RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Santa Cecilia

Yuri Temirkanov rende omaggio a Giuseppe Sinopoli

Chi ha avuto modo di conoscere Giuseppe Sinopoli non può dimenticare la sua personalità forte, la sua curiosità onnivora, il suo carattere intransigente e contrario a qualsiasi compromesso. Amava i momenti di crisi, e in particolare la musica del tardo Ottocento e del primo Novecento, nella quale percepiva il dissolversi di mondi interi. Era il più mitteleuropeo dei nostri direttori d'orchestra, e di conseguenza uno dei più colti, in grado di vivere l'esperienza musicale nelle sue molteplici sfaccettature. Breve la sua esperienza al Teatro dell'Opera di Roma, indimenticabile per gli esiti artistici ma contrastata proprio in virtù della sua volontà di scardinare la pigrizia di un'istituzione all'epoca sommamente sclerotizzata. Molto più significativo il suo rapporto con l'Orchestra dell'Accademia di S. Cecilia, della quale fu direttore principale dal 1983 al 1987, e che diresse in numerose occasioni fino alla sua prematura scomparsa, avvenuta nel 2001.

Proprio questa istituzione, con la quale intrattenne un legame privilegiato, ha voluto ricordare i quindici anni dalla sua morte con un concerto affidato all'arte direttoriale di Yuri Temirkanov. La Pavane pour une infante défunte di Ravel apre il sipario su una realtà percorsa da un fremito di malinconia. Il titolo può essere fuorviante in quanto, per esplicita ammissione del compositore francese, il riferimento al cerimoniale funebre della Spagna barocca rappresenta più una suggestione, un omaggio a quella che egli considerava una seconda patria, in quanto luogo d'origine della madre, e verso la quale provava una irresistibile attrazione. Nelle mani di Temirkanov il brano si tinge di una luce aurorale, delicatissima nei suoi toni elegiaci. Con i Kindertotenlieder entriamo nel territorio prediletto da Sinopoli. Siamo in presenza di quell'interiorità turbata della quale parla Adorno, un sentimento di perdita che, nella precaria fragilità delle esistenze infantili, sembra adombrare il destino di un mondo sull'orlo del baratro. I versi di Friedrich Rückert forniscono un frammentario appiglio alla dolorosa ispirazione mahleriana. Il compositore piega la materia poetica alle proprie esigenze, confezionando un ciclo fra i più alti della sua intera produzione. La scarna orchestrazione, di cameristica pregnanza, trova in Temirkanov un interprete ideale.

Colpisce in particolare la sintonia totale fra l'orchestra e il solista, un Markus Werba sempre attento al valore e all'espressività del testo, la perfetta compiutezza di ogni singola lirica. Si pensi alla domestica desolazione del lied “Wenn dein Mütterlein”, o ancora alle diverse sfumature con le quali viene rappresentata la natura, velatamente perturbante e perigliosa in “Oft denk'ich, sie sind nur ausgegangen”, matrigna esplicitamente tempestosa nell'ultima lirica del ciclo. La Quarta di Brahms, ultimo brano in programma, nasce al limitare di una realtà al collasso. Il predominio di un pensiero musicale rigoroso e il primato della scrittura contrappuntistica sono altrettanti argini opposti al naufragare delle strutture tradizionali. Brahms riesce nell'arduo tentativo di ritardare la crisi del sistema tonale, costruendo un edificio di inattaccabile perfezione formale. Eppure un senso di ineluttabile solitudine trasuda dai suoi contrafforti, come se questi fossero minati da forze che, prima o poi, li faranno crollare. La lettura di Temirkanov è superba, perfettamente controllata nei piani sonori, virile e tragica come un monumento funebre scavato nella roccia. Sinopoli non poteva ricevere epicedio migliore.

Riccardo Cenci

26/4/2016

La foto del servizio è di Musacchio&Iannello.