RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Barcellona

Il ritorno della Damrau

 

Dopo aver cancellato l'ultima volta quella che doveva essere la sua prima Amina, e ne abbiamo fatto le spese con la sostituzione, il grande soprano tornava con un concerto di grande interesse – anche se i numeri e l'ordine non erano un modello di coerenza, ma si sa che ciò non va richiesto alle dive – in cui si presentavano anche il basso Nicolas Testé (marito della Damrau) e il direttore Francesco Ivan Ciampa, accompagnati sempre dall'Orquestra Simfònica de Barcelona i Nacional de Catalunya, forse la migliore delle compagini stabili in città e che sviluppa una stagione sinfonica propria nella sede del nuovo Auditoriun, che una volta all'anno collabora con il Liceu, dove ha avuto luogo quest'evento.

È stata una serata sicuramente importante, il cui livello saliva alle stelle nell'ultimo numero del programa quando appunto l'artista proponeva (a modo di risarcimento?) la scena finale de La sonnambula – oimè, senza recitativo – e ci offriva una grandissima lezione di belcanto.

Prima era stata, in ordine, Rosina, ovviamente in chiave di soprano leggero anche se il grave ha un certo peso), Juliette e Manon, naturalmente quella di Massenet – il grande assolo dell'atto terzo, cantate sempre benissimo, soprattutto l'ultima, ma in modo alquanto superficiale e uguale: i personaggi sono ben diversi, e certi gesti superflui o sbagliati non aiutavano a coglierli nella loro particolarità, anzi.

Senz'altro più azzeccata la seconda parte con il celebre ‘Bolero' de I Vespri siciliani – in italiano e seguendo la linea di canto e d'interpretazione dei soprano leggeri, cosa che Elena non è – e, rarità in questo programma, due numeri de I Masnadieri, l'aria di sortita della protagonista e il duettino seguente con Massimiliano, un pezzo che non è da concerto, anche se si capisce la difficoltà per la coppia Damrau-Testé di trovare numeri da cantare insieme.

Il basso ha una bella presenza, voce sonora e timbratissima, soprattutto in zona acuta, molto meno nel registro centrale ed il grave risulta un po' scarso: con luci e ombre quindi si esibiva ne La calunnia rossiniana, Le veau d'or di Gounod, che senza coro non è la stessa cosa, l'aria di Daland dall'Olandese volante , il racconto di Ferrando da Il trovatore (senza coro nuevamente) e il grande monologo di Alvise Badoer ne La Gioconda. In questo pezzo, così come nel duetto offerto fuori programma dal Porgy and Bess risultava poco adeguato, mentre invece dimostrava di essere un attendibile Colline con Vecchia zimarra.

La Damrau, sempre in voce, da canto suo non pareva nata per Puccini: O mio babbino caro ha dei piani e degli acuti, ma richiede un timbro che la cantante semplicemente non ha, né, malgrado gli acuti svettanti, per la Bess di Gershwin.

L'orchestra si mostrava in buona forma e Ciampa era una bacchetta corretta, forse troppo amante del forte e di tempi piuttosto lenti, almeno nei numeri che dirigeva senza cantanti, la sinfonia del Barbiere, l'intermezzo della Cavalleria rusticana, e due momenti del grande balletto del quinto atto del Faust di Gounod. Biglietti esauriti e tantissimi applausi con il pubblico in piedi.

Jorge Binaghi

7/6/2016