RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La forza del destino

al Festival Verdi di Parma

 

Invitato a scrivere la musica per un melodramma da rappresentarsi al teatro Imperiale di Pietroburgo in occasione dei festeggiamenti per i mille anni di fondazione dello stato autocratico russo, Verdi scelse e si appassionò al dramma spagnolo Don Alvaro o la fuerza del sino di Angel de Saavedra duca di Rivas, buon letterato e già ambasciatore spagnolo alla corte di Napoli. L'opera era stata già conosciuta in Italia grazie ad una traduzione del 1850 e venne scelta dal compositore per i suoi colpi di scena e per la varietà di eventi drammatici ai quali venivano alternati momenti pittoreschi, comici e popolari.

La prima rappresentazione assoluta, realizzata su libretto di Francesco Maria Piave, ebbe luogo il 10 novembre 1862 a Pietroburgo con grandissimo successo, mentre il primo debutto in Italia avvenne a Roma al teatro Apollo il 7 febbraio 1863. Di fatto l'opera può considerarsi un dramma “a situazioni” ma foggiato come un grand-opéra. Il bussetano in seguito volle realizzarne una seconda versione per la quale si avvalse del rifacimento del libretto a cura di Antonio Ghislanzoni, apportando anche varie modifiche, aggiungendo una Sinfonia (che sostituì il breve preludio) e rifacendo il finale dell'opera, nel quale Don Alvaro non si suicida più ma sopravvive alla morte di Leonora. Tale seconda versione debuttò anch'essa con successo alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869. Ed è proprio quest'ultima redazione che è stata riproposta al Festival Verdi 2022 nell'accurata revisione critica dei validissimi musicologi Philipp Gosset e William Holmes, curata da The University of Chicago Press, Chicago e Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano.

Così domenica 16 ottobre abbiamo assistito al nuovo allestimento curato dal Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Massimo di Palermo e l'Opéra Orchestre National Montpellier Occitaine. La regia di Yannis Kokkos si è rivelata quanto mai fedele al libretto (a proposito di filologia) semplice ma nel contempo efficace, proprio perché permetteva con la sua netta linearità l'espansione lirica della musica in uno spazio-tempo alquanto incorporeo e poco raffigurativo. Pertanto, a nostro avviso, riusciva nell'arduo compito di connettere in un flusso continuo il golfo mistico con il palcoscenico. Kossos infine ha anche curato scene e costumi che si amalgamavano in modo fluido ed efficace all'insieme della rappresentazione.

Gregory Kunde (Don Alvaro) ha cantato esibendo uno squillo tenorile svettante e lucente nonché la sua solita caratteristica prestanza scenica e la singolare tempra di mimica e gestualità che gli conosciamo. Le arie da lui interpretate sono state applaudite a scena aperta. Il soprano Ludmylla Monastryrska (Donna Leonora) ha messo in campo una voce lunga, molto espressiva e dalla dinamica articolata e ben veicolata, l'artista ucraina è riuscita a ben esprimere la personalità del suo angosciato e tormentato personaggio. Il baritono Amartuvshin Enkhbat (Don Carlo di Vargas), che abbiamo già avuto modo di ascoltare in varie occasioni, ha esibito una coesione vocale morbida e suadente oltre che un fraseggio ampio, corretto e ben dosato. Il basso Marko Mimica (Padre guardiano) dava personalità e spessore al suo personaggio con una voce bronzea, ben timbrata e dai centri nitidi e rifiniti. Il baritono Roberto De Candia (Fra Melitone) riusciva ad infondere spigliatezza e spontaneità sia vocale che interpretativa al suo personaggio: il burbero benefico sempre però lagnoso e brontolone. Annalisa Stroppa (Preziosilla) si rivelava vocalmente agile, brillante, piena di vivacità e freschezza. Il cast veniva completato in modo adeguato da Marco Spotti (Marchese di Calatrava), Andrea Giovannini (Mastro Trabuco), Natalia Gavrilan (Curra), Jacobo Ochoa (Un alcade), Andrea Pellegrini (Un chirurgo).

L'orchestra, guidata in modo attento e accurato dal maestro Roberto Abbado, si è dimostrata efficace, molto equilibrata e soprattutto ha saputo ben calibrare le sonorità che mai hanno sovrastato o prevaricato su quelle dei cantanti. Anche il coro del teatro Regio di Parma preordinato in modo diligente da Gea Garatti Ansini ha svolto il suo compito con misura e scrupolosa attenzione. Le luci di Giuseppe di Iorio si sono rivelate quanto mai funzionali e adeguate all'intero spettacolo. Da segnalare anche l'estroso allestimento dei movimenti coreografici curati da Marta Bevilacqua.

Giovanni Pasqualino

20/10/2022

Le foto del servizio sono di Roberto Ricci.