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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Un pregevole volume su Giuseppe Martucci

di Aldo Ferraris

Fra gli interessanti volumi pubblicati negli ultimi anni dalla casa editrice musicale Eco di Monza bisogna senza dubbio annoverare l'importante volume di Aldo Ferraris Giuseppe Martucci sinfonista europeo, dedicato alla vita e alle opere del musicista campano che, assieme a Giuseppe Sgambati e Marco Enrico Bossi, rappresenta degnamente l'Ottocento strumentale musicale italiano, alquanto lontano e discosto dalla tradizione prettamente operistica e melodrammatica.

Il libro inizia col presentare al lettore le linee di sviluppo della musica strumentale in Italia nel secondo Ottocento e la penetrazione dello stile romantico tedesco attraverso le varie Società cameristiche che si vennero man mano formando un po' ovunque, a cominciare dalla prima Società del Quartetto Italiana, fondata a Firenze fin dal lontano 1862 e anche per la presenza di due grandi personalità che si stabilirono nella nostra penisola: Franz Liszt a Roma e Sigismund Thalberg a Napoli. Inoltre, come sottolinea acutamente il Ferraris, la cultura sinfonico-strumentale si affermò in modo ancor più incisivo grazie alle quattro esposizioni internazionali ospitate nel nostro paese, a Milano (1881), Torino (1884), Bologna (1888) e nuovamente a Torino (1898).

Il testo passa poi ad analizzare gli anni giovanili di Giuseppe Martucci che, nato a Capua il 6 gennaio 1856, cominciò a ricevere i primi rudimenti musicali dal padre Gaetano, trombettista della Banda Reggimentale dell'esercito borbonico. Nel 1867 Beniamino Cesi, già docente al Real Collegio di San Pietro a Majella, dopo avere ascoltato il giovinetto consigliò al genitore di far concorrere il figlio per un posto come alunno interno del Conservatorio partenopeo. Così il giovane pianista cominciò i suoi studi regolari che però dovette interrompere nel 1872 poiché secondo il padre aveva già imparato abbastanza e poteva cominciare a guadagnarsi da vivere. Sostenuto comunque da Beniamino Cesi e da Lauro Rossi cominciò a fare concerti e nel 1874 debuttò a Roma, dove incontrerà Franz Liszt e sarà ricevuto al Quirinale dalla principessa Margherita di Savoia. Nel 1875 compirà una tournée internazionale a Londra e a Dublino, mentre nel 1878 si recherà a Parigi dove si esibirà in varie sale da concerto. Nel 1879 si sposerà con Maria Colella e l'anno dopo verrà nominato docente di pianoforte presso il Real Collegio di Napoli. Dopo la partenza di Luigi Mancinelli per una lunga tournée a Londra, Martucci ricevette l'incarico di direttore del Liceo Musicale di Bologna nel 1886 e nella città felsinea svolse un'intensa e produttiva attività direttoriale e compositiva. Nel gennaio 1902 il catanese Pietro Platania, direttore del Conservatorio di Napoli, per l'età avanzata e dovendo sottoporsi ad un'operazione chirurgica, si mise a riposo e così il Ministro della Pubblica Istruzione dell'epoca propose a Martucci il posto vacante nell'Istituto partenopeo, che il musicista dopo qualche piccola esitazione accettò, continuando a lavorare instancabilmente soprattutto come direttore d'orchestra Nella primavera del 1909 le condizioni di salute del maestro peggiorarono sempre più fino al decesso avvenuto il primo giugno dello stesso anno.

Come scrive congruentemente Aldo Ferraris: «Con Martucci non moriva soltanto l'uomo, il musicista ed il compositore, moriva una parte importante dell'ottocento musicale italiano: quello strumentale. Con la sua scomparsa muore l'ultimo grande esponente di quella scuola musicale che, iniziata con Thalberg, proseguì con Cesi. Sia detto senza retorica: Martucci fu un personaggio che, sia allora sia oggi, avrebbe meritato e meriterebbe maggior considerazione rispetto a quella di cui ha goduto e di cui gode ancora attualmente». Sottolinea più avanti lo scrupoloso musicologo di Alessandria: «…A tanti anni di distanza, le sue composizioni sono ancora poco eseguite e poco conosciute. Per comprendere Martucci uomo ed artista in tutta la sua statura, bisogna seguire l'esempio di Arturo Toscanini che ebbe sempre in repertorio i suoi brani orchestrali». Precisa anche più avanti l'autore: «Occorre ricordare che Toscanini diresse musiche di Martucci nel concerto del 5 gennaio 1926 alla Carnegie Hall di New York, insieme ad un programma comprendente Haydn, Wagner, Mozart, Sibelius, Vivaldi, Beethoven, Brahms, Schubert, Debussy, Stravinsky, De Sabata, Respighi e Martucci, quindi assurge ad artista di livello non solo europeo, ma addirittura internazionale, un musicista completo in grado di onorare l'Italia in tutte le sale da concerto del mondo. Legato al rapporto Toscanini-Martucci è anche l'episodio, accaduto nel 1931 (quindi ventidue anni dopo la morte del maestro) ricordato come “lo schiaffo a Toscanini”. Le biografie su Toscanini riportano il fatto, ma pochi rammentano che Toscanini, nel maggio 1931, intendeva dare due concerti celebrativi in onore di Martucci: la vigilia del concerto il 13 maggio, Toscanini si rifiutò di eseguire l'inno fascista Giovinezza. Il giorno dopo subì la famosa aggressione a causa della quale non diresse più in Italia fino al 1946».

Il magnifico volume contiene un'accurata cronologia dei concerti tenuti dal maestro presso la Società del Quartetto di Napoli fra il 1879 (anno di inizio dell'attività della Società) e il 1886 (anno della partenza del maestro per Bologna), sia in veste di esecutore che di direttore d'orchestra. Esso è anche arricchito dall'analisi minuziosa del Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in re minore, della Sinfonia n. 1 in re minore op. 75 e della Sinfonia in fa maggiore op. 81. Chiude il testo una particolareggiata tabella con tutte le composizioni del maestro, sia edite che inedite; le trascrizioni da opere proprie; le trascrizioni da opere di altri autori e per finire una completa bibliografia e discografia.

Giovanni Pasqualino

19/2/2018