RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

A Piacenza

Il trovatore in Sant'Agostino

La monumentale cinquecentesca basilica di Sant'Agostino, che prospetta sullo Stradone Farnese, impressionò fortemente a suo tempo Michel de Montaigne, di passaggio a Piacenza, il quale però non poté ammirarne la fastosa facciata neoclassica aggiunta alla fine del Settecento. Riaperta dopo decenni, ha accolto nella navata centrale oltre cinquecento spettatori, tra cui numerosi giovani, accorsi ad assistere a un Trovatore, che per essere squisitamente “provinciale” non li ha affatto delusi. La Fiera di Sant'Antonino, patrono di Piacenza (e da non confondere con l'omonimo fiorentino), ha offerto di nuovo alla benemerita Tampa Lirica locale l'occasione di organizzare, in questo luglio ribollente, l'Estate Opera Festival, una ministagione lirica comprendente anche la successiva Cavalleria Rusticana di Mascagni.

Nel Trovatore (Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853) Verdi dispensa da un'introduzione-preambolo (ouverture o preludio), ché, sin dalle prime perentorie note, lo spettatore viene sospinto di peso nella vicenda del melodramma, la cui apparente “assurdità” si rivelerà di una consequenzialità stringente. Più che un grandissimo capolavoro, Il Trovatore è un autentico miracolo di stupefacente bellezza musicale e di sapiente drammaturgia, in un equilibrio ammirevole di ispirazione felicissima e di intuito teatrale. È il diciottesimo titolo del catalogo del trentanovenne bussetano, che ha esordito con Oberto alla Scala di Milano nel 1839 ed ha ancora, davanti a sé, quarant'anni buoni di carriera teatrale.

Regia essenziale ed espressiva, scene minime con parsimonia di arredi ma arricchite da proiezioni sulla profonda abside dei vari fondali, e costumi appaganti erano nelle esperte mani di Artemio Cabassi, che ha impresso una sobria fluidità di movimenti a solisti e coro sul non proprio ideale “proscenio” del presbiterio, ai piedi del quale era disposta l'orchestra alquanto ridotta ma bastevole (nella famiglia degli archi si contavano due violoncelli e un solo contrabbasso). Un Trovatore notturno senza interruzione grazie all'abile gioco delle luci. L'acustica dell'insolito ambiente è stata resa accettabile dall'impegno dei bravi fonici, che hanno del tutto risolto la difficoltà dei riverberi nel transetto e nelle navate (che sono cinque).

Ha diretto con competenza ed entusiasmo Stefano Giaroli, mettendo accortamente in evidenza il respiro e gli accenti della magnifica partitura verdiana, alle redini della bene affiatata Orchestra Sinfonica delle Terre verdiane. Il cast ha espresso il meglio di sé anche sul versante scenico per la gioia del pubblico. Si è trattato di una prima volta per il soprano ucraino Svetlana Kalinischenko, ormai di casa nella città farnesiana, e per il giovanissimo basso piacentino Juliusz Loranzi. Sfoggiando una buona padronanza dei registri, la Kalinischenko ha impersonato un'intensa Leonora, appassionata e determinata, di fronte all'amato e amante Manrico del tenore messicano Hector Lopez, giunto all'undicesima ora a rimpiazzare un altro tenore. Pienamente a proprio agio quale protagonista, Lopez ha ben calibrato, senza veemenze strappapplausi, la vocalità del suo personaggio, tra ardore e malinconia. Altri veterani dei rispettivi ruoli, Il mezzosoprano Claudia Forte, tragica e toccante Azucena, ed il baritono Marzio Giossi, un Conte di Luna signorile e autorevole. Juliusz Loranzi si è a sua volta calato persuasivo nei panni dell'anziano Ferrando, a cui tocca mettere in moto la vicenda. Completavano efficacemente il cast il tenore Andrea Galli (Ruiz), il soprano Federica Pecorari (Ines) nonché il vecchio zingaro del basso Agostino Subacchi ed il messo del tenore Giuseppe Pangallo. E gratificante è stata la prestazione del Coro Lirico Terre verdiane, impegnato dal principio alla fine e diretto da Andrea Bianchi.

Last but not least merita di essere segnalata l'avvenente danzatrice Silvia Caprini, che ha graziosamente vivacizzato la scena dell'accampamento degli zingari all'inizio del secondo atto.

Fulvio Stefano Lo Presti

25/7/2017