RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Un'insolita inaugurazione

Non rientra tra le consuetudini dei teatri d'opera inaugurare la propria stagione con la Messa da Requiem di Verdi; ma il Teatro Regio di Torino non è nuovo a questi esperimenti, dato che già nel 2011 aveva aperto la programmazione a fine settembre con il ciclo delle nove sinfonie di Beethoven, seguito dai balletti portati in tournée dal Mariinskij, e solo a dicembre dall'opera (allora fu Fidelio). Quest'anno, due settimane prima della “prima” di Otello, la stagione si apre con il capolavoro sacro di Verdi, sull'onda di un fascino per il sacro che pare aver riguardato tutte le maggiori istituzioni musicali torinesi: dopo l'Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, che ha aperto la stagione la settimana scorsa con la Missa Solemnis di Beethoven, anche i Concerti del Lingotto prenderanno il via, il 6 ottobre, con il Requiem tedesco di Brahms. E, nel teatro lirico cittadino, un'inaugurazione di stagione di taglio meditativo, senza scene e costumi, senza intervalli e mondanità, accessibile a chiunque con un biglietto dal costo contenuto, può essere un buon viatico in un momento non certo felice per il mondo della musica e della cultura (e il Regio, che pur non soffre di dissesti economici, da alcuni mesi vive una crisi non ancora risolta tra Sovrintendente e Direttore Musicale).

Certo, la notizia che, a due giorni dalla prima recita, soprano e tenore (il che, nel caso del Requiem, significa metà del cast) siano stati sostituiti per indisposizione poteva lasciare qualche legittimo timore sul successo e la qualità dell'esecuzione. I nomi dei sostituti, tuttavia, hanno immediatamente rassicurato gli spettatori competenti, e, a cose fatte, si può dire – pur senza avanzare confronti con quanto non si è ascoltato – che raramente una sostituzione fu più felice (ogni commento si riferisce alla recita del 2 ottobre). Il tenore Gregory Kunde si è presentato attaccando con slancio eroico il Kyrie, sfoggiando il nitido squillo e la lunga arcata di voce che lo hanno accompagnato per tutto il concerto. Il suo Ingemisco, sempre mirabilmente teso tra supplica timorosa e fiducia, ha avuto il momento migliore nell'invocazione a mezza voce «parce, Deus». Grande classe anche per il basso Michele Pertusi, il cui strumento, di timbro chiaro, scende con fermezza nelle regioni più gravi; la conclusione del Confutatis, con un'espressiva mezza voce, risulta particolarmente efficace. Il mezzosoprano Daniela Barcellona sfoggia ampie escursioni di registro e varietà di colori; e, per quanto non sia giunta ai vertici interpretativi da lei toccati nel teatro rossiniano, sa essere all'occorrenza fatale e irrevocabile (come nel penetrante Liber scriptus, scandito con espressive pause) o implorare con fiducia e dolcezza (nel Recordare, in duo col soprano). Il soprano Erika Grimaldi ha debuttato il ruolo essendone informata con pochi giorni di anticipo, e se l'è cavata egregiamente. La sua voce negli ultimi anni si è decisamente rimpolpata e arricchita di armonici e colori, divenendo ideale per un repertorio da soprano lirico; solo il vibrato dovrebbe, a tratti, essere usato in misura più parsimoniosa. Nel Responsorium ha saputo dar vita tanto ad acuti luminosi quanto a un'invocazione conclusiva quasi parlata di vivida espressività.

Ciò che poi ha particolarmente colpito è stato il contrasto, certamente voluto e perseguito con efficacia, tra il quartetto vocale – la cui interpretazione è sempre stata di taglio intimista, tesa a raffigurare l'anima del fedele che si rapporta con Dio, e vi si rapporta con quella fiducia e quella tenerezza su cui l'attuale Pontefice non manca mai di richiamare l'attenzione – e le compagini sinfonico-corali, guidate da Gianandrea Noseda, assertive e impressive, nelle quali si sentiva la voce inconfutabile del dogma. E quand'anche questo contrasto non fosse voluto per ragioni teologiche, ma per mere ragioni teatrali, si può dire melodrammatiche, non sarebbe comunque fuori luogo, in quanto il Requiem verdiano esprime un profondo sentimento religioso parlando il linguaggio del melodramma ottocentesco: la ricerca dell'effetto teatrale non contrasta dunque con il significato ultimo della composizione. Nell'Orchestra e nel Coro del Regio non si sono osservate sbavature di sorta; e il primo, istruito da Claudio Fenoglio, è brillato tanto nell'allegra fuga del Sanctus quanto nel pianissimo del Responsorium.

Un'inaugurazione per più versi significativa, dunque; ma che inevitabilmente verrà letta da molti spettatori come aperitivo del prossimo Otello verdiano, nel quale Kunde e la Grimaldi saranno messi nuovamente alla prova, e a prova maggiore.

Marco Leo

6/10/2014

Le foto del servizio sono di Ramella & Giannese.