RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Ute Lemper

si esibisce con successo al Bellini di Catania

Incarnazione moderna della chanteuse, la tedesca Ute Lemper si è esibita al Teatro Massimo Bellini di Catania, lunedì 30 marzo 2015, nel Recital Last Tango in Berlin dove un immaginario ma nel contempo musical-realistico viaggio canoro si dipanava dalla capitale argentina Buenos Aires, per poi giungere a New York, Parigi e Berlino. Alcune delle più celebri e celebrate canzoni della tradizione buolevardier ed esistenzialista si libravano dall'ugola della personalissima artista senza pausa di continuità: da alcune splendide melodie di Astor Piazzolla ad Avec le temps di Léo Ferré, da Amsterdam e Ne me quiette pas di Jacques Brel a Milord e Non, je ne regrette rien di Édith Piaf, dalla ballata di Mackie Messer a Lilì Marlen a tanti altri caratteristici titoli del Cabaret e del Musical internazionale.

La timbratura della sua voce prettamente espressionista riusciva a fondersi ed amalgamarsi bene con le altezze vertiginose e le acute incursioni nelle vette melodiche più mirabolanti, riuscendo sovente a dialogare quasi alla pari con gli strumenti, una specie tutta personale di canto scat post litteram che la portava ad imitare, anche da un punto di vista timbrico oltre che fonico, le circonvoluzioni e gli arabeschi sonori di una cornetta.

Vana Gierig al pianoforte e Victor Villana al bandonéon si sono rivelati due musicisti di altissima levatura e professionalità, riuscendo non solo ad assecondare ma anche e soprattutto esaltare e potenziare, con le loro splendide ed elaborate improvvisazioni, l'appassionata e suadente vocalità di Ute Lemper. Quest'ultima riusciva a stabilire anche un ottimo feeling con il numeroso pubblico presente nel parterre, avvalendosi sia di un'eccezionale gestualità corporea sia di una mimica straordinaria che le facevano dominare emotivamente lo spazio scenico. Unico neo della performance della dotata attrice e cantante teutonica credo sia stato un certo eccesso di autocompiacimento, un esagerato gigionismo riversato e cristallizzato nelle zone più acute che mal scimmiottava quel vibrato e quella brunitutura di alcune note tipiche della scala blues, che certamente restavano assenti dalla sua impostazione improntata e fondata su un ineliminabile ed insopprimibile sostrato tecnico di pretta marca accademica.

Giovanni Pasqualino

2/4/2015

Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.