RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Rigoletto

al Teatro Sociale di Rovigo

Prima della pausa natalizia al Teatro Sociale è stata rappresentata l'opera Rigoletto di Giuseppe Verdi, allestimento di qualche anno addietro in coproduzione con il Teatro Verdi di Pisa. Il titolo verdiano mancava da qualche anno nella città del basso veneto, la ripresa odierna s'inserisce nell'ambito delle produzioni in comune che da qualche tempo Rovigo ha attivato con Pisa, peccato solo che a oggi non sia ancora stata inserita in cartellone l'opera Mefistofele di Arrigo Boito già eseguita in Toscana.

L'allestimento del regista Federico Bertolani potremmo definirlo volenteroso ed efficace solo nell'ottica degli scarsi budget di cui dispongono oggigiorno i teatri. Una scena spoglia con quinte nere ai lati, solo qualche oggetto, una sedia nella scena del primo atto, un divano quadrato nel secondo (stile Frau), una parete mobile fissata in graticcia, con porta e finestra, determina l'interno della casa di Rigoletto. La stessa sarà poi utilizzata per la locanda del III atto. Lo scenografo Giulio Magnetto sa fare molto di meglio e ne abbiamo avuto prova in altre produzioni, qui come predetto, si doveva andare al risparmio. Non colpiscono i costumi moderni di Mirella Magagnini, la quale tuttavia trova una certa linea nel definire lo stato sociale dei personaggi. C'è la mano di Bertolani e questa si fa vedere, anche se con poco traccia una drammaturgia credibile, mai sopra le righe, perfettamente comprensibile e incisiva. Rigoletto è il buffone di corte che si traveste in scena per adottare una tenuta borghese quando incontra l'adorata figlia. È un uomo combattuto e avvilito nell'animo, deve fare il buffone per mantenere il suo unico prezioso bene, quel bene che sarà messo alla berlina dalla spietata e amorale corte mantovana. Una corte forse volutamente tutta in nero per imprimere una sorta di sinistra lussuria. Tutti gli altri personaggi si collocano pur nelle loro differenze in questo solco narrativo al quale nulla c'è da obiettare, e fortunatamente non calca la mano nella scena di Maddalena del III atto, che spesso è ridotta a macchietta. La visione è credibile anche se non proprio affascinante.

Sul podio abbiamo trovato la valida bacchetta di Gianna Fratta, che reduce al mattino del Concerto di Natale al Senato della Repubblica, è giunta in tempo perfetto alle ore 16 per salire sul podio. La sua direzione è stata molto precisa e soprattutto abile nel tenere assieme un cast talvolta impreciso. Abbiamo apprezzato la grande tecnica di vera concertatrice, imprimendo tempi sostenuti e la perfetta sicurezza nell'attacco. Peculiarità che le hanno permesso di portare a termine l'opera cui va riservato un plauso avendo a disposizione un'orchestra, la Regionale Filarmonia Veneta, la quale non brillava per precisione. Molto buona la prova del Coro Lirico Veneto diretto da Flavia Bernardi.

Protagonista era Elia Fabbian, che abbiamo sentito in prove molto migliori. Presumo che il cantante non fosse in perfette condizioni fisiche poiché spesso la voce dava segni di cedimento con stonature e imperfezioni. Sarebbe stato il caso di farsi annunciare. Tuttavia, restano inalterate le qualità interpretative e le intenzioni drammaturgiche. Pablo Karaman era un Duca di Mantova esuberante e di bella voce, purtroppo problemi tecnici nel passaggio rendevano tutta la zona acuta forzata e in parte limitata. È un vero peccato perché le qualità ci sono e se fossero superati questi limiti saremmo di fronte ad un cantante che potrebbe regalarci prestazioni sicuramente apprezzabili. La migliore era la giovane Venera Prostasova, una Gilda con voce molto ben rifinita, omogenea e preparata tecnicamente. Interpretativamente si distaccava da arcaici bamboleggiamenti trovando accenni sia drammatici sia patetici di grande effetto. Francesco Palmieri era un poco raffinato Sparafucile, mentre risultava migliore la Maddalena di Antonella Carpenito, precisa e professionale.

Abbastanza buona la lunga schiera nei ruoli minori a cominciare dal Matteo Borsa di Luca Favaron e del Marullo di Romano Franci. Ivan Marino era un tonante ma sfogato Monterone, Elena Rosolin una corretta Giovanna, Paolo Bergo un buon conte di Ceprano. Completavano la locandina Simonetta Baldin (Contessa Ceprano), Riccardo Ambrosi (usciere) e Nicoletta Baldin (paggio).

Buon successo al termine della rappresentazione anche se duole costatare la scarsa presenza di pubblico a una recita pomeridiana, per un titolo di grande repertorio, in un Teatro storico che un tempo era sempre molto affollato di pubblico proveniente anche dalle città limitrofe.

Lukas Franceschini

26/12/2016