RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Aida

all'Arena di Verona

La seconda opera al Festival all'Arena di Verona, come di consueto, è stata Aida di Giuseppe Verdi, nello storico allestimento con la regia di Gianfranco De Bosio e le scene ricavate dai bozzetti originali del 1913 di Ettore Fagiuoli. Su quest' Aida non mi pare ci sia molto da aggiungere a tutti gli elogi che giustamente ha raccolto fin dalla sua proposta nel lontano 1982. È un'Aida “classica” nel termine nobile della parola, che emoziona ancor oggi. Pochissimi i cambiamenti apportati da una regia ancora godibile e appropriata come si potrebbero immaginare nell'onirico pensiero di un mondo egiziano romanzato. Puntuale nei momenti d'assieme quest'allestimento di Aida merita un plauso incondizionato per l'aspetto di magnificenza che rappresenta in stile con gli spettacoli areniani di tempi addietro. La versatilità del cambio scena poggiato sulla mobilità di otto colonne è ancora funzionale e di grande effetto visivo. L'idea registica di utilizzare le spoglie gradinate con numerosissime comparse è frutto d'ingegno cui si deve la realizzazione a De Bosio, il quale supera brillantemente il duplice clima intimistico e spettacolare che compone l'opera. Tuttavia, sono la linearità e l'eleganza a colpire di questa messa in scena che resta tra le migliori e più gradite al pubblico e mi permetto di aggiungere anche alla critica. Unico neo è la realizzazione teatrale con tre lunghi intervalli, i quali potrebbero essere ridotti in un'unica interruzione magari adottando tecniche oggi più moderne. Ancora una volta porgiamo un plauso alle belle coreografie di Susanna Egri, ben realizzate dal Corpo di Ballo (purtroppo in dismissione) dell'Arena.

Il versante musicale si è invece assestato su una classica routine un po' troppo sotto le righe e gli standard che la Fondazione Arena meriterebbe. La bacchetta di Julian Kovatchev non brillava per particolare dinamismo ma si accomodava in una banale, sovente lenta e slegata concertazione poco indicativa e senza fraseggio. L'orchestra eseguiva da par suo con consolidata esperienza la partitura, ma istruita da tale bacchetta non dava il meglio, e proprio in questo titolo sappiamo che è capace di molto meglio. Il coro diretto da Vito Lombardi ha dimostrato buona professionalità, anche se è doveroso rilevare che nelle grandi pagine d'assieme del II atto si sono riscontrate alcune sfasature ma come predetto molto influenzate dalla direzione.

L'unico cantante del cast che ha meritato un plauso incondizionato è stata la protagonista Hui He, la quale dimostrato ancora una volta ottima aderenza al ruolo, realizzato con voce bella, piena, uguale nei registri e un apprezzabile utilizzo delle mezzevoci. Evita, saggiamente, la puntatura del terzo atto, ma è piccola cosa a fronte di un canto pregevolissimo e di gran classe.

Walter Fraccaro canta il suo Radames guerriero e impostato sulla potenza vocale, la quale non manca ma non è affiancata da un'eguale dinamica variegata nei colori e nel fraseggio. Tuttavia, il tenore è sicuro e preciso e nel presente una garanzia, al quale non è possibile chiedere finezze ricercate.

Ildiko Komlosi, Amneris, segna chiaramente il passo alla lunga carriera e ormai le sue esibizioni possono essere classificate sulla difensiva utilizzando marcatamente suoni di petto eccessivi, riscontrando sovente problemi d'intonazione. Resta inalterata l'aderenza interpretativa al ruolo e una certa enfasi drammatica che il personaggio richiede, ma è cosa molto limitata.

Buona la prova di Ambrogio Maestri, Amonasro, il quale ha sfoggiato la consueta potenza vocale ma non equilibrando una scansione di ricercato fraseggio. I due bassi, Rafal Siweke e Carlo Cigni, disegnavano con professionalità rispettivamente Ramfis e il Re, anche se avrei preferito uno scambio di ruoli, essendo Cigni maggiormente forbito nel canto. Professionali il messaggero di Francesco Pittari e la sacerdotessa di Alice Marini.

Applausi convinti al termine.

Lukas Franceschini

24/7/2016

Le foto del servizio sono dello Studio Ennevi – Arena di Verona.