RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Concerto in onore di Sant'Agata

al Teatro Bellini di Catania

Non è compito nostro né ci vogliamo sobbarcare in un'inopportuna disquisizione sulla filosofia della forma musicale, specialmente se essa è concepita come religiosa e pertanto lontana da ogni implicazione mondana e profana. Ancora di più perché ai tempi nostri ogni collocazione o cristallizzazione dei generi sacri in termini fissi come Oratorio, Cantata, Salmo, Inno sembra oramai obsoleta e comunque inadatta a circoscriverne struttura, forma, fisionomia e quant'altro. Certo è che il Ritratto musicale in dieci stanze per soprano, voce recitante, coro e orchestra Lucenti Aita, presentato giovedì 1 febbraio al Teatro Massimo Bellini di Catania in prima esecuzione assoluta, si fregiava del termine alquanto ondivago e poco definitorio di Concerto in onore di Sant'Agata.

Il testo, tratto da un soggetto di Ezio Donato e Armando Lazzaroni, è stato poeticizzato ed elaborato proprio da quest'ultimo che fin dall'inizio, con il Preludio Arcano, ci propone un coro di versi senari a rime baciate: «Atomi distratti,/amori distrutti,/speranze ambite,/anime tradite,/menti vibranti,/angeli viventi,/folle di mani,/desideri arcani,/minuscole scintille/galassie tranquille./Aneliti futuri/tutto è puro per i puri/» che ci ricorda alla lontana un incedere simile a quello dell'introduzione del Mefistofele di Arrigo Boito dove il coro dei Cherubini recita: «Siam nimbi – volanti – dai limbi, /Nei santi – splendori – vaganti, /Siam cori – di bimbi – d'amori./Siam nimbi – volanti – dai limbi,/nei santi…». A questo inizio segue una Voce recitante, cioè la voce del narratore che come in una Sacra Rappresentazione o in un vero e proprio Oratorio espone il ductus dell'azione, alternandolo con l'intervento dei cori (maschili e femminili) e della Santa: il proconsole romano Quinziano a Catania ordina di perseguitare tutti i Cristiani e di confiscare i loro beni qualora non rinuncino alla propria fede. Quinziano fra i perseguitati Cristiani nota la nobile e bellissima giovinetta Agata della quale si invaghisce, ma lei lo respinge sdegnosamente senza curarsi delle conseguenze e consacrando la sua purezza al Signore. Il proconsole la fa imprigionare e la fa torturare fino alla morte facendole strappare i seni. Ma egli non godrà a lungo del suo delitto perché fuggendo dalla folla rabbiosa a causa della sua ferocia verrà disarcionato dal suo cavallo e finirà fra le acque del fiume Simeto dove morirà annegato.

Le parole affidate a Sant'Agata, per quanto piene di pathos mistico e religioso, si rivelavano abbastanza usuali e certamente ascrivibili ai testi delle Vite dei Santi di carattere pedagogico, didascalico e dottrinale, senza evidenziare colpi d'ala verso uno ieratico e superiore ascetismo. Inoltre il soprano Beatrice Binda si avvaleva di uno Sprechgesang, o se si vuole essere più precisi di una Sprechstimme molto vicina a quella del Musical, certo non adatta a un personaggio religioso.

La musica di Mario Garuti, con passi, incisi, frasi e sezioni melodiche ripetuti ossessivamente fino allo sfaldamento ed alla disgregazione sonora, risultava incongruente, talvolta perfino noiosa, e poco consona a un testo di carattere religioso e sicuramente non profano.

Ezio Donato ha reso bene come voce recitante, mentre la sua regìa ci è parsa poco incisiva e alquanto di routine: restavano inutili a parer nostro le reiterate e ingessate proiezioni, su un telone posto nel boccascena, del busto di Sant'Agata, che annualmente viene portato in processione per tutta la città sul fercolo dai devoti. Il maestro Gennaro Cappabianca ha cercato al meglio di gestire l'Orchestra e il Coro del nostro teatro, costretti entrambi a confrontarsi con un prodotto artistico di insicura e vaga concezione e realizzazione, anche perché mirato furbescamente a una captatio benevolentiae nei confronti del pubblico etneo, specie per gli inserti in dialetto, certo poco congruenti alla generale patina desueta del testo poetico e a un'epoca in cui si parlava ancora latino.

Giovanni Pasqualino

2/2/2018

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.