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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La finta tedesca e La Dirindina

a Vicenza in Lirica-Dialoghi Barocchi

È ormai prassi consolidata che al Festival “Vicenza in Lirica-Dialoghi Barocchi” siano rappresentati in una serata due intermezzi per musica del ‘700. Quest'anno è stata l'occasione per ascoltare La finta tedesca di Johann Adolf Hasse e La Dirindina di Domenico Scarlatti. L'opera seicentesca ha ignorato lo spettacolo comico come genere autonomo e distinto. Nei drammi musicali del XVII secolo ci sono ampi episodi buffi, nei quali i personaggi, in genere popolani, si cimentano cantando arie meno impegnative anche in dialetto ma non s'impegnano in veri e propri spettacoli comici indipendenti. Il genere dell'opera comica ha origine nel momento in cui dal dramma per musica, sotto la pressione di richieste riformistiche, sono estromessi gli elementi comici. Il genere comico prende una vita autonoma proprio in questo momento e otterrà una rapida fortuna in tutta Europa, ma in particolare saranno Venezia e Napoli le città ove avrà origine e maggior successo. In questa situazione prende forma un genere buffo nuovo: l'intermezzo in musica. Si tratta di una rappresentazione comica breve, divisa in pochi episodi e interpretata da due o tre soli personaggi e da un apparato strumentale assai ridotto, che è inserito fra gli atti di un'opera seria, per offrire un diversivo e allentare la tensione dell'opera seria. L'intermezzo si articola in una successione di recitativi e arie, queste ultime d'impianto generalmente semplice, e mostra inoltre un caratteristico stile “parlante” che diverrà una delle peculiarità di tutto il genere comico. Entrambi gli intermezzi proposti a Vicenza presentano i tratti comuni stilistici del genere con melodie spigliate e vivaci, strutturalmente semplici ma brillanti, le quali assecondano il gioco teatrale veloce e giocoso.

Nella composizione di Hasse la trama rispecchia il canone della giovane serva che escogita ogni mezzo, compreso il travestimento, per farsi sposare dal ricco padrone, in Scarlatti c'è una spiccata ironia del mondo musicale, nel quale una giovane cantante, non particolarmente dotata, fa la civetta con il vecchio maestro, che pende dalle sue labbra, e un giovane castrato suo innamorato. La finta tedesca fu eseguita a Napoli nel 1728 circa ma è stata eseguita in tempi moderni a Spoleto nel 2015. Per l'occasione Claudio Toscani ha curato un'edizione critica, utilizzata anche nella ripresa vicentina, nella quale si sono mantenute le stesse notazioni, abbellimenti e la cifratura originale del basso continuo. In essa si evince uno stile molto brillante ove la musica è da supporto a un gioco teatrale rilevante nella recitazione, con spunti dialettali bolognesi ma anche riferimenti alla lingua tedesca e qualche citazione latina. La vivacità musicale è non di grandi pretese ma inopinabilmente giocosa e divertente, mentre una peculiarità sono i lunghi recitativi, nei quali si da modo ai cantanti di sfoggiare l'arte attoriale non secondaria al canto.

La Dirindina, andata in scena a Roma nel 1715, è molto più comica per un intreccio teatrale-musicale di forte impatto ritmico cui si somma una melodia brillante e spassosa di alta fattura, che non a caso è facilmente riscontrabile in composizioni successive anche di altri autori. L'allestimento, curato come un semi-stage da Andrea Castello, trova una cornice ideale nel cortile di Palazzo Leoni Montanari, il portico offre una visione deliziosa. I pochi elementi, un tavolo e qualche sedia, erano più che sufficienti per rendere l'atmosfera settecentesca e i bellissimi costumi ideati dalla Sartoria Sattin completavano un quadro davvero ragguardevole e di deliziosa ambientazione. Il direttore Gianluigi Dettori, a capo dell'ottimo ensemble I Solisti dell'Orchestra Sinfonica dei Colli Morenici, ha concertato con stile appropriato fornendo una lettura scintillante e un brio musicale idoneo agli intermezzi, che si contraddistinguono in questo caso per piacevole comicità e ironica teatralità.

Il basso-baritono Lorenzo Malagoda Barbieri, interprete sia di Pantalone sia di Don Carissimo, è cantante raffinato e preciso, che poggia la sua esibizione su un fraseggio molto ricercato e una vocalità morbida e stilizzata. Sabrina Cortese, interprete di Carlotta e Dirindina, è un soprano efficace in questi ruoli brillanti, con una verve scenica molto rilevante cui si somma una prova vocale precisa e raffinata. Giuseppe Montagno, Liscione ne La Dirindina, è un giovane controtenore con buone doti musicali, una tecnica rilevante, anche se non sempre preciso nell'intonazione.

Esecuzione piacevolissima e spettacolo supportato soprattutto dalla verve teatrale dei tre protagonisti, molti stilizzati e mai scivolati nella greve comicità. Successo pieno al termine della recita da parte di un folto pubblico che gremiva il cortile del Palazzo vicentino, pubblico giustamente accorso per due “rarità” non frequentate dal più istituzionale teatro d'opera.

Lukas Franceschini

23/9/2017

Le foto del servizio sono di Luigi De Frenza.