RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Lucio Silla ritorna alla Scala

L'opera Lucio Silla K 135 di Wolfgang Amadeus Mozart torna al Teatro alla Scala per la terza volta, dopo la prima assoluta, però al precedente Teatro Ducale nel 1772, e le rappresentazioni del 1984.

Terminato il primo viaggio in Italia nel marzo del 1771, Mozart rientra a Salisburgo portandosi gli onori e la gloria per Mitridate Re di Ponto che trionfò a Milano, ma anche la soddisfazione per aver ottenuto l'incarico di comporre Lucio Silla, nuova opera seria che sarà rappresentata per la stagione di Carnevale successiva sempre a Milano. L'opera fu eseguita il 26 dicembre 1772 ed annoverava un ottimo cast, nel quale si segnalano le presenze di Anna De Amicis (eccellente virtuosa) e Venazio Rauzzini (celeberrimo castrato) cui Mozart riservò arie particolarmente difficili in virtù della sua estensione vocale. Il successo fu notevole e sotto il profilo musicale ci troviamo di fronte ad una composizione più matura e solida rispetto alle precedenti, pur riscontrando una certa disomogeneità nell'insieme vocale, ma non in quello orchestrale, che dimostra una concreta ed efficace atmosfera drammatica. Molti critici concordano nell'affermare che sono ancora vivi e ben presenti gli influssi della scuola napoletana e di Johann Christian Bach, tuttavia arricchiti da geniali soluzioni melodiche. Ci furono dei problemi con il ruolo del protagonista perché il tenore Bassano Morgnoni, cantore di chiesa e poco esperto di palcoscenico, fu chiamato all'ultimo a sostituire il titolare prescelto. Le repliche furono venticinque, ma non fruttarono a Mozart una successiva commissione, pertanto Lucio Silla fu l'ultima opera non solo milanese, le precedenti furono Mitridate (1770) e Ascanio in Alba (1771), ma anche italiana dell'allora giovanissimo compositore.

Il nuovo spettacolo è una coproduzione, che ha debuttato a Salisburgo nel 2013. Il regista Marshall Pynkoski sposta l'azione dall'antica Roma al Settecento della prima esecuzione. Nulla di nuovo ma ben collaudato e ben tracciata la regia nella drammaticità; l'azione dei personaggi, la quale è algida e tagliente, si apprezza con piacere. Le scene monumentali, con grandi colonne, siparietti con giardini, sono austere ma di forte impatto, lo stesso scenografo, Antoine Fontaine, è altrettanto bravissimo costumista di ricercata raffinatezza. Unico neo, almeno per chi scrive, è stato l'inserimento di mimi ballerini che volteggiano in alcuni intermedi orchestrali e durante l'azione dell'opera, che seppur in una dinamica coreografia di Jannette Lajeunesse Zingg, poco avevano da spartire con l'opera. Il corpo di ballo del Teatro alla Scala è sempre e comunque superlativo. Definirei straordinaria la direzione di Marc Minkowski, eccelso concertatore che già conoscevamo, ma in quest'occasione è il vero artefice di un successo che non sarebbe stato tale senza la sua bacchetta. I tempi sono energici e serrati, il recitativo molto accurato e drammatico, pregio ancor più importante è stato quello di accompagnare e guidare una compagnia non eccelsa in un ostico e difficoltoso percorso, cesellando ed aiutando con partecipazione orchestrale tutta l'opera. Un vero maestro di musica. Per l'occasione è stata utilizzata l'edizione critica di Kathleen Kuzmick Hansell, e il direttore ha avuto anche la saggezza di sfoltire i recitativi e trovare nuove cadenze per alcune arie.

Quanto al cast è d'obbligo la precisazione che i ruoli più difficoltosi sono quelli di Cecilio e Giunia, per i quali non sempre le interpreti sono state all'altezza delle aspettative. Tuttavia il Cecilio di Marianne Crebassa era il miglior elemento della compagnia, espressione, drammaticità, stile sono pregevoli, anche se nel corso della rappresentazione non costanti e si sarebbe auspicato qualche abbellimento più consistente nelle arie. Lenneke Ruiten, Giunia, pur con un canto espressivo esprimeva lacune nel registro acuto non sempre intonato e quasi sempre sfibrato. Kresimir Spicer, che in origine doveva cantare alcune recite, ha sostituito il previsto Rolando Villazon per tutte le recite in programma. Tenore con voce non particolarmente bella, ma alquanto preparato tecnicamente, difetta purtroppo in una dizione traballante che rende ancor meno efficace il ruolo sì di protagonista ma messo ai margini dalle parti femminili. Molto brava Giulia Semenzato, che disegna una Celia frizzante e civettuola, presumo voluta dal regista, a discapito del drammatico ma per questo senza trascendere dai suoi compiti vocali. Infine, il Lucio Cinna di Inga Klana era ben proiettato in un canto sicuro e preciso.

Bravissimo il coro preparato da Bruno Casoni. Teatro gremito, cosa assai rara per un Mozart di nicchia, e al termine convinti applausi a tutta la compagnia con ovazioni per il direttore.

Lukas Franceschini

7/4/2015

La foto del servizio è di Brescia e Armisano.