RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Berlino

Sotto il segno di… Venere?

Da tempo non visitavo la Deutsche Oper, quella più moderna, nata all'epoca della guerra fredda, comoda ma per niente bella, e questa volta ci sono stato per una replica del Tannhäuser di Wagner, nell'edizione di Dresda. Dirigeva Stefan Blunier, che non avevo mai sentito prima, e che dava una versione piuttosto piatta – già dalla sinfonia iniziale – della meravigliosa partitura. Un po' migliori le parti drammatiche che non quelle liriche o contemplative. Molto brava l'orchestra, così come il coro preparato da Jeremy Bines e che ha una parte così importante nell'opera.

L'allestimento per la regia di Kirsten Harms (alla sua 46ª replica) presentava momenti riusciti e altri molto meno. Diciamo che incominciava meglio e finiva peggio – il terz'atto con la sala di un ospedale dove Elisabeth muore – viene coperta da Wolfram con un lenzuolo – per rinascere come Venere e ridiventare, o no, Elisabeth con un protagonista perdonato e redento. In assoluto il più riuscito era il secondo quadro dell'atto primo con i cantori a cavallo. Il Venusberg non era troppo male ma mi sembra strano che tutte quelle ‘sirene' nude stiano lí ad aspettare un unico uomo, il protagonista appunto. Bene il quadro primo del secondo atto e meno bene ma non male il secondo con il concorso di canto che finisce in crisi. Scene molto spoglie, praticamente vuote, coreografie poco interessanti, luci belle e costumi coloriti ma non sempre coerenti. Il protagonista di Stephen Gould non deve avere molti rivali oggi, ma l'importanza e sicurezza della voce non si riscontrano nel fraseggio sommario e meno ancora in un'interpretazione che chiamare così è troppo. Soprattutto accanto al fantastico Wolfram di Simon Keenlyside, signore del palcoscenico, voce ideale per il ruolo, canto pieno di sfumature. Ante Jerkunica era un bravo Landgraf Hermann con degli acuti un po'difficili ma un buon colore di basso e un volume di tutto rispetto. Tra gli altri cantori spiccavano il Biterolf di Seth Carico e il Walther di Clemens Bieber. Il pastorello era il soprano Nicole Hasslett, corretto. L'idea di fare di Elisabeth e Venere la stessa cantante è stato un esperimento interessante con Gwyneth Jones anni fa, ma oggi è qualcosa di rischioso. Le qualità richieste alla voce e il tipo di canto e di colore sono molto diverse. Emma Bell non mi è mai sembrata una cantante importante, con acuti fissi e aspri e un timbro opaco e non sempre a fuoco. Se questo in Mozart era un problema figuriamoci in questi due ruoli. Gli acuti di Venere (ma anche qualcuno di Elisabeth) confinavano nel grido, il colore per Elisabeth era decisamente brutto e i suoni fissi e metallici erano presenti dovunque. Brava attrice ma non abbastanza per darci due immagini contraposte della ‘donna eterna', sesso e santità. Il teatro non era pieno ma sì molto generoso negli applausi finali.

Jorge Binaghi

9/5/2019

La foto del servizio è di Bettina Stöß.