RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Festival rossiniano a Torino, 4/4

La conclusione della minirassegna Rossini e dintorni, quattro appuntamenti all'auditorium Rai con l'Orchestra Sinfonica Nazionale (OSN), svoltasi giovedì 28 giugno 2018, ha avuto in cartellone un'idea accattivante: riassumere, attraverso le arie e i concertati più belli, l'opera in assoluto più conosciuta del pesarese, Il barbiere di Siviglia, trasposizione musicale, su libretto di Cesare Sterbini, della commedia Le barbier de Séville, ou L'inutile précaution di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, del 1773. Un “semi- Barbiere”, potremmo dire, a metà tanto nel contenuto – via i recitativi di congiunzione –, quanto nella resa visiva, allestito, come è stato, in forma semiscenica: orchestra e direttore al centro, cantanti che, utilizzando parrucche colorate su teste di polistirolo, mimavano, per quanto possibile, l'azione del palco. A far da collante tra una sezione e l'altra è stato chiamato Francesco Micheli, autore e divulgatore di contenuti musicali, nonché attuale direttore del Donizetti Opera Festival di Bergamo (sua città natale: sua di Micheli e sua di Donizetti!), che, servendosi di pannelli posti ai lati del palco con riproduzioni dell'Encyclopédie degli Illuminsti, ha cercato di attualizzare e mettere in luce gli aspetti meno immediati del Barbiere , a cominciare proprio dai rapporti tra Beaumarchais e il pensiero a lui contemporaneo, Rousseau e Diderot in testa.

Il progetto, pur lodevole di per sé – far conoscere un'opera lirica eseguendone i principali highlights, come già le serate della rassegna L'opera in novanta minuti, all'auditorium Orpheus di Torino fanno da diversi anni – ha tuttavia esposto il fianco per alcune riflessioni. Ad esempio: la durata dell'intera serata è stata sovrapponibile a quella del Barbiere in versione estesa: circa tre ore, intervallo compreso. Per un purista, dedicare quel tempo all'opera integrale sarebbe stata scelta preferibile a quella di un Barbiere … sforbiciato. Sarebbe mancata, tuttavia, la componente più divertente e d'intrattenimento che, a fine stagione, ci si può permettere. E poi, se il fine è quello divulgativo, tanto meglio. Quel che ha lasciato perplessi, però, è stata la natura degli interventi di Micheli. Passi il filo che ha legato il Barbiere rossiniano a Diderot, che, alla voce tutoraggio, nell' Encyclopédie , riporta che esso è “una delle piaghe del secolo”, esplicito riferimento al regime di arresti domiciliari cui è sottoposta Rosina da Don Bartolo, e che, in una commedia del 1773 come quella di Beaumarchais, che fonda la sua ragion d'essere sulla lotta di classe e sul riscatto che un piccolo borghese come Figaro, in nome dell'intera classe operaia, riesce a prendere sull'aristocratico Don Bartolo e sullo stesso Conte d'Almaviva (la cui virulenza, nell'opera di Rossini, è più attenuata, non essendo più quello il messaggio da veicolare, benché scritta appena un anno dopo il Congresso di Vienna, restaurativo sotto molti punti di vista e quindi anche su quello musicale: di fatto, è un'opera che, se emendata dall'esuberanza della scrittura rossiniana, si attiene alla tipica scansione recitativo-aria dell'opera buffa settecentesca), poteva essere attuale; ma tutti gli altri pistolotti polemici, riferiti ai temi più disparati, hanno trasformato la serata, da un'iniziale guida per il neofita, a un coacervo di contenuti più o meno pertinenti con l'opera. Tradotto: per chi non avesse conosciuto in anticipo la trama del Barbiere (complice anche il fatto che mancava un libretto di sala col testo delle arie cantate: e si sa bene quanto sia facile non intendere perfettamente le parole nel canto lirico, se non le si conoscono o le si leggono), sarebbe stato assai arduo ricostruirla con fluidità al termine della serata.

Decisamente più soddisfacente la resa musicale. Pietro Mianiti dirige un'orchestra di provata bravura e compattezza, dando uno smalto brillante alle note rossiniane, in ispecie nella Sinfonia d'apertura, decisa, snella e corriva. Le dimensioni si attestano su una quarantina di archi, più il numero regolare di fiati: eccedente, rispetto a quelle dell'epoca di composizione del Barbiere , ma esuberante nel suono e tenuta a freno adeguatamente per non sovrastare le voci.

Voci che appaiono disomogenee nelle loro prestazioni, pur conservando un buon livello complessivo. Il Conte d'Almaviva è Chuang Wang, tenore cinese di timbro chiaro, voce agile adatta al repertorio belcantistico, che inizialmente fatica, nell'iniziale Ecco ridente in cielo, a trovare la giusta emissione e il giusto controllo, ma che poi, a voce scaldata, riesce meglio in Se il mio nome saper voi bramate, la canzone con tanto di accompagnamento “spagnoleggiante” di chitarra (che attira la Rosina di turno, Anna-Doris Capitelli, al balcone, anzi, alla balconata dell'Auditorium). È poi la volta di Figaro, ovvero Paolo Ingrasciotta, baritono squillante dal timbro tenorile e con evidente facilità per il registro acuto. Ottimo anche lo scioglilingua dimostrato nella Cavatina, sicuramente il brano più famoso di tutta la produzione di Rossini. Rocco Cavalluzzi è Don Bartolo, il severo tutore di Rosina (pedofilo, secondo Micheli: ovvero, come gravare di significati non richiesti il classico personaggio gradasso della commedia buffa che, nonostante l'abuso del suo strapotere, viene alla fine gabbato a favore dei “buoni”), un basso dal timbro chiaro ma non troppo, che riesce a far viaggiare la voce fino al fondo della sala grazie a un'efficace proiezione vocale, sebbene il suo repertorio sarebbe, a sentirlo, più adatto a ruoli melodrammatici. Grande impressione ha suscitato il Don Basilio di Eugenio di Lieto, un basso poderoso, anche qui un calibro vocale perfin eccessivo per il suo ruolo. La sua Calunnia ha ricordato l'interpretazione storica (fatte le debite proporzioni...) di Boris Christoff: quel vocione che, rispetto al significato insinuante dell'aria e del personaggio, è fuori luogo. Dal punto di vista psicologico convince di più un Basilio affidato a un tenorino leggero e querulo quale quello richiesto dalle Nozze di Figaro di Mozart, più che un basso rossiniano.

Sul versante femminile, troviamo la Rosina di Anna-Doris Capitelli, brava e simpatica, in grado di dar voce corposa alla scaltra ragazza tenuta a tutela da Don Bartolo. Ottima la prova in Una voce poco fa...Io sono docile, grandioso exploit di gorgheggi inanellati uno dopo l'altro con precisione. Brava anche come attrice nei duetti con Figaro e Don Bartolo, giungendo a irrigidirsi come una statuetta di porcellana quando Micheli la solleva di peso e la fa roteare.

Completano il cast Lasha Sesitashvili nei ruoli di Fiorello e dell'Ufficiale, baritono con buona voce, da valorizzare con parti più impegnative, ed Enkeleda Kamani, soprano chiamata ufficialmente a interpretare Berta, la serva di Don Bartolo, ma che, inaspettatamente, esegue un'aria dalle Nozze di Figaro mozartiane: Deh, vieni, non tardar; scelta non così coerente, ma che permette un rapido ed efficace raffronto tra l'orchestrazione e la condotta della voce tra Rossini e Mozart, il primo più dionisiaco, il secondo più apollineo.

Christian Speranza

20/7/2018

Le foto del servizio sono di Maria Vernietti.