RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Pelléas et Mélisande

al Teatro dell'Opera di Firenze

È fatto molto raro uscire da una recita teatrale operistica ed essere totalmente inebriati per l'esito felice della rappresentazione, sotto tutti gli aspetti: musicali, canori, visivi. È accaduto domenica al Teatro dell'Opera di Firenze assistendo alla seconda recita di Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, ultimo titolo operistico in programma al 78° Maggio Musicale Fiorentino.

Nel brevissimo catalogo operistico di Debussy, Pelléas et Mélisande occupa il vertice ma potremmo affermare che la stessa posizione è anche all'interno della musica del ‘900. Lo stile sia compositivo sia drammatico dell'autore è inteso come esplorazione dell'inconscio in cui la musica governa un percorso parallelo ed affine con il testo, celebrazione di contenuti intimisti all'interno del sogno e anche più. Debussy lavorò all'opera per quasi un decennio producendo un linguaggio sotterraneo nel quale le emozioni sono sempre trattenute prima di una deflagrazione finale. Tali emozioni sono avvolte da una fitta rete di analogie, con la natura vegetale acquea, con le proprietà dell'atmosfera e gli echi delle sensazioni che circondano i personaggi, i quali sono depistati e senza meta in un affresco nebbioso, composto sugli effetti di un'orchestrazione rarefatta. La declamazione arcana è rievocata come da antiche trascrizioni, appena sussurrata. L'argomento è malioso e disperato e la conclusione sconfortante contribuisce a rendere l'idea della condizione dell'uomo solo e combattuto. Tuttavia è una storia d'amore nelle cui zone d'ombra si scende nell'abisso dei sentimenti e dei rapporti, ciò che accade, accade per una volontà che non conosciamo. Indicativa per capire tale concezione di teatro è la conversazione che Debussy ebbe con Ernest Giraud: “Il poeta ideale, l'unico per il quale scrivere musica teatrale, è qualcuno capace di dire le cose a metà e di creare una storia senza luogo e senza tempo. Sogno un poema drammatico che non mi condanni a degli atti lunghi e pesanti, che mi fornisca delle scene mobili di carattere molto diverso fra loro, in cui i personaggi non discutono, ma subiscono la vita e il destino”.

Questa produzione è il fiore all'occhiello non solo del Maggio Musicale 2015 ma dell'intero catalogo del regista Daniele Abbado. Egli, assieme all'ottimo scenografo e light designer Gianni Carluccio, crea un ambiente surreale composto di un semicerchio a pedana, credo volutamente scivolosa, la quale è sovente ricoperta da un arco che collocandosi forma una sorta di grande occhio da cui lo spettatore osserva le estatiche e drammatiche vicende dell'amore tra Pelléas e Mélisande con le conseguenze che sappiamo. Tale visione si sviluppa in seguito fino ad aprirsi per creare con impalcature altre visioni, sempre in un paesaggio stellato e notturno, ambientazioni di grande efficacia drammatica come nel duetto della torre risolto con garbo dal regista che non fa indossare una parrucca a Mélisande ma la invita a calare parte del lungo bianco costume nel quale si avvinghia Pelléas. Nella regia si apprezza la cesellata gestualità della recitazione che si sposa magnificamente al contesto musicale e drammaturgico. Ciò è rappresentato da un Pelléas quasi trasognato all'inizio, dalla delicatezza della compita Mélisande, dalla metamorfosi di Golaud, l'austerità di Arkel e la rincuorante figura di Geneviève, soprattutto nell'ultimo atto quando senza canto porta la bimba al capezzale della protagonista con una dolcezza commuovente. Bellissimi i costumi di Francesca Livia Sartori, eleganti e monocromatici, senza un'identità stilistica precisa. Uno spettacolo che appassiona, commuove e catalizza, tanto ogni piccolo aspetto è curato nei minimi dettagli, in funzione di musica e teatro.

Altro artefice di questo grandioso successo è il direttore Daniele Gatti, il quale mi ha letteralmente sbalordito tanto la sua lettura analitica e penetrante è ricca di fascino. Guida con mano elegante un'orchestra aurea, ottiene ogni singolo dettaglio dai bravissimi professori del Maggio, cesella alla perfezione un linguaggio musicale dei più delicati senza mai sovrapporre l'orchestra alle voci, la melodia è leggera, palpabile e dolente, sempre sul filo dell'equilibrio della linea di contorno di una concertazione precisissima.

Il cast è tutto italiano. Una peculiarità rara per un repertorio generalmente affidato ai madrelingua. Anche in questo caso ci troviamo nella rarità di una locandina d'interpreti totalmente mirabile e perfettamente adeguati al loro compito. Paolo Fanale è un Pelléas che vocalmente sfoggia il suo pregiato timbro in un ruolo tendenzialmente più grave, lo fa con passione, ricchezza di armonici ed impeto delicato ma umano. Monica Bacelli cesella la delicata Mélisande con altrettanta perizia, capace di non cadere nel facile uso della ragazza confusa e smarrita ma donna che reprime sentimenti celati, i quali sono resi con una manierata ed incantevole vocalità. Roberto Frontali sa adoperare una voce ancora molto ricca di armonici nella complessa sfaccettatura del personaggio di Golaud, dapprima distaccato ma conquistato dalla giovane sposa, in seguito tormentato dalla gelosia, senza scadere nel facile espressionismo “verista”, nel finale è dolente e colpito dal rimorso con stile ed espressione di viva commozione. L'Arkel di Roberto Scandiuzzi emerge per la ricchezza del fraseggio abbinato ad un'umanità interpretativa di rigore antologico. Sonia Ganassi interpreta una Geneviève di grande fascino, tracciando con pianissimi eccellenti ed introspettiva comunicabilità una madre premurosa e dolente. Il giovane soprano Silvia Frigato dona al piccolo Yniod una figura teatralmente irreprensibile e commisurata ad una resa vocale limpida ed omogenea. Nel doppio ruolo del pastore e del medico Andrea Mastroni si aggrega all'ottimo livello del cast, dimostrando una vocalità duttile, armoniosa e di grande effetto, in particolare nel finale, interpretando un medico di ottima fattura.

Successo pieno e condiviso a tutta la compagnia con scroscianti applausi al termine, peccato che il teatro non era molto gremito, i fiorentini, e non solo, hanno perso una grande serata di musica, canto e dramma.

Lukas Franceschini

25/6/2015

Le foto del servizio sono di Simone Donati.