RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Numi, pietà!

Enrico Stinchelli è, a quanto pare, una di quelle persone molto ma molto severe nei confronti del prossimo, ma estremamente accomodante quando si tratta della propria persona: dalle pagine del suo blog attacca, spesso con toni che sfiorano l'offesa (ad essere generosi), registi, cantanti, direttori d'orchestra, più o meno come fa con la sua trasmissione La Barcaccia, che gli ha dato una notorietà che ancor oggi continua a sfruttare. Stranamente però, quando si tratta di se stesso, lo Stinchelli non ha alcun imbarazzo a dipingere le sue produzioni come miracoli di regia, come geniali e quasi medianiche intuizioni delle reali intenzioni del librettista o del compositore, ma soprattutto non esita a servirsi di idee registiche già utilizzate da altri in tempi abbastanza recenti.

Ci riferiamo in particolare, visto che a differenza sua siamo in grado di citare fonti, nomi e date, alla regia dell'Aida andata in scena, nell'ambito della rassegna Taormina Opera Stars, il 20 agosto 2015 al Teatro Antico di Taormina. Tale regia, magnificata naturalmente come l'idea del secolo, vedeva la vicenda ambientata in un museo egizio, con tanto di guardiano notturno che entra in scena durante il preludio armato di lampadina tascabile, osservando non si sa bene cosa lungo il palcoscenico; seguiva poi l'apparizione di una strana deità, più o meno un Hermes psicopompo in gonnella, che risvegliava, o forse meglio sarebbe dire evocava, le larve di Radanes, Amneris, Aida e via via di tutti i personaggi del dramma. A parte il fatto che, avendo lo stesso abito, in tale deità si poteva benissimo riconoscere la tizia senza alcuna funzione ben definita già presente nel Nabucco del 16 agosto, tutta l'idea registica è stranamente corrispondente al Giulio Cesare in Egitto, andato in scena al Regio di Torino nel novembre del 2014, firmata dal francese Laurent Pelly, che l'aveva già presentata nel 2011 all'Opéra Garnier di Parigi. Anche qui c'erano guardiani notturni e personaggi egizi e romani che prendono vita in un museo; invitiamo i nostri lettori a consultare alla pagina lirica di Bellininews la recensione, corredata di fotografie, e firmata da uno dei nostri corrispondenti.

Detto ciò, passiamo tranquillamente ad esaminare in dettaglio la regia di Aida a firma Enrico Stinchelli: l'idea è di altri, ma l'evoluzione è tutta stinchelliana, nel senso che, fedele all'idea già seguita in Nabucco, ha caricato ancora una volta il palcoscenico di comparse inutili, raggiungendo l'acme nella celeberrima scena del trionfo. Qui, dopo aver fatto piazzare il Re, Radames, Amneris e Aida sulla stessa sopraelevazione escogitata per Nabucco, ha fatto irrompere sulla scena una marea di gente abbigliata da turista, che andava fotografando a più non posso e guardando con curiosità i protagonisti. Si sono visti tizi con zaini, altri con macchine fotografiche che ispezionavano comparse travestite da mummie bendate a metà, ragazze in minigonna, vestitini di cotone e jeans, scolaresche elementari in grande stato di eccitazione armate di quaderni che correvano come matti per il palcoscenico, una maestra che li rincorreva confusa e agitata; poi sono apparsi i portatori di flabelli, fra le cui gambe i bambini sono andati a cacciarsi giocando praticamente ad acchiappa-acchiappa. A questo punto buona parte del pubblico delle gradinate e della tribunetta non ne ha potuto più ed è esploso in una salva di fischi devastante, intercalati da parole che non abbiamo colto o che non vogliamo ripetere, ma il cui senso generale era assolutamente chiaro. Alla fine, inviperita, una signora della tribunetta ha urlato chiaramente: «Questa non è l'Aida, questa è una pagliacciata!».

