RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Un siciliano a New York

Il diario di viaggio è in letteratura quasi il resoconto di un percorso iniziatico, alla fine del quale chi lo ha redatto è se stesso ma contemporaneamente non lo è più, o almeno non lo è più soltanto, nel senso che, confrontandosi con mentalità e costumi diversi, prende coscienza della propria limitatezza iniziale, ma al tempo stesso acquista una consapevolezza ben più precisa della propria individualità e della propria capacità di mettersi in gioco e di arricchirsi grazie al contatto con ambienti completamente diversi, nei quali per forza di cose si è solo un ospite, magari un numero, insomma un individuo tra tanti al quale è per il momento negato di acquisire forza dal diuturno contatto col proprio milieu di appartenenza. Ne deriva un senso di spaesamento iniziale, una perdita di certezze, uno scoramento al quale si deve forzatamente reagire, con tutte le armi che si hanno a disposizione: e una di queste è l'autoironia, il riconoscere la propria insignificanza, specie quando ci si trova gettati all'improvviso in un'immensa metropoli dove tutti corrono affaccendati, dove gli alloggi sono una sorta di alveare tanto diverso dalle sonnolente e spaziose case di provincia, dove cibarsi non è un momento conviviale, ma talvolta unicamente solitudine condivisa, dove tutto insomma è troppo grande per l'individuo che non vi abbia radici ben solide.

Ed è proprio l'autoironia il punto di forza del divertente spettacolo Niuiòrc Niuiòrc, che ha visto protagonista al Teatro Tezzano di Catania dal 29 al 31 marzo Francesco Foti, attore catanese già noto al grande pubblico per le sue partecipazioni a serie televisive come Il capo dei capi, Squadra Antimafia 3, fino al ruolo di protagonista ne Il cacciatore, dove impersonava il magistrato Carlo Mazza; un brillante atto unico, tutto affidato alle capacità attoriali dell'io narrante, che ripercorre il suo soggiorno nella metropoli americana, dai primi incerti e difficilissimi giorni sino alla scoperta di un nuovo sé, più maturo e disincantato proprio grazie al contatto con la realtà americana, col suo brulicare di varia umanità, coi suoi condomini-formicai, con tanti altri viaggiatori che come lui cercano di migliorare la lingua, di fare nuove conoscenze, insomma di scrollarsi di dosso quella provincialità presunta, percepita come inadeguata, ma alla quale alla fine il protagonista scopre corrispondere un'analoga provincialità americana, fatta magari dell'incontrarsi sempre gli stessi alla medesima ora in un grande fast-food, del combattimento con portieri o con attempate e solitarie padrone di casa le cui manie nulla hanno da invidiare a quelle siciliane, con poliziotti ottusi, di equivoci amorosi, insomma di tutto quell'interagire umano che è uguale in ogni parte del mondo.

Su un palcoscenico nudo, con l'unico ausilio di uno alto sgabello e di un libriccino fitto di scrittura, vero e proprio diario di bordo e unico copione concesso, Francesco Foti si è mosso con estrema disinvoltura, con una gestualità pregnante ed espressiva ma mai caricata, doppiando con stile le secche della tentazione alla crassa comicità e del movimento frenetico, in un superiore distacco dinanzi al del provinciale a New York che rendeva la pièce allegra, autoironica ma al tempo stesso venata di una tenera malinconia che lo spettatore non poteva non percepire. Riuscendo a sdoppiarsi nei vari personaggi incontrati nella Grande Mela, Foti ha dato prova di notevole versatilità attoriale e di comiche doti imitative che hanno spesso strappato sincere, allegre risate nel corso della rappresentazione, il tutto con signorile stile, senza mai indulgere né alla becera captatio benevolentiae dell'uso del siciliano a ogni costo né alla trivialità della parolaccia gratuita delle quali si servono molti attori nei loro show comici per rendere più calorosa e immediata l'interazione col pubblico. Una recitazione insomma che ha dimostrato di saper trarre insegnamento sia dal rapporto diretto col teatro prima che con la fiction – come avevamo già avuto modo di notare in Un momento difficile, produzione dello Stabile di Catania dove è stato coprotagonista insieme a Massimo Dapporto – cosa che gli consente una sicurezza espressiva e una chiarezza di dizione di gran lunga superiore a chi ha frequentato solo la televisione, sia dal riagganciarsi alla grande tradizione comica italiana, che trovava nel garbo nel porgere la battuta il suo punto di forza, arricchendola però di un'autoironia distaccata sempre ben percepibile, specie nella mimica e nell'uso della voce, che rivela un fecondo studio anche della comicità d'Oltralpe.

Giuliana Cutore

3/4/2019