RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

L'elisir d'amore

alla Scala di Milano

Dopo la curiosa e riuscitissima rappresentazione all'aeroporto di Malpensa, trasmessa da Rai 5, L'Elisir d'amore di Gaetano Donizetti torna nella sede tradizionale al Teatro alla Scala. Il melodramma giocoso fu composto in soli quattorodici giorni e gli arrise un successo travolgente sin da subito. Il deus ex machina è il ciarlatano dottor Dulcamara che scuote un paese di campagnoli, in apparenza creduloni, con il suo elisir miracoloso, ma gli eventi fanno capire che le persone seppur soggiogate non sono poi così stolte. Altro ruolo buffo è quello dello sbruffone sergente Belcore, il quale in fondo è facile alla consolazione, di donne ne trova quante vuole. Tuttavia, i veri protagonisti sono la giovane coppia d'innamorati: lei, Adina, civettuola ma simpatica anche se maliziosa, lui, Nemorino, appartiene al lungo elenco dei ragazzi timidi e sentimentali, un po' sciocco ma di buon cuore e sentimenti autentici, e la sua aria, che è la più famosa dell'opera, è un cesello di lirismo vocale. Con questi ingredienti non è difficile spiegarsi il successo dell'opera, il quale è incontrastato nel corso dei quasi due secoli di vita, soprattutto per quel genere di finale inteso come idillio sentimentale o romantico che commuove ma piace. Inoltre anche l'aspetto cosiddetto “rustico”, che esce dai canoni dei personaggi nobili, il trionfo della semplicità e del candore sono indelebili sia in un ottimo libretto, di Romani, sia nella deliziosa musica di Donizetti.

L'allestimento odierno è una ripresa del 1998, la regia oggi è stata affidata a Grischa Asagaroff, le scene e i costumi sono gli originali di Tullio Pericoli. In linea su quanto espresso sopra scenografo e regista non si scostano dallo spettacolo “favolistico”. La scena bellissima disegnata da Pericoli rasenta il ricordo di antiche fiabe, colorata, illustrativa e di grande effetto. Non da meno i costumi, peraltro di mirabile fattura, che fanno il verso ad un'eleganza “rurale” ormai dimenticata. Il regista Asagaroff si attiene a questo principio e non porta sue soluzioni troppo estranee all'ambiente già creato. Con mano solida realizza una drammaturgia teatrale di pregio, contraddistinta dall'eleganza e con qualche gag gustosa mai sopra le righe. I personaggi sono correttamente inquadrati nella loro peculiare personalità, il tutto è piacevole alla visione e aggiungo senza dover riparare in incomprensibili realizzazioni.

In origine questa produzione doveva segnare il rientro al teatro alla Scala del direttore Nello Santi, poi per qualche motivo ignoto il progetto non si è compiuto. Sul podio abbiamo trovato Fabio Luisi, eccellente bacchetta e raffinato musicista, che per la prima volta ascoltavamo in un'opera comica-buffa. La sua lettura è stata precisa ed attenta ai dettami dell'autore, suono sempre nitido, pregevoli realizzazioni degli assoli strumentali e buon rapporto con i cantanti. Tuttavia, a Luisi manca la brillantezza e il gusto brioso che contraddistingue l'opera. In molti momenti mancava quel guizzo di spavalderia orchestrale, quel colore brioso che rende il melodramma incalzante, ma ripeto trattasi sempre di direzione molto accurata.

Mattatore della serata è stato il protagonista Vittorio Grigolo, un Nemorino molto calato nel personaggio e vocalmente in gran forma. Egli si è preso alcune licenze personali ma sempre con gusto e di spiccata musicalità, capace di sfaccettare il contadino credulone sia sotto l'aspetto patetico sia sentimentale e oggigiorno credo sia la carta più spendibile in questo ruolo.

Eleonora Buratto, Adina, ha dimostrato un'ottima professionalità in un canto lineare e abbastanza preciso, mancava talvolta di civetteria e il registro acuto non è perfetto. Michele Pertusi, Dulcamara, è stato il cantante che conosciamo, ottimo cesellatore della parola, istrionico ed elegante (mai cialtrone vocalmente) capace di interpretare un personaggio rilevante e divertente. Strano che questo ruolo l'abbia frequentato così poco nel corso della carriera. Il giovane Mattia Olivieri, Belcore, è un cantante di grandi promesse, voce ben rifinita anche se non potente, tecnicamente ferrato e ottimo fraseggiatore, oltre a rendere un personaggio ben calibrato e raffinato. Completava la locandina la brava e puntuale Giannetta di Bianca Tognocchi. Una menzione particolare va al coro istruito da Bruno Casoni che si è espresso in maniera eccellente, mentre l'orchestra della Scala ha puntualmente offerto la sua elevata professionalità. Successo entusiastico al termine.

Lukas Franceschini

1/10/2015

Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano - Teatro alla Scala.