessandro Scarlatti).

L'unico bis concesso, Si cingetemi in catene da Irene di Hasse, è stato forse il momento più efficace della serata per impeto e stile. Troppo esigua la performance!

Teatro semivuoto e sotto alcuni aspetti sorprendente per un concerto barocco a Venezia. Doveroso rilevare che tale situazione potrebbe aver contribuito a una giustificata demotivazione del cantante, il quale comunque avrebbe dovuto esprimersi egualmente con le proprie possibilità. Il pubblico ha tuttavia tributato un caloroso successo al termine all'artista.

Lukas Franceschini

18/1/2016

La foto del servizio è di Anna Hofmann.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Perrotta

Recita un'antica sentenza: «Padre Modesto non diventò mai Priore», intendendo con ciò che timidezza e riservatezza, se eccessive e paralizzanti bloccano e impediscono ogni realizzazione pratica ed ogni azione umana. Forse nessuna sentenza è mai stata più pertinente e adatta alla vita e all'opera di colui che fu certo uno dei musicisti più sfortunati della nostra terra e che risponde al nome di Giuseppe Perrotta. Nato a Catania, in via Garibaldi, il 19 marzo del 1843 dall'avvocato Emanuele Perrotta e da Giuseppa Musumeci, il giovane futuro compositore si dedicava alla musica per diletto (la sua formazione fu da autodidatta) e anche per passione, ma per non deludere le aspettative paterne, come tanti figli ubbidienti di quell'epoca, si dedicò agli studi giuridici, laureandosi in legge presso l'Università etnea nel 1862. Nello stesso anno convolerà a nozze con Antonina Ardizzoni Carbonaro, che gli darà due figli. Il suo carattere schivo ed il suo stato di giovane padre di famiglia gli impediranno di viaggiare, a differenza degli amici artisti e letterati suoi conterranei Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Mario Rapisardi, Francesco Paolo Frontini e soprattutto di promuovere, caldeggiare e divulgare le sue composizioni. Si recò solo una volta a Milano nel 1879, su sollecitazione di Verga e Capuana, ma nonostante le calorose accoglienze ricevute dal mondo musicale ambrosiano ritornò subito nella sua città. In seguito Perrotta rimase vedovo, cosa che presumibilmente gli provocò uno stato di profonda tristezza e depressione. Pertanto si ritirò gli ultimi anni della vita nel suo villino di Cibali con i figli e la madre, abbandonando la composizione musicale e morendo suicida nel 1910. Il musicista catanese diede vita a tre opere liriche: Bianca di Lara su libretto di Stefano Interdonato; Il trionfo dell'amore su testo originale dell'omonima fiaba in versi di Giuseppe Giacosa; Il conte Yanno su libretto di Ugo Fleres. Nessuna di queste partiture fu mai rappresentata e certamente anche in questo caso il carattere ostico, poco comunicativo ed austero del musicista avrà avuto il suo peso, assieme certo alla non eccezionale valenza artistica delle opere. Il suo grande e solerte amico Giovanni Verga lo incaricò, certo per aiutarlo e incoraggiarlo, un preludio per piccola orchestra da anteporre al dramma «Cavalleria Rusticana» che andava in scena a Milano, ma la partitura, giudicata di difficile comprensione, venne scartata. Tuttavia l'anno seguente venne riproposta all'arena Pacini di Catania, esattamente il 29 luglio del 1886, ottenendo un buon successo di pubblico e di critica, così come riporta ed evidenzia il Corriere di Catania dell'epoca. Il musicista fu anche autore di musiche da camera, pianistica e vocale.

Il periodico di cultura siciliana «Agorà» ha voluto commemorare alla fine di questo 2010 il centenario della morte del compositore etneo offrendo ai suoi lettori in allegato alla rivista n. 35 un volume biografico ed un CD di sue musiche al prezzo davvero popolare di Euro 7,50. Il libro scritto con estrema cura e perizia da Elio Miccichè si rivela quanto mai esaustivo riguardo non solo la vita e le opere del Perrotta ma anche del milieu artistico e culturale col quale interagì. Il testo si avvale anche di una illuminante prefazione di Roberto Carnevale, il quale coglie acutamente nelle creazioni del «Solitario di Cibali» ascendenze ed arditezze armoniche tipicamente wagneriane. Un ricco apparato epistolare, fotografico ed iconografico, nonché una veste tipografica elegante, rendono la pubblicazione degna di stare nella biblioteca di ogni storico della musica ed appassionato di storia patria.

Il CD contiene 6 Romanze per voce e pianoforte: «Aura», «Gentile», «Idol mio», «Abbandonata», «O fior della pensosa sera» «Cuor morto», «La luna dal rotondo volto», eseguite egregiamente dal soprano Stefania Pistone, accompagnata al pianoforte dalla brava Alessandro Toscano. I pezzi per pianoforte solo: «Ouverture per Cavalleria Rusticana», «Preludio dallo Stabat Mater di Pergolesi», «Preludio in mi bemolle maggiore da Otium», e «Barcarola n. 3 senza parole» sono eseguite con garbo e buon gusto da Mario Spinnicchia.

Giovanni Pasqualino

13/2/2011