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EDITORIALE

18/1/2025


Anton Bruckner Lettere 1852-1896

Dopo aver dato alle stampe nel 2005 quella che a tutt'oggi è la principale monografia italiana su «Anton Bruckner, la personalità e l'opera», nel 2024 Alberto Fassone torna a pubblicare con la Libreria Musicale Italiana di Lucca. E non è casuale, perché nel 2024 ricade il duecentesimo compleanno del compositore. La bibliografia bruckneriana ha così modo di arricchirsi di un testo di capitale importanza, primo, perché si tratta, a quanto è dato sapere, del primo epistolario tradotto in italiano, secondo, perché la parola è lasciata direttamente al protagonista che (ci) parla attraverso la sua corrispondenza. Delle oltre seicento lettere pervenute, Fassone ne sceglie poco meno di un terzo, senza dubbio il terzo più significativo a fini musicologici, e le presenta in ordine cronologico, corredate da un fitto apparato di note e commenti. Si alternano a quelle di Bruckner alcune di pugno dei suoi più stretti collaboratori, principalmente i fratelli Franz e Josef Schalk, trascrittori, revisori ed esecutori delle sue Sinfonie, ma anche, tra gli altri, di Hans Richter, Arthur Nikisch e Hermann Levi, direttori dal peso decisivo nella promozione delle sue opere. In totale duecentottanta lettere che, in quasi quattrocento pagine, ripercorrono le tappe salienti della sua vita, soffermandosi maggiormente sugli anni Ottanta e Novanta, grosso modo l'arco che va dalla Settima alla Nona Sinfonia.

I pregi del volume sono molteplici. Leggendo tra le righe ci si può fare un'idea del carattere di Bruckner. Lo stile, ad esempio, varia a seconda del destinatario: da quello rigorosamente ancorato a polverose espressioni di rito verso enti pubblici (Lettera 5, all'Amministrazione Comunale di Linz, 18/12/1855), a quello più colloquiale verso i suddetti Schalk o a Simon Sechter, per sei anni suo insegnante di armonia e contrappunto, i cui rapporti passarono da maestro a parigrado (tant'è che alla sua morte, Bruckner gli subentrò al Conservatorio di Vienna). I due estremi si toccano da un lato nell'apertura verso l'amico Rudolf Weinwurm, nelle lettere della primavera-estate 1867 (quando un esaurimento nervoso lo costrinse a un ricovero nella clinica di Bad Kreuzen), dall'altra al formalismo più servile verso l'imperatore Francesco Giuseppe, cui chiede il permesso di dedicargli l'Ottava Sinfonia (Lettera 170, definita da Fassone «un […] florilegio di formule stereotipe superlative, caratteristiche del consueto linguaggio cancelleresco-burocratico dell'epoca»). L'unicum è la lettera 33, a Josefine Lang (16/08/1866). In questa dichiarazione che più che d'amore è d'intenti, il rigido formalismo con cui il compositore quasi quarantaduenne chiede la mano della Fräulein fa quasi tenerezza: abituato a vedersi chiudere porte in faccia, artisticamente, lavorativamente e sentimentalmente, l'unico registro col quale riesce a comunicare è quello amministrativo.

Encomiabile è poi l'acribia con cui viene compilato l'apparato esegetico. Si dà conto con non comune approfondimento di svariate figure che animarono la scena culturale austriaca del secondo Ottocento, principalmente in abito musicale ma non solo, riportando date e aneddoti sia di personaggi che ebbero a che fare direttamente con Bruckner, sia di coloro che orbitarono in sfere a lui più lontane. Oltre ai summenzionati, entrano in scena Johann Herbeck, compositore e direttore che si prodigò per Bruckner nei suoi primi anni viennesi, Otto Dessoff, passato alla storia per aver “bocciato” la Sinfonia nº0, Franz Joseph Rudigier, vescovo di Linz, «uno degli ecclesiastici d'alto rango più influenti in Austria nella seconda metà del secolo», Moritz von Mayfeld, statale, compositore e pittore, ma principalmente qui per noi amico e sostenitore, Karl von Stremayr, ministro della Cultura e dell'Istruzione, dedicatario della Quinta Sinfonia, e diversi altri. Si ha così modo di espandere il raggio di competenza della silloge epistolare verso la scoperta dell'ambiente concreto nel quale si mosse Bruckner. Di particolare importanza sono poi le (stringatissime) lettere di Richard e Cosima Wagner – che dimostrano quanto l'affetto, la stima, o meglio l'adorazione per l'autore del Ring siano stati ben poco ricambiati –, la formalità un po' fredda di Franz Liszt, capace di “dimenticare” in giro l'autografo della Seconda Sinfonia che Bruckner voleva dedicargli (e che alla fine non gli dedicò) e le frecciatine avvelenate di Hans von Bülow, fino alla Prima e Seconda dalla parte di Bruckner, poi, con la dedica della Terza a Wagner, suo acceso oppositore. D'altro canto, quanto Bruckner soffrisse dell'ostilità viennese – contrapposta ai grandi riconoscimenti in Germania e in altri Stati, specie negli ultimi anni –, degli attacchi degli anti-wagneriani, Eduard Hanslick in testa, si evince da molta sua corrispondenza. Ma la ricostruzione storica di prima mano passa anche da queste testimonianze dirette che svelano il lato più umano, meno dogmatico, meno “contrappuntistico” del Bruckner uomo.

Spiace notare tuttavia un numero consistente di refusi (specialmente nelle date), che talvolta confondono il lettore. Una revisione in vista di una futura ristampa potrebbe mondare da questo difetto un libro che si pone come fondamentale per appropriatezza di contenuti – alcune lettere rientrano tra le più citate nelle varie biografie bruckneriane –, eleganza di esposizione e ricchezza di informazioni, e che getta una luce finora inedita su un protagonista per certi versi ancora misterioso del panorama musicale mitteleuropeo.

Christian Speranza

 

 

 

 

 

 

 


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