RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


La Cenerentola di Rossini

l'insondabile profondità della fiaba

Nell'accostarsi alla Cenerentola di Perrault, Rossini era certo conscio delle enormi possibilità che il soggetto avrebbe prestato alla sua pirotecnica fantasia. La singolare alchimia fra immaginazione e realtà modella una partitura fra le più alte del pesarese, pervasa da un dinamismo inarrestabile, estremamente vitale nella sua burrascosa mescolanza di comico e drammatico. Costruita intorno a una protagonista di soave innocenza, la fiaba si colora di venature sentimentali e malinconiche inusitate, preziose per l'ispirazione del musicista. Eppure il personaggio principale non si esaurisce in un singolo registro espressivo; in balia di una sorte misera, affetta da una bontà inattaccabile e da inguaribili languori romantici, Cenerentola non manca certo di carattere, il che le conferisce un interesse del tutto peculiare. Il libretto di Jacopo Ferretti erode volutamente gli accenti sovrannaturali, facendo emergere i toni realistici della vicenda. Qualche eccesso farsesco non guasta la funzionalità di un testo che offre innumerevoli appigli all'inesauribile estro rossiniano.

Per l'Opera di Roma Emma Dante confeziona uno spettacolo di grande teatralità e presa emozionale. La scena unica, una parete bianca in stile neoclassico, non mortifica la vivacità della vicenda. Nessun accenno alla disastrosa situazione finanziaria del patrigno Don Magnifico, alle precarie condizioni della sua magione, che questi vorrebbe risollevare maritando una delle sue figlie al ricco Don Ramiro. Il gioco dei travestimenti, con il principe in veste di cameriere e viceversa, mira svelare l'autentico carattere delle sorellastre di Cenerentola, intrise di orgoglio e di aristocratica prosopopea. Un'inversione di ruoli che ricorda quella già sperimentata da Mozart in alcuni luoghi del Don Giovanni, non a caso tanto amato da Rossini. Sin dalla Sinfonia iniziale, solitamente ardua da rendere visivamente, Emma Dante segna i caratteri della sua lettura. Introduce fin da subito il tema del doppio, fra i più cari alla letteratura romantica, mettendo in scena ben cinque alter ego di Cenerentola, figurine meccaniche con tanto di chiavetta sulla schiena pronte ad animarsi vertiginosamente a ogni giro di carica. Altrettante ne vanterà Don Ramiro, in una fantasmagoria che certo punta un occhio alla narrativa di Hoffmann, e che troverà una risoluzione nel finale. I cattivi della vicenda infatti, seppur redenti dalla bontà di Cenerentola, vengono trasformati a loro volta in automi, pronti ad accasciarsi al suolo una volta esaurita la loro carica. Cenerentola invece, dapprima trattenuta da una lunga catena a simboleggiare una vera e propria schiavitù, al termine di un percorso iniziatico che ricorda vagamente il Flauto magico si trasformerà in una donna autentica, libera e consapevole delle proprie potenzialità.

La fantasia di Emma Dante non si limita a riesumare temi passatisti di romantica memoria, ma li immerge in un presente vivo e pulsante. Così le ragazze in età da marito attratte al castello dall'editto del principe, una volta svelata l'impossibilità del proprio sogno, si suicidano in un eccesso di gelosia degno di un film di Sofia Coppola o di Quentin Tarantino, pur rinunciando a qualsiasi barocchismo sanguinolento. Nella stessa maniera il pestaggio di Cenerentola ad opera del patrigno e delle sorellastre durante la scena del temporale, seppur occultato da un ombrello, mette in primo piano la violenza e il caos, richiamando alla mente alcune immagini partorite dalla formidabile fantasia di Stanley Kubrick in Arancia Meccanica.

Detto ciò occorre sottolineare come la regia della Dante non risulti mai eccessiva, restando sempre misurata e teatralmente aderente al testo, e come non abdichi affatto al divertimento, ingrediente irrinunciabile della vicenda. L'idea degli automi infatti non chiama in causa solo le problematiche relative al rapporto con l'io, ma risulta specialmente funzionale al versante ilare della narrazione. Efficace ad esempio il momento in cui il cameriere Dandini, travestito da principe, rivela la sua vera essenza allo sconcertato Don Magnifico, tutto giocato sul paravento dal quale piovono gli abiti dismessi a uno a uno dal servitore. Come a dire che il mondo è un gran teatro, parafrasando i versi pronunciati da Alidoro nella scena settima del secondo atto. Belli i costumi confezionati da Vanessa Sannino, per esplicita ammissione della Dante ispirati alla pittura di Ray Caesar, artista pop dell'inquietudine femminile, creatore di mondi surreali e melanconici. Un universo debitore anche nei confronti di Tim Burton, Cenerentola si presenta al ballo interamente vestita di nero come una macabra e irresistibile sposa cadavere, e delle fantasie di Lewis Carroll.

Alterna l'esecuzione musicale. La direzione di Alejo Pérez si fa apprezzare per la ricerca delle preziosità strumentali e per la trasparenza del tessuto strumentale, ma talvolta manca di quella precisione che era lecito attendersi in una partitura che è pensata come un perfetto meccanismo a orologeria. Inoltre non sempre trova il giusto equilibrio con il palcoscenico, in particolare quando sono presenti i due protagonisti Cenerentola e Ramiro i quali, occorre dirlo, difettano un poco di peso specifico. Josè Maria Lo Monaco rende comunque in maniera efficace le molteplici sfumature del personaggio di Cenerentola, offrendo un'interpretazione sostanzialmente più che corretta. Giorgio Misseri (Don Ramiro) ha voce non molto voluminosa, come abbiamo già accennato, ma aggraziata e dal timbro cristallino. Nella terribile aria Si, ritrovarla io giuro le note acute sono tutte al loro posto, anche se il momento richiederebbe un impeto maggiore. Carlo Lepore è un Don Magnifico spassosissimo, senza scadere in eccessi caricaturali. Buona anche la prova di Giorgio Caoduro, un Dandini vocalmente adeguato ma non sempre particolarmente espressivo nella coloratura. Stridule Damiana Mizzi e Annunziata Vestri nei ruoli delle sorellastre Clorinda e Tisbe. Ottimo infine l'Alidoro di Marko Mimica, il quale all'ultimo istante ha sostituito il previsto Ugo Guagliardo.

Teatro pieno e pubblico entusiasta per un titolo fra i più importanti nel nutrito catalogo rossiniano, assente dal Costanzi dal lontano anno duemila.

Riccardo Cenci

25/1/2016

Le foto del servizio sono di Yasuko Kageyama.