RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

La Maratona Belliniana voluta da Enrico Castiglione celebra l'anniversario della nascita di Vincenzo Bellini

Enrico Castiglione e Caterina Andò.

Il Festival Belliniano 2014, apertosi a Taormina a settembre, con eventi prestigiosi quali Il ratto dal Serraglio di W. A. Mozart e il concerto dei finalisti del Concorso internazionale di canto Marcello Giordani, si è concluso il 3 novembre, giorno natale del Cigno, dopo quasi due mesi ricchi di manifestazioni di grande livello, fra le quali va senz'altro ricordata la cerimonia di premiazione del Bellini d'Oro, assegnato quest'anno a artisti del calibro di Daniela Barcellona e John Osborn, con una giornata interamente dedicata al grande operista, giornata alla quale Enrico Castiglione, direttore artistico del Festival, ha dato il nome di Maratona Belliniana.

E di una vera maratona si è trattato, assolutamente ad ingresso libero, iniziatasi intorno alle 10 del mattino, con la proiezione del film Casta Diva del 1935 di Carmine Gallone, al Palazzo della Cultura, e conclusasi al Teatro Bellini con il Concerto Straordinario in occasione del 213° anniversario della nascita di Vincenzo Bellini. A questi due momenti, che siglavano la giornata nel segno della giovinezza del Cigno, si sono uniti un intero pomeriggio dedicato al fecondo rapporto tra la musica di Bellini e il cinema, e il concerto al Duomo, svoltosi intorno alle 19.30, e imperniato sulle musiche sacre dell'autore di Norma.

Per l'occasione, Enrico Castiglione si è affidato a Franco La Magna, grande esperto catanese di cinema, che ha imbastito un suggestivo excursus comprendente la proiezione del documentario di Simone Pera Nei luoghi del melodramma, una breve conversazione dello stesso La Magna su La presenza di Bellini nel cinema: estetica del melodramma, nella quale lo studioso ha sottolineato la precocità dell'uso da parte del cinema della musica bellininana, riscontrandone il motivo principe proprio nelle struggenti melodie di Norma, Puritani e Sonnambula, quanto mai adatte a sottolineare i momenti più patetici del cinema sentimentale che ha dominato le sale dalla nascita del cinema fino al dopoguerra. L'incontro si è concluso con la proiezione del film di montaggio Vincenzo Bellini nel cinema: dal 1930 ad oggi, dove il La Magna ha cucito, con pazienza certosina, tutte le scene cinematografiche dove è inserita a vario titolo la musica del cigno, da La Canzone dell'amore, passando per Troppo tardi t'ho conosciuta, sino alla rivisitazione di Norma in chiave satirica e antifascista di Anni difficili di Zampa, alla melomania assoluta di Fitzcarraldo, alla fantascienza di 2046, e chiudendo con un meraviglioso spezzone di Norma del 2005, il secondo film-opera in assoluto tratto dai melodrammi belliniani.

Un incontro ad alto livello culturale, che ha proposto al pubblico un aspetto collaterale, ma non per questo meno importante del nostro Cigno: un rapporto con le arti visive che ancor oggi ci fa ritrovare le melodie belliniane nei luoghi e nei momenti più impensati, dal cinema rosa, passando per quello horror sino alla pubblicità, e che testimonia comunque la profonda traccia che il suo talento ha lasciato nell'immaginario collettivo.

La serata è proseguita poi in Cattedrale, dove la Cappella Musicale del Duomo, diretta da Monsignor Nunzio Schilirò, ha ripreso parte della produzione sacra di Bellini, dal Salve Regina per Coro e Organo, dal Tantum Ergo e Genitori, passando poi per il Kyrie, per Salutaris Hostia, fino alla Sonata per organo, al Pange Lingua e al Te Deum per Coro e Organo.

Un concerto di buon livello, affidato appunto alla sapiente direzione di Monsignor Schilirò, e che ha visto all'organo Giuseppe Maieli, e la presenza dei solisti Angela Curiale, Sandra Fallica e Salvo Fresta.

Da sinistra: Laura Verrecchia, Gonca Dogan, Maurizio Muscolino, Francesca Tiburzi, Jesús Léon, Fabrizio Maria Carminati, Caterina Andò e Noemi Muschetti.

