RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Che originali! e Pigmalione

al Festival Donizetti 2017

Al Festival Donizetti è stato allestito un dittico davvero peculiare: il primo spartito di Gaetano Donizetti Pigmalione, che non possiamo chiamare opera bensì scena drammatica, e un omaggio al maestro del bergamasco, Giovanni Simone Mayr, con la farsa Che originali! La serata si apre con la farsa di Mayr che fu rappresentata per la prima volta al Teatro di San Benedetto di Venezia il 18 ottobre 1798. Il librettista Gaetano Rossi trasse il soggetto da La Musicomania (1796) di Placido Bordoni, traduzione italiana della commedia francese La musicomanie di Audinot. Della fonte letteraria conservò la struttura generale ma con l'aggiunta del personaggio di Aristea, figlia di Don Febeo, modificando il carattere con inclinazione “metastasiana”, e unificò nel personaggio dell'innamorato Carolino le varie peripezie di più personaggi. Mayr con la sua musica accentuò il carattere metateatrale dell'opera. Lo spartito e la drammaturgia sono incentrate sulla vita musicale e teatrale del tempo, aspetto risolto con ironia e sagacia, attraverso le quali si evince una rilevante scioltezza della melodia. Non secondario è l'aspetto del genere teatrale, la farsa, che non solo a Venezia ma in tutta Europa prosperava con successo. Il consenso fu immediato e continuato per quasi un trentennio. L'edizione della Fondazione Donizetti 2017, curata da Maria Chiara Bartieri, evidenzia la presenza di un'aria di Carluccio, la quale può essere inserita secondo l'uso “dell'aria di baule”, prassi molto usata nel ‘700 e primo ‘800, consuetudine molto gradita sia dai cantanti sia dal pubblico. Il direttore Gianluca Capuano, per l'odierna edizione, ha scelto e riadattato l'aria di Figaro “Se vuol ballare signor contino” presa dalle Nozze di Figaro mozartiane.

La scena lirica, come la definì Gaetano Donizetti, Pigmalione è l'unico approccio del compositore a un soggetto mitologico, e narra la nota vicenda di uno scultore il cui lavoro diventa essere vivente. Lo spartito fu composto nel 1816 durante il soggiorno bolognese per gli studi con padre Mattei, e con tutta probabilità trattasi di lavoro sperimentale. Il libretto di autore ignoto è basato sull'opera omonima di Giambattista Cimador con versi di Antonio Simone Sografi, che a sua volta è una traduzione di Pygmalion di Jean-Jacques Rosseau, quest'ultimo derivato dal Libro X delle Metamorfosi di Ovidio. Donizetti poteva studiare a Bologna soltanto grazie ai contributi che giungevano da Bergamo, e non sarebbe stato in grado di commissionare un nuovo libretto, ma quello di Sografi, opera molto rappresentata nell'Italia settentrionale, era invece alla sua portata. Pigmalione è un lavoro modesto in tutti i significati che il termine può rappresentare, due i personaggi (il protagonista, tenore, e Galatea, soprano), la cui scrittura vocale ha un'estensione limitata e gli abbellimenti sono misurati. È l'unica opera di Donizetti il cui autografo, conservato alla Bibliothèque Nationale di Parigi, non contenga la divisione in numeri separati, questa peculiarità identifica che fu composta come esercitazione e non ai fini dell'esecuzione o della pubblicazione. Poiché la statua Galatea prende vita nella parte finale dell'opera, il peso di questa ricade quasi esclusivamente sul personaggio maschile, il quale può rivolgere la parola solo agli dei o a se stesso, con il risultato che l'azione manca di tensione drammatica. I momenti migliori sono un ritornello che accompagna la contemplazione della statua e il recitativo quando questi si accorge del misterioso potere che la statua ha acquisito. Le arie sono brevi e simmetriche, i recitativi tutti accompagnati e il duetto finale non ben risolto, ma abbozzato. L'influsso di Mayr è evidente in molte parti, la sapiente mano inventiva di Donizetti sarà da venire. Altra particolarità è quella che la scena drammatica in musica non fu mai rappresentata Donizetti vivente: la prima rappresentazione moderna ebbe luogo a Bergamo, Teatro Donizetti, nel 1960 con protagonisti Antonio Annaloro e Oraniana Santunione.

