RECENSIONI
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A chiarastidda

I canti di Natale nella tradizione popolare

Anche il Natale, come tante altre feste tradizionali, si è ormai modernizzato: luci quasi psichedeliche troneggiano sui balconi, i panettoni si sono riempiti di creme più o meno indigeste, i bambini ricevono doni sempre più tecnologizzati e precotti, e forse ormai pochissimi giovani sanno cosa sia quella novena che, appunto nove giorni prima del Natale, vedeva le città riempirsi di zampognari che andavano di casa in casa a suonare il loro strumento davanti all'albero o al presepe, in cambio di pochi spiccioli e di un bicchiere di vino o di un dolce.

Suonavano melodie popolari, antiche e semplici, le stesse che il 29 dicembre hanno colmato la sala del Bellini di Catania, in uno spettacolo, prodotto dall'Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium Parco della Musica di Roma e dal Teatro Massimo Bellini di Catania, che recava il suggestivo titolo A chiarastidda, la stella cometa che guida i Magi verso la capanna di Betlemme: un lungo itinerario tra melodie ormai dimenticate, o fortunosamente riscoperte, che attestano quanto il Natale fosse sentito nell'immaginario popolare, che adattava i protagonisti dell'Incarnazione a se stesso, tratteggiando ora un San Giuseppe geloso e irato della maternità di Maria, e che un angelo deve convincere dell'innocenza della sposa, ora un saraceno convertito che non sa spiegarsi come la Madonna sia potuta divenire madre rimanendo vergine, ora piegandosi a tenere ninnenanne per il Fanciullo Divino, ora usando San Silvestro come talismano portafortuna per il nuovo anno.

Canti ormai dimenticati, e che molti dei giovani presenti in sala ascoltavano forse per la prima volta, accompagnati da strumenti altrettanto desueti, come la ghironda, l'organetto, il marranzanu, il violino a tromba, l'ocarina, la ciaramella, il mandolino e la mandola, ma soprattutto le zampogne, che formavano un'orchestra che ha iniziato e concluso il concerto, spargendosi nel finale per il parterre, quasi a riproporre le peregrinazioni di casa in casa degli antichi zampognari.

Un concerto di grande impatto emotivo, che ha riproposto innanzitutto alcune delle Canzoncine spirituali di Alfonso Maria de' Liguori, tra le quali spiccavano la celebre Fermarono i cieli, di fatto una ninnananna al Bambino Gesù, e Quanno nascette Ninno, composta in dialetto napoletano e dalla quale derivò quello che è per antonomasia il canto natalizio italiano: Tu scendi dalle stelle.

Oltre ai testi del Liguori, l'ottima compagine guidata da Ambrogio Sparagna, e che annoverava tra i suoi componenti Peppe Servillo, Mario Incudine, Eleonora Bordonaro, Anna Rita Colaianni, Puccio Castrogiovanni, Antonio Vasta ed Erasmo Treglia, ha proposto una serie di canti popolari siciliani, tra i quali vanno ricordati appunto il canto ennese su San Giuseppe cui accennavamo prima e un brano proveniente da Paternò, recentemente scoperto, avente come protagonista un turco convertito al cristianesimo.

Sonorità ormai dimenticate nel nostro meridione, come quella della ghironda, o strumenti sentiti solo in ben altri e meno edificanti contesti, come il marranzanu, si univano alle zampogne a paru, riportando in luce varianti antiche dei nostri dialetti, dove le ascendenze bizantine e arabe modificavano sia le vocali che le consonanti di molte parole, conferendo al tutto una patina arcaica ben in sintonia con gli antichi strumenti.

Non è mancato nemmeno il tradizionale cunto, affidato alla voce di Mario Incudine, che per l'occasione ne ha scelto uno dedicato alla Strage degli Innocenti, la cui ricorrenza cadeva il 28 dicembre, e la cui esecuzione ha fatto precedere da forti e incisive parole sulla necessità del rispetto per i bambini, che, citiamo testualmente, “non vanno toccati… mai”. Rimando non solo ai tanti casi laici di violenza sui bambini, ma anche e certamente ai tanti piccoli innocenti uccisi dalle guerre che ancor oggi insanguinano il pianeta e ai tanti bimbi violati da orchi che si ammantano dei paramenti della religione e dell'ipocrisia.

Il folto pubblico intervenuto, tra i quali ancora una volta abbiamo avuto modo di notare parecchi giovani, ha mostrato di gradire moltissimo il concerto, e ha accompagnato molte delle esecuzioni di questi ottimi artisti battendo il ritmo con le mani, lasciandosi volentieri coinvolgere e tributando alla fine calorosi ed entusiastici applausi.

Giuliana Cutore

30/12/2016

Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.