RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Macerata

Nuova Aida

Il nuovo allestimento nato per il Festival toccava quest'anno all'opera con cui lo Sferisterio era stato inaugurato. La regìa veniva affidata a Valentina Carrasco, che sembra essersi independizzata da La Fura dels Baus, e benchè con l'ormai scontata smania di farci percepire l'aspetto colonialistico (immagino che anche di Verdi e gli altri addetti ai lavori) e fare degli etiopi dei ‘resistenti' e degli egiziani (chiaramente dell'epoca in cui venne presentata l'opera a El Cairo) dei ‘collaborazionisti' con le potenze foranee e i loro interessi economici (ecco spuntare i tubi di petrolio nella scena del trionfo), e malgrado anche la bruttezza di detti tubi (sui quali, ci mancherebbe, Amonasro e i suoi cercano di compiere un attentato terroristico) che però riescono a quasi ‘sparire' nelle scene seguenti pur essendo ben presenti, ha lavorato molto e bene sui personaggi: i momenti più azzeccati sono stati la scena al tempio di Ftah, quasi tutto il quarto atto e parte del terzo. Si avvaleva anche di ballerini e figuranti (Banda ‘Salvadei' dove partecipavano cento maceratesi) con delle coreografie coerenti con l'idea principale (di Massimiliano Volpini) e le sempre ottime luci di Peter van Praet.

L'esecuzione musicale si reggeva su due colonne portanti. La direzione di Francesco Lanzillotta, con eccezionali sfumature che mettevano in adeguato rilievo la complessità e il carattere piuttosto intimista della partitura senza evitare il fulgore della scena del trionfo (miracolo, la marcia trionfale suonata dall'alto dello Sferisterio non faceva una piega) per la quale c'era una piccola seconda orchestra. Tutto coordinato e ben calibrato in modo di non mettere mai in difficoltà i cantanti e il coro (che, purtroppo, nella sezione maschile per due volte andava fuori nella pericolosa scena del trionfo). L'orchestra invece suonava sempre ‘senza veli' e si faceva onore (tranne un'arpa in un momento purtroppo audibile).

Se i due bassi non erano adeguati ai rispettivi ruoli (Fabrizio Beggi, el Rey, e Alessio Cacciamani, Ramfis, ancora un gradino sotto), il livello diventaba discreto o accettabile nei due ruoli comprimari, brevi ma non facili: le voci erano interessanti anche se resta strada da percorrere (Maritina Tampakopoulos, sacerdotessa, e Francesco Fortes, messaggero). Dei quattro principali il meno interessante in tutti i fronti (l'acuto sembra di colore e volume diverso rispetto agli altri registri)ma con molto volume in centro e gravi era l'Amonasro di Marco Caria. Maria Teresa Leva, la protagonista, dovrebbe forse valutare meglio le sue forze se vuole una carriera lunga. Stranamente suonava meglio che ne La bohème del Liceu di Barcellona, con più colore e squillo, e il suo punto forte sono sempre le mezzevoci -perfino le più insidiose- ma essendo un soprano lirico inciampa in centri e gravie quindi i suoi migliori momenti arrivavano nei due ultimi atti. Luciano Ganci è migliorato rispetto del suo Radamès al Liceu: come Leva non è un grande attore ma il canto è molto efficace e il timbro ha un suo squillo da vero tenore anche spinto ma ancora non riesce a controllare tutto il ruolo e nel terz'atto emissione e fiato si vedono compromessi dagli sforzi, di cui non avrebbe bisogno perchè ha volume da svendere perfino in uno spazio all'aperto come questo. Saggiamente ha rinunciato ai piani dopo qualche tentativo iniziale non del tutto felice

Ma si parlava di due colonne portanti dello spettacolo: la seconda era l'Amneris di Veronica Simeoni, oltre a vedersi regale e bellissima nei suoi costumi della fine dell'Ottocento (e più avanti), straordinaria artista in più di eccellente cantante. Se la voce può sembrare un punto chiara e il volume non è strepitoso l'intelligenza della Simeoni l'ha portato verso una principessa che non è la solita virago furibonda con note di petto davvero poco regali e già dal suo ingresso esplora -e ci fa vedere- tutti gli angoli psicologici del personaggio (scontato il trionfo e l'apice del suo intervento nella sua grande scena, vorrei segnalare non solo i singolari ‘pace' che chiudono l'opera ma i contrasti emotivi durante la confrontazione con Aida nell'atto secondo). Otteneva un grande applauso dopo il suo anatema sui sacerdoti. Un pubblico festante – questa è un'opera che travolge sempre-accoglieva con applaudimenti convinti tutti a fine spettacolo.

Jorge Binaghi

16/8/2021

La foto del servizio è di Tabocchini Zanconi.