RECENSIONI
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Barcellona

Il ritorno della Fleming

Come un paio d'anni fa a Madrid, Renée Fleming ritornava dopo anni a Barcellona, che ricorda due splendidi recital e due recite straordinarie di Thais in forma di concerto. Per decisione personale il soprano non calca da un anno e mezzo il palcoscenico dei grandi teatri lirici del mondo, se non per concerti. E, naturalmente, come l'ultimo bel CD sembra confermare, questo non esclude di calcare la scena dei grandi teatri dei musical a New York, dove ha già spopolato con la sua interpretazione di Carousel.

La Fleming, come ogni diva che si rispetti, è oggetto di passioni smisurate ‘pro' e ‘contro', sempre con predominio della parte positiva. L'enorme Palau de la Música non si riempie facilmente per un concerto di canto, ma questa volta era pieno zeppo. C'erano tanti che volevano (ri)vederla e (ri)sentirla – perfino alcuni attratti dalle colonne sonore di film prestigiosi che l'hanno vista interprete di lusso – ma, come capita spesso, quasi tutti vorrebbero che il tempo si fermasse e i cantanti rimanessero esattamente uguali a com'erano 15, 20 o magari anche 10 anni fa... Impossibile. E se il trionfo c'è stato, sin dall'inizio alcuni si sono sentiti delusi in parte, in un autore particolare, in un tipo di arie o di canzoni.

Io ammiro molto la signora Fleming perchè è una cantante seria che studia e lavora molto, anche se in Italia molti non la pensano così. Direi che in primis il timbro si riconosce subito, non ha perso luminosità (magari sì un po' di volume), l'estensione continua ad essere di tutto rispetto – magari ci sono dei riflessi metallici in qualche acuto, ma il legato, il fiato, le mezze voci, i crescendi e diminuendi sono sempre lì a testimoniare una tecnica di ferro.

Ammettiamo che nei Lieder tedeschi non sia la più profonda delle interpreti e il suo Brahms discorreva con esiti alterni: Vergebliches Ständchen, che era la prima in assoluto, evidenziava una voce ancora non riscaldata e un'interpretazione monotona. Ma già Mainacht e le altre, in particolare la celeberrima ninna nanna la mostravano sicura e alla ricerca di colori e sfumature. Come al solito parlava con il pubblico spiegando diverse cose, per esempio il ciclo su lettere della pittrice Georgia O'Keefe che Kevin Puts le ha dedicato e dal quale faceva ascoltare due numeri (Taos e Canyon) molto interessanti ma non so quale sarà il loro fato qualora non sia la Fleming a cantarli. La Cantilena della Bachiana Brasileira nº 5 è tra i pezzi più spaventosamenti difficili per una voce e la Fleming ne è uscita a testa alta anche se l'ultima nota che doveva essere a bocca chiusa diventava un acuto di petto naturale. Probabilmente i numeri della prima parte che riscuotevano più assensi erano The last rose of summer dalla Martha di Flotow e quel meraviglioso canto alla luna dall'atto primo della Rusalka di Dvorak, opera che, come altre, resterà per sempre unita al nome della cantante.

Nella seconda parte c'era tanta fretta per sentire le due arie italiane, Musette svaria sulla bocca viva da La bohème di Leoncavallo (meno bene che nel suo CD di riferimento sul verismo) e Signore, ascolta dalla Turandot – benissimo, compreso l'acuto finale che ad alcuni è sembrato corto e non abbastanza filato – che praticamente passò inosservato un bellissimo brano di Refice, Ombra di nube e solo la popolarità (‘ah, ecco, menomale, questa la conosco') faceva che il pubblico si soffermasse su una buona versione della Serenata di Tosti (particolarmente felice il ritornello). Per finire la Fleming spiegava i rapporti tra operetta viennese e musical americano con due esempi di ciascuno. Ovviamente per i musical (The visit e Nine) faceva servire il microfono che nel primo numero ha fatto i capricci. Stupendi. Per le operette ha scelto due titoli di Lehár (Friederike, che si ascolta poco o niente, e il più noto Schön ist die Welt) come al solito sul soggetto dell'amore e del bacio. Ah, ma perchè non avrà fatto la Vilja da La vedova allegra? Non è ch'io sia d'accordo su questo ma trascrivo tanto per riferire che quando non si vuole proprio non c'è niente da fare...

I bis sono stati stranamente solo due, Summertime da Porgy and Bess, di alto voltaggio, e un riuscitissimo O mio babbino caro dallo Schicchi pucciniano. Applausi intensi anche dopo ogni singola canzone dall'inizio alla fine. L'accompagnava il suo solito partner al pianoforte, il bravissimo Hartmut Höll.

Jorge Binaghi

7/2/2019

La foto del servizio è di Antonio Bofill.