Per dovere di cronaca riportiamo anche che a tale salva di fischi e improperi all'indirizzo di Stinchelli ha fatto eco una buona dose di applausi e «Bravo!» proveniente da vari settori ed in particolare dal parterre, ma il disastro ormai era fatto.

Dopo la scena del trionfo, della superfetazione museale non si è saputo più niente: la tizia-deità è scomparsa per riapparire timidamente solo nel finale, i bambini saranno andati a letto, i turisti da museo si sono volatilizzati. A questo punto è lecito chiedersi a cosa servisse tutto l'ambaradan precedente, visto che non è stato più riproposto e che l'azione scenica è proseguita tranquillamente nella maniera più canonica e tradizionale.

Segnaliamo ancora che Stinchelli dovrebbe cercare di seguire la partitura quando fa muovere i cantanti, visto che all'inizio dell'atto quarto Amneris si è ritrovata a cantare “Già i Sacerdoti adunansi arbitri del tuo fato” rivolta ad un Radames che ancora non era entrato in scena. Le stesse incongruenze le abbiamo notate parecchie volte nel corso della rappresentazioni, chiaro indice di mancanza di prove, di troppa libertà di movenze e di mimica lasciate ai cantanti, e insomma di una generale anarchia registica che completava un quadro assolutamente desolante.

Passiamo adesso all'orchestra, sempre quella del Taormina Opera Stars, sempre amplificata come i cantanti, sempre posta nella parte posteriore della scena, e diretta da Eddy de Nadai. Definirla amatoriale è dir poco: negli ensemble era riscontrabile la medesima confusione rilevata in Nabucco, oltre ad imprecisione negli attacchi, continua perdita dei cantanti, violini stridenti e legni e ottoni in pietoso stato di salute. Il culmine è stato raggiunto sempre nella scena del trionfo, dove le note sbagliate cadevano a grappoli, e dove le trombe egizie hanno degnamente coronato un'esecuzione di infimo livello. A tal proposito, va registrato che, mentre il pubblico usciva alla fine della rappresentazione, un signore si è fermato davanti al palcoscenico protestando con estrema vivacità ed è stato rintuzzato in maniera non precisamente urbana dallo staff di Stinchelli.

Per il coro, vale quanto già detto dell'orchestra: un canto slegato, spesso fuori tempo, talvolta traballante, specie nella parte a cappella del quarto atto, dove l'intonazione era spesso un vuoto ricordo.

Passiamo ai cantanti. È meglio non dir nulla di Roberto Di Candido, Mauro Buda, Ernesto Morillo e Antonio di Matteo, rispettivamente Radames, Amonasro, Rampis e il re, per spirito di cristiana carità. Unica nota positiva, nonostante gli sforzi congiunti di orchestra, coro e cantanti, sono state Alessandra Capici, Aida, e Mirella Leone, Amneris. La prima ha interpretato il ruolo con estrema eleganza di fraseggio, evidenziando buona tecnica, sicurezza e precisione nei passaggi di registro, una voce lunga e di buon timbro (ma ci auguriamo di sentirla senza amplificazione), trovando accenti lirici di grande intensità in Ritorna Vincitor e nella scena finale. Mirella Leone si è rivelata un mezzosoprano dal timbro pieno, con una zona media di notevole rilievo: anche lei ha mostrato eleganza di fraseggio e buona copertura negli acuti, e speriamo di risentirla in altro contesto, e soprattutto senza amplificazione, onde ben valutare senza trucchetti stereofonici.

Alla fine, il pubblico ha applaudito i cantanti, ma ha continuato a riservare vigorosi fischi e proteste veementi alla direzione di Eddy De Nadai e alla regia di Enrico Stinchelli: quest'ultimo ha ritenuto opportuno non uscire sulla scena per ringraziare, ma riteniamo soprattutto per non affrontare un pubblico che per sua sfortuna si è rivelato molto più competente del previsto.

Giuliana Cutore

21/8/2015