Infine, il concerto conclusivo, nel corso del quale l'orchestra e il coro del Teatro Massimo Bellini di Catania, diretti da Fabrizio Maria Carminati, hanno eseguito esclusivamente musiche belliniane, insieme ad alcuni dei giovani cantanti finalisti e vincitori del Premio Marcello Giordani. La serata, presentata con grande garbo e spigliatezza dalla giornalista Caterina Andò, ha offerto al foltissimo pubblico presente (e va notato che mai, da parecchi anni a questa parte, chi scrive aveva visto una fila in paziente attesa dell'apertura dei cancelli del teatro che arrivava sino al lato opposto della grande piazza!) ampie selezioni da I Capuleti e i Montecchi e da Norma, più la celeberrima Ah, non credea mirarti, seguita dalla cabaletta Ah! non giunge uman pensiero da La Sonnambula.

Sul palcoscenico ha esordito il giovane tenore Jesús Léon che, dopo l'esecuzione della Sinfonia e di Aggiorna appena da parte dell'orchestra e del coro da I Capuleti e i Montecchi, ha interpretato con molta musicalità, pur se con qualche incertezza dovuta alla giovane età, la cavatina di Tebaldo E serbata a questo acciaro… e L'amo, ah! l'amo, seguito poi dalla vincitrice del Premio Marcello Giordani, il mezzosoprano Laura Verrecchia, che ha cantato Se Romeo t'uccise un figlio, con la cabaletta La tremenda ultrice spada. Dotata di una voce estesa e di un'ottima tecnica, in special modo nei passaggi di registro, la Verrecchia ha entusiasmato il pubblico con la sua notevole presenza scenica, con un canto sempre ben coperto e indenne da sgranature e vibrati, conferendo all'aria e poi alla difficile cabaletta accenti appassionati e focosi, resi possibili dal timbro pastoso della sua voce, che non conosceva cedimenti nemmeno nella zona grave.

Dolcissima, musicale e dotata di una tecnica egregia del filato è stata Noemi Muschetti, che ha cantato la cavatina di Giulietta Oh quante volte…: la sua voce, estesa e duttile, ha donato all'infelice Capuleti accenti di meravigliosa dolcezza, che il pubblico non ha mancato di premiare con calorosi applausi.

Gonca Dogan ha interpretato poi in maniera abbastanza felice l'aria da La Sonnambula, evidenziando però qualche incertezza e qualche sgranatura vocale in Ah, non giunge, inconvenienti forse derivati dai tempi eccessivamente stretti scelti da Carminati sia per l'aria che per la cabaletta, tempi sostenuti che, uniti a sonorità spesso debordanti, più volte durante il concerto hanno costretto i cantanti a forzare e a frette inopportune, a scapito del canto e dell'espressività del fraseggio.

Infine, da Norma, il soprano Francesca Tiburzi ha interpretato la grande scena iniziale, preceduta dalla Sinfonia e dal coro Norma viene, che prevede lo scultoreo recitativo Sediziose voci… Casta Diva e Ah! Bello a me ritorna, continuando poi con Squilla il bronzo del Dio!, insieme al coro Guerra, guerra e l'ultima, meravigliosa scena, Deh, non volerli vittime.

Della Tiburzi, che è stata supportata dal bravo basso Maurizio Muscolino e dal tenore Jesús Léon, bisogna innanzitutto dire che ha affrontato brani davvero impegnativi per la sua giovane età, soprattutto perché assolutamente noti, e per i confronti illustri ai quali la mente del melomane irrimediabilmente corre. Tuttavia, ha scatenato una vera e propria ovazione da parte del pubblico, sia per la bellezza della sua voce, capace di trascorrere con estrema sicurezza dagli accenti guerrieri di Norma a quelli amorosi per culminare in quelli materni, sempre con la stessa sicurezza, la stessa padronanza vocale, e, cosa davvero rara, dimenticando se stessa per fondersi, senza più pensare alle difficoltà ma solo alla musica, col dolente personaggio della sacerdotessa: la sua voce, estesa e brunita, assolutamente a proprio agio nei passaggi di registro e perfetta nell'intonazione, ha reso con estrema sicurezza Casta Diva, senza cedere a sognanti lirismi ma sempre ben ferma al ruolo sacerdotale di Norma, sfidando senza esitazione il virtuosismo della terribile cabaletta, ma soprattutto cantando i recitativi con eleganza di fraseggio e ottimi legati, offrendo una prova di belcanto quale ormai raramente si ascolta.

Giuliana Cutore

5/11/2014