Alceste
per la prima volta alla Fenice
Per la prima volta nel corso della sua lunga storia artistica il Teatro La Fenice mette in cartellone il capolavoro di Willibald Christopher Gluck Alceste, scegliendo di rappresentare la prima versione denominata “di Vienna 1767” in lingua italiana.
Alceste fu la seconda opera della cosiddetta riforma gluckiana dopo Orfeo ed Euridice, in seguito il compositore rimaneggiò la partitura per Parigi (1776) in una versione più breve su libretto di Le Bailly du Roullet. È il caso di ricordare brevemente i punti della “riforma” che costituiscono il manifesto sulla riforma del teatro settecentesco che influenzarono in parte tutte le composizioni successive: nessuna aria con il da capo, niente improvvisazione e virtuosismo vocale, pochissime ripetizioni testuali anche nelle arie, attenuazione dello stacco tra recitativo ed aria limitando i recitativi, esercitare prevalentemente una semplicità melodica, nella sinfonia non si anticipano temi insiti nell'opera, infine il coro assume importanza maggiore rifacendosi al “coro greco”. Altra particolarità di Alceste è che non è presente nessuna parte per castrato, anche se Gluck utilizzerà in seguito questo tipo di voce.
Con la riforma e propriamente con Alceste, Gluck raggiunge risultati drammatici e musicali di estremo spessore, sviscerando un'appropriata penetrazione nei sentimenti umani e sviluppando una classica solennità, mentre l'intensa meditazione si rivela nelle pagine corali. Significative sono le parti riservate alla protagonista dell'opera, i suoi lamenti e la sua disperazione sono ricchi di effetti, liberati musicalmente in un canto anticonvenzionale e declamato.
Pier Luigi Pizzi allestisce una nuova Alceste di tutto punto per Venezia, ma credo che nel corso della sua lunghissima carriera sia almeno la terza volta. Lo spettacolo è un classico nello stile del regista-scenografo milanese, il quale come di consueto disegna anche i costumi. Si apprezza la sobrietà delle scene in stile neoclassico, con cambi rapidi utilizzando due pannelli scorrevoli che muovendosi aprono alla visione di statue di rarefatta bellezza ed un intrigante bosco degli dei infernali. Altrettanto stilizzati in bianco e nero i costumi, sempre nella cornice di classicismo e di un'estetica teatrale di prim'ordine che contraddistingue la mano pizziana. Quello che manca invece dal punto di vista registico è un incisivo taglio drammatico della vicenda, in particolare sulla contrastata e appassionante vicenda di Alceste. I personaggi sono quasi sempre fermi in sorta di tableau vivant, perfettamente estetico, ma poco incisivo. Del tutto banale che Alceste si distenda sul letto del marito guarito quando dovrebbe essere portata negli inferi, e anche la non discesa di Apollo quando invece i protagonisti volgono lo sguardo in alto senza che nulla accada.
L'orchestra della Fenice era guidata dal valente Guillaume Tuorniaire, direttore più attento all'impulso drammatico e ad un vigoroso tessuto musicale nervoso a scapito delle delicate sfaccettature poetiche ed intimistiche. Il direttore tuttavia ha portato in porto la difficile operazione con polso fermo e guidando un'orchestra attenta ed abbastanza precisa, con un cast certamente non di rango. Ottima la prova del coro diretto da Claudio Marino Moretti.
Carmela Remigio affrontava l'eroina di Euripide con grande professionalità e una tenace forza d'animo interpretativa, i quali vanno entrambi lodati. È il ruolo che ritengo oltre il limite dei suoi mezzi, per un canto attento ma del tutto estraneo al colore vocale, all'accento drammatico, allo slancio emotivo.
Del tutto insufficiente l'Admeto di Marlin Miller per un canto stentoreo, lacunoso nel volume e nello stile. Molto brava Zuzana Markova, Ismene, soprano soave e finemente interpretativo, Giorgio Misseri, pur con un timbro non rifinito non sfigura nel ruolo di Evandro. I solisti dei Piccoli cantori Veneziani erano i figli della coppia reale: Ludovico Furlani e Anita Teodoro, precisi nel loro compito. Completavano con professionalità la locandina Armando Gabba (banditore e Oracolo) e Vincenzo Nizzardo (Gran Sacerdote e Apollo).
Al termine grandi applausi per tutti.
Lukas Franceschini
11/4/2015
La foto del servizio è di Michele Crosera.
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