Il dittico presentato al Festival era curato nella regia da Roberto Catalano, il quale a mio avviso ha voluto trovare un collegamento che non era necessario. Tuttavia non si può affermare che la realizzazione non sia stata efficace, anzi abbiamo assistito a due spettacoli ben congegnati e molto attenti alla drammaturgia. Nella farsa di Mayr c'è un'ambientazione quasi surreale con le bellissime scene di Emanuele Sinisi, che ben si adattano alla bizzarra vicenda di Febeo, ossessionato dalla musica, tutti devono conoscerla e amarla, costringendo figlie, servitori e il pretendente di Aristea, in tale ottica. La regia è comica e trasborda spesso nel grottesco, lineare con lo stile della farsa comica, ma sempre sul filo dell'eleganza e dell'ottima impostazione drammaturgica. Sul fondo del palcoscenico si ravvisa una riproduzione di un celebre quadro di Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, dietro il quale si nasconde una stanza delimitata da uno specchio: è abitata da Pigmalione, che osserva gli stravaganti personaggi dell'opera, e magari tenta di trovare qualche ispirazione. Nella seconda parte la stanza di Pigmalione è proprio uno studio, con esempi di lavori incompiuti, ma la sua attenzione è rivolta a Galatea, posta nel fondo che poi prende anima, e come in un ricongiungimento l'artista abbraccia la sua creatura.

I costumi di Ilaria Ariemme erano bellissimi, e s'ispiravano al mondo Wes Andrenon, e alle creazioni di Elsa Schiapparelli. Cromatici e accecanti nella farsa di Mayr, sobri in bianco e nero nella scena di Donizetti. Uno spettacolo piacevole e molto rifinito nei dettagli, anche se senza le note di regia, stampate nel libretto di sala, era difficile cogliere tutte le intenzioni del regista. Di gran pregio le luci di Alessandro Andreoli. Molto buona la prova dell'Orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala, diretta da Gianluca Capuano, un ottimo musicista che trova un perfetto equilibrio tra voci e parte strumentale, i tempi sono sostenuti e la sonorità è azzeccata, e vitalità e freschezza hanno avuto un forte impatto teatrale.

In Che originali! la parte del leone era di Bruno De Simone, Febeo, un istrione scenico dotato sempre di ottima vocalità, schietta, precisa e gran maestro nei passi sia sillabati sia concitati. Non meno valida la prova di Leonardo Cortellazzi, Carolino, un tenore sempre in ascesa che in un certo Donizetti potrà trovare un fertile terreno per il futuro. Il timbro è molto ragguardevole e armonioso, la gamma dei colori e il fraseggio perfetti, cui si somma una spiccata sensibilità interpretativa. Molto brava Chiara Amarù, Aristea, la quale dimostrava una vocalità omogenea e ben rifinita nell'accento che le consentono un canto prezioso e piacevole. Pregevole anche la prova di Omar Montanari, Biscroma, una parte di carattere ben interpretata dal baritono senza cadere nel gusto della vecchia macchietta, il quale ha dimostrato ottima tecnica e un canto forbito. Angela Nisi, Donna Rosina, era ben calata nel personaggio, tuttavia il canto molto educato evidenziava un registro acuto talvolta stridulo. Ben rifinita la Celestina di Gioia Crepaldi, e molto convincente sia scenicamente sia vocalmente il Carluccio di Pietro Di Bianco.

In Pigmalione, il protagonista “unico” era Antonino Siragusa, il quale ha dimostrato un ottimo risultato interpretativo, soprattutto nei lunghi e rilevanti recitativi, e un canto forbito nell'accento e nel colore anche se in qualche occasione l'intonazione non era precisa. Molto brava Aya Wakizono, Galatea, attraverso una vocalità seducente nel suo breve intervento.

Al termine successo meritato contraddistinto da lunghi e convinti applausi a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

13/12/2017

Le foto del servizio sono di Gianfranco Rota-Fondazione Donizetti.