RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Siegfried nei meandri della fiaba

Volendo apparentare la Tetralogia wagneriana al canone sinfonico in quattro movimenti il Siegfried, come è già stato notato, potrebbe essere definito lo Scherzo del Ring, per il suo carattere fantasioso e vivace. Tale veste si cuce perfettamente sulle movenze fiabesche della trama che, dalla tragica seriosità del mito, si volge a un contesto di ludica leggerezza, situato al di fuori di qualsiasi temporalità storicamente definita. Ignaro delle proprie origini, immemore delle vicende pregresse, dei patti e delle leggi, Siegfried è l'eroe puro e senza paura, totalmente libero, che deve districarsi nei meandri della foresta oscura, simbolo dell'ignoto, per attingere alla conoscenza. Come abbiamo già notato nel recensire Die Walküre, in questo Ring scaligero David McVicar rinuncia a qualsiasi sovrapposizione ideologica per riconsegnare Wagner alla sua essenzialità. Pur avendo ben presente la complessità dell'opera e le sue implicazioni universali, il regista scozzese rimuove le incrostazioni generate da un'esegesi a volte eccessiva e minata da esuberanze intellettualistiche per puntare sull'umanità dei personaggi, prestando particolare cura alla recitazione. Nei primi due atti la scenografia, da lui stesso ideata con l'ausilio di Hannah Postlethwaite, modella atmosfere fiabesche di primigenia suggestione. L'antro del fabbro ha tutti gli ingredienti previsti dalle indicazioni sceniche, mentre il bosco incantato del secondo atto assume sinuose forme antropomorfe. L'estetica della resa visiva è garantita dalle proiezioni di Katy Tucker, mai invasive, dal lavoro sulle luci di David Finn e dai costumi di Emma Kingsbury. McVicar si concede un'unica licenza poetica nelle fattezze del drago Fafner, rappresentato come un enorme e terrificante scheletro mosso da alcuni attrezzisti, a esplicitare le forme umane dietro l'apparenza fantastica, ovvero il gigante fattosi mostro al fine di custodire il tesoro nibelungico. McVicar ha poi il merito di aver tradotto il comico, indubbiamente presente nella trama fiabesca, in un linguaggio spassoso ma non eccessivo. Mime, che all'eroico fanciullo ha fatto da padre e madre non per innata bontà, ma per un suo perfido disegno, si mostra in abiti femminili a esplicitare il proprio ruolo educativo. Il nano appare come una sorta di nevrotico clown, codardo e affetto da cronica piaggeria. La sua autentica natura emerge quando l'eroe, attinto al sangue del drago che permette di tradurre il linguaggio degli uccelli e di svelare i pensieri nascosti degli uomini, capisce le sue malevole intenzioni e, di conseguenza, lo uccide. Nel terzo atto, infine, McVicar aspira a una astrattezza “tristaniana”. I protagonisti del duetto conclusivo appaiono come esseri appena creati. Il risveglio di Brünnhilde, rischiarato da una luce aurorale, è un nuovo inizio. Il mondo degli Dei si avvia verso l'abisso, mentre una rinnovata umanità ne prenderà il posto. Siegfried e la Walkiria dipanano i lacci di un amore impossibile, che al suo primo apparire rifulge di trasparenze ultraterrene.

Merito di Alexander Soddy aver reso questo momento memorabile, tratteggiando sonorità di metafisico nitore, dalle quali la passione amorosa riverbera con poetica pregnanza. Nell'intero dramma il direttore britannico distilla con preziosa sensibilità e acume coloristico atmosfere oscure e misteriose, dispensando sciabolate melodiche negli abbandoni lirici, ottenendo dall'orchestra fraseggi di assoluta bellezza. Impressionante l'inizio del terzo atto, in grado di materializzare la forza della natura con tellurica evidenza. La sua lettura appare duttile, flessibile senza mai perdere di vista il filo della narrazione. Riguardo il cast Klaus Florian Vogt, a dispetto di un'improvvisa indisposizione annunciata a inizio recita, è un Siegfried ragguardevole. Se il ruolo di Siegmund in Die Walküre non gli era perfettamente congeniale, in quanto interamente giocato sulla solidità del registro centrale, nel personaggio del giovane eroe si giova di un timbro fresco e luminoso. Il fraseggio è morbido nell'idillio boschivo del secondo atto, quanto nelle effusioni amorose del terzo. Vogt si dimostra cantante intelligente, in grado di dosare le forze per giungere alla conclusione della recita senza cedimenti, appena un poco affaticato. Interpreti blasonati, ricordiamo Set Svanholm nel Ring scaligero del 1950, davano tutto nella forgiatura della spada, per poi giungere esausti al finale; forgiatura che, se non ha in questo caso la bronzea patinatura di interpreti di leggendaria tenuta come Hans Hopf, è resa da Vogt in maniera convincente e senza sforzo apparente. Anche Camilla Nylund, eccezion fatta per un vibrato eccessivo nella scena del risveglio, mostra una Brünnhilde vocalmente sicura, fragile e trepidante, totalmente umana. Michael Volle è straordinario nei panni del Wanderer, “spettrale simulacro” del Dio Wotan per usare un'espressione di Carl Dahlaus, ormai ridotto a semplice spettatore di un'azione che non riesce più a governare. Se in Die Walküre avevamo colto qualche segno di usura vocale, qui il cantante tedesco mostra tutta la forza di un timbro ancora brunito e pressoché intatto, unitamente a un fraseggio animato da innumerevoli sfumature espressive. Fatto ancor più eclatante, la presente recensione si riferisce all'ultima recita del ventuno giugno, alla quale Volle arriva senza segni di stanchezza. Wolfgang Ablinger-Sperrhacke è un Mime efficace e viscido, eccellente nella verve attoriale, vocalmente appena un poco sopra le righe in alcune esternazioni caricaturali. Christa Mayer è un'Erda ieratica, la cui timbrica profonda ben raffigura la dea onnisciente e avvolta in sonno perenne, inesorabile di fronte al disperato appello del declinante Wotan. Ossessionato dal desiderio di dominio fino a rasentare la follia l'Alberich di Ólafur Sigurdarson, a volte un poco forzato nelle sue deliranti esternazioni, profondo e terrifico il Fafner di Ain Anger. Una menzione merita infine l'uccellino del bosco di Francesca Aspromonte. Successo vivissimo in una sala quasi totalmente piena.

Riccardo Cenci

26/6/2025

La foto del servizio è di Brescia&Amisano.