Nabucco al Massimo di Palermo
La fonte originaria del Nabucco (abbreviazione di Nabucodonosor), terza opera del catalogo verdiano, è sicuramente la Bibbia, anche se in essa non comparivano i personaggi di Ismaele, Fenena e Abigaille, figure aggiunte dalla fantasia di Temistocle Solera. Il testo, musicato da Giuseppe Verdi e andato in scena per la prima volta la sera del 9 marzo 1842 alla Scala, riscosse alla sua prima rappresentazione un grandioso successo di pubblico e di critica. Ma bisognerebbe anche ricordare che a sollecitare l'inventiva creativa del Solera furono anche il dramma francese Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu, rappresentato al Théatre de L'Ambigu-Comique di Parigi nel 1836, tradotto l'anno dopo in lingua italiana e il ballo storico Nabuccodonosor, del coreografo Antonio Cortesi, dato alla Scala il 27 ottobre dello stesso anno. Il successo del melodramma fu anche dovuto certamente alla splendida interpretazione del personaggio di Abigaille da parte del soprano Giuseppina Strepponi, conosciuta da Verdi in tale occasione e che circa diciassette anni dopo sarebbe diventata sua moglie. L'edizione di Nabucco allestita dal Teatro Massimo di Palermo in coproduzione con il Teatro Regio di Torino e andata in scena dal 23 al 30 ottobre proprio nella splendido edificio creato da Giovanni Battista Basile (chi scrive ha assistito alla recita del 30) ha incontrato un successo e un gradimento di pubblico davvero alti, dato che quasi in ogni turno si è registrato un afflusso (sia di italiani che di stranieri) che faceva registrare il tutto esaurito.
La regia di Andrea Cigni riusciva ad innestare in modo coerente e completo le movenze sceniche, gestuali e mimiche dei vari personaggi con la musica e la vocalità, conseguendo un dinamico connubio davvero funzionale e attivo che era in grado di rendere l'intera azione drammaturgica coinvolgente e appassionante, specialmente nei tratti più eroici e marziali. Un fluente e sciolto trattamento dello spazio-tempo sul palcoscenico ne dilatava anche la forza di attrattiva e di fascino.
Roman Burdenko (Nabucco) ha eviscerato sia da un punto di vista attoriale che vocale tutta la sofferta e tormentata personalità del protagonista della tragedia, esibendo un'emissione da baritono drammatico davvero ragguardevole, piena di nuances, dal timbro brunito e denso, dal volume intenso, e per finire sostenuta da un nobile fraseggio, duttile e molto ben articolato. Davvero toccante e stata la sua interpretazione dell'aria “Dio di Giuda” applaudita a scena aperta.
Ewa Plonka (Abigaille) si è misurata con una delle più difficili e scoscese parti composte dal Cigno di Busseto per la voce di soprano, una tessitura davvero poco accessibile che richiede da un lato potenza e forza mentre dall'altro agilità e flessibilità. L'impervio ruolo vocale esige anche il superamento di asperità tecniche rilevanti fra le quali vanno registrati trilli di forza, salti intervallari molto ampi, attacchi sulle note gravi, parecchi do sovracuti da emettere talvolta all'improvviso a voce piena e talaltra in pianissimo. Tutti accorgimenti di carattere tecnico-pratico che tendono palesemente a mettere in evidenza il carattere precipuamente appassionato, violento e iracondo della guerriera. Infine la fulgida voce svettante dell'eccellente soprano si è rivelata in tutta la sua veemenza nella grande scena di Abigaille ,“Ben io t'invenni”, seguita dall'aria “Anch'io dischiuso un giorno” e dalla cabaletta “Salgo già del trono aurato”, scena applaudita e acclamata dall'uditorio.
Silvia Beltrami (Fenena) ha messo in campo una morbida e vellutata voce da mezzosoprano lirico ricca nello stesso tempo di un timbro ben levigato, spianato e ben rifinito. Davvero toccante l'esecuzione dell'aria “Oh! Dischiuso è il firmamento”. Il basso Luca Tittoto (Zaccaria) ha saputo trasfondere linfa austera, solenne e ieratica al personaggio interpretato, per mezzo di uno strumento canoro dotato di una salda e bronzea densità e compattezza. Realmente mirabile la sua esecuzione dell'aria “D'Egitto là sui lidi” seguita dalla poderosa e irruente cabaletta “Come notte a sol fulgente”.
Appropriato nel suo ruolo Vincenzo Costanzo (Ismaele) anche se, a nostro avviso, dovrebbe prestare una maggiore cura e attenzione a una certa perdita di efficacia nella zona acuta, dove il suono tende a perdere talvolta incisività e a sbiancare leggermente. In ruolo anche Luciano Roberti (Il gran sacerdote di Belo), Blagoj Nacoski (Abdallo) ed Elisabetta Zizzo (Anna).
L'orchestra del Teatro Massimo di Palermo è stata diretta da Francesco Lanzillotta in modo magistrale fin dalla Ouverture introduttiva. Il brano venne infatti costruito da Giuseppe Verdi proprio per comunicare un sapore di solennità e grandiosità, utilizzando anche alcuni temi che ritorneranno nel corso del melodramma. L'esecuzione, asciutta, stringata, efficace e aliena da ogni compiacimento fonico fine a se stesso, ha saputo infondere in ogni personaggio la giusta gradazione espressiva ed emotiva. Altrettanto idonea è risultata la prestazione del Coro, preparato e addestrato dal maestro Salvatore Punturo che dopo l'esecuzione di “Va, pensiero, sull'ali d'orate” ha dovuto concedere il bis per le insistenti e reiterate ovazioni del pubblico. Gli accattivanti costumi di Tommaso Lagatolla, le scenografie abbastanza semplici ma alquanto funzionali all'azione e al movimento di Dario Gessati e per finire i giochi di luce appropriati e opportuni di Fiammetta Baldiserri hanno contribuito non poco a rendere l'intera rappresentazione davvero encomiabile.
Giovanni Pasqualino
1/11/2022
Le foto del servizio sono di Rosellina Garbo.
|