Rossini e l'eterno femminino 
Ruota attorno al carattere dominante, audace e astuto di Isabella l'Italiana in Algeri, capolavoro comico del giovane Rossini, presentato al Teatro dell'Opera dopo ventidue anni di assenza. “Follia completa e organizzata” secondo il giudizio di Stendhal, il quale colse pienamente le peculiarità di un'opera totalmente surreale, giocata sui poli opposti del sensuale e del grottesco. Il carattere astratto dell'azione non scivola nell'inconsistente, grazie alla sconfinata energia che il compositore riesce a infondere nei personaggi. L'organizzazione perfetta di cui parla lo scrittore francese appare scompigliata da ventate di assoluta bizzarria, a comporre un quadro fra i più esilaranti nella produzione del pesarese. Ben venga dunque la riproposta di un titolo che, nonostante la sua presa sul pubblico, non è di frequente esecuzione, almeno sul palcoscenico del Costanzi. Per l'occasione si è scelto di riproporre la regia pensata da Maurizio Scaparro per il Massimo di Palermo, curata da Orlando Forioso. Tutto piuttosto lineare, evitando criticabili eccessi ma anche senza particolari voli pindarici. La sensazione è quella di una certa genericità, come se i gesti fossero demandati alla verve attoriale dei protagonisti, più che a un pensiero unitario.
Spettacolo esteticamente appagante, per le scene accattivanti di Emanuele Luzzati e per i sontuosi costumi di Santuzza Calì. Sesto Quatrini appare un poco spaesato nella Sinfonia iniziale, crescendo nel corso della recita. La sua direzione è apparsa limpida e misurata, priva però di quei guizzi e di quella fantasia richieste dalla fervida penna rossiniana. Riguardo il cast, Adolfo Corrado ha la presenza scenica ideale per Mustafà, unitamente al giusto peso vocale. Laura Verrecchia incarna un'Isabella autorevole e conscia dei propri mezzi, stilisticamente in linea con il dettato rossiniano. Le sta accanto l'amoroso di Antonio Mandrillo dal timbro anemico, dal fraseggio approssimativo e dagli acuti troppo pallidi per delineare un Lindoro convincente. Chi scrive ricorda ancora l'eccellente prova di Juan Diego Flórez nel 2003, di ben altro spessore. Vincenzo Taormina è un Taddeo spassoso, a proprio agio sia nel sillabato quanto nella declamazione. Bravissima Jessica Ricci nel ruolo di Elvira, la moglie ripudiata dall'annoiato Bey, vocalmente sempre a fuoco nei concertati e interpretativamente frizzante. Altrettanto convincente Maria Elena Pepi nei panni di Zulma e buono, infine, Alejo Alvarez Castillo nel ruolo breve ma significativo di Haly, un prodotto del “Progetto Fabbrica” che non ci stancheremo mai di lodare, così come le sue due colleghe appena citate. Teatro non gremito in occasione della recita dell'undici giugno, ma comunque piuttosto pieno, ed entusiasmo alle stelle. Riccardo Cenci
15/6/2025
La foto del servizio è di Fabrizio Sansoni-Opera di Roma.
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