RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Francesca da Rimini a Francoforte

ovvero Mercadante in Germania

La misericordia evangelica del perdono all'adultera (Giovanni 8, 1-11) non sfiora l'inflessibile Dante nel Canto quinto dell'Inferno, malgrado il “farisaico” rimpianto, senonché quella sua inappellabile condanna alla pena eterna di Francesca con l'amante Paolo resta puramente poetica. La vicenda storica piuttosto sfuggente, della quale il poeta fiorentino può avere avuto una conoscenza diretta nei luoghi stessi dell'accaduto, ha poi ispirato le arti fino ai nostri giorni, in particolare la pittura, l'iconografia e la musica. All'inizio dell'800 la tragedia Francesca da Rimini di Silvio Pellico (Novara 1818) e l'omonima di Bernardo Bellini (Cremona 1820) furono la fonte di un libretto di Felice Romani, che in varie versioni, con contributi altrui, venne musicato da una diecina di compositori, ai quali si sarebbero aggiunti parecchi altri su libretti diversi, fino ai novecenteschi Sergei Rachmaninoff (Mosca 1906) e Riccardo Zandonai (Torino 1914), in quest'ultimo caso su un testo di Gabriele D'Annunzio. Restando in musica, vale la pena di ricordare la fantasia per orchestra di Tchaikovsky (1876) e l'aria da camera ‘Amor che a nullo amato… ‘ di Donizetti (1843).

Una versione del libretto di Romani servì nel 1830-31 a Saverio Mercadante per la sua Francesca da Rimini , che, composta a Madrid, non riuscì per una serie di imprevedibili traversie a essere rappresentata nella capitale spagnola né successivamente a Milano. Per il suo battesimo postumo ha dovuto attendere il 2016, quando l'ha sottratta al silenzio il Festival della Valle d'Itria di Martina Franca, avvalendosi della revisione della partitura realizzata da Elisabetta Pasquini. Questa prima ammirevole edizione ha provvidenzialmente lasciato le proprie tracce in un CD ed in un DVD, tuttora disponibili. Da allora l'eroina mercadantiana è riapparsa al Festival di Tokyo (2019), a Tenerife (2021) ed a Erl (Austria) nel 2022, migrando da qui nel febbraio 2023 all'Opera di Francoforte sul Meno. Lo scrivente riferisce sulla penultima rappresentazione ivi.

Sulla soglia dei fatidici anni Trenta Mercadante non sconfessa Rossini, ché - lo riconoscerà pure a denti stretti Pacini - come si faceva a quell'epoca a non essere rossiniani? Ma l'impronta di Gioachino è piuttosto spolvero, che non sorprende del resto nei coevi Bolena e Capuleti, laddove il buon Saverio sembra qua e là più belliniano dell'originale. Mercadante, che nei primi dodici anni di carriera ha composto una trentina di melodrammi, ha già le idee chiare, come dimostra andando avanti con Zaira (applaudita da Donizetti), I Normanni a Parigi e Ismalia. La sua Francesca respira un belcanto drammatico, che non si accontenta di sfoggiare maliose melodie fatte proprie di volta in volta dai personaggi e dalle situazioni. Valga per tutte la stupenda aria col corno inglese della protagonista nel 2° atto. Anche i cori sono trattati generosamente, in particolare quello di atmosfera notturna sombre, a metà del secondo atto, che volge al tragico epilogo. La cangiante, scaltrita strumentazione mostra quanto stia a cuore al compositore la ricerca delle tinte appropriate (vi è un impiego non marginale dell'arpa e la seduzione dei corni).

La scenografia di Johannes Leiacker mostra grandi pannelli spogli, ora bianchi ora grigi, che, nello schiudersi, svelano il finestrone gotico sull'abside di una chiesa in rovina sotto la neve, ai cui piedi tre ballerini replicano rispettivamente, mimandoli in una proiezione onirica, i tre personaggi principali: Francesca, Paolo, Lanciotto. Sul davanti della scena a destra un letto su cui Francesca, che respinge il consorte, giace o si agita per tutto il primo atto, a sinistra emerge uno spuntone di roccia su cui si incontreranno gli amanti Paolo e Francesca. Nel secondo atto non rimane del letto che la nuda struttura portante dopo che nel finale primo Lanciotto, scoperta la passione tra il proprio fratello e Francesca, ne ha asportato in preda a incontenibile furore ogni arredo. La regia di Hans Walter Richter, che nell'insieme schiva abilmente ogni rischio di staticità dell'azione, imprime al coro un continuo movimento sulla scena con bel contrasto di tinte pastello nei costumi primottocenteschi di uomini e donne concepiti da Raphaela Rose. Suggestiva l'immagine all'inizio dei guerrieri reduci da una battaglia vinta, che si precipitano a riabbracciare le spose o fidanzate. Variamente messi in evidenza nei rispettivi personaggi, l'irrequieta e fremente Francesca del soprano Anna Nekhames (subentrata a Jessica Pratt ma reduce da Erl), puntualmente vibrante o sommessa, vittima e protagonista, e il perennemente agitato e frustrato Lanciotto del tenore Theo Lebow, che tiene in buona parte a freno la sua veemenza senza tradire il belcanto, come nell'aria di sortita. Astuta mi è parsa la soluzione di fargli seguire non visto, accovacciato ai piedi del letto vuoto, il lungo dialogo dei due amanti che prelude al finale ultimo. Elegante en travesti il mezzo soprano Kelsey Lauritano, quale Paolo, in possesso di squisite morbidezze nel registro grave. Completano il cast più che onorevolmente il baritono Erik van Heyningen (Guido, padre di Francesca), sobrio e autorevole, il soprano Karolina Bengtsson (Isaura, confidente indispensabile di Francesca) ed il tenore Jonathan Abernethy (Guelfo, fido di Lanciotto). Si aggiungono i tre ballerini: Annalisa Piccolo, Gabriel Wanka e Bernardo Ribeiro. Bene impegnato e puntuale il Coro misto della Casa diretto da Tilman Michael mentre le luci, opportunamente gestite, erano affidate a Jan Hartmann.

Ha diretto lo spagnolo Ramón Tebar, attento a far tradurre nei suoni dall'agguerrita Orchestra dell'Opera di Francoforte, tutta la passione nonché tutta la dolcezza della lussureggiante partitura mercadantiana.

Opera Rara ha appena messo in circolazione il cofanetto CD del Proscritto di Mercadante, della cui esecuzione oratoriale al Barbican Centre di Londra riferii su queste pagine l'anno scorso. Quel vasto Barbican era pieno zeppo quanto adesso l'ancor più vasto Teatro dell'Opera di Francoforte. In Italia quale teatro, sia pure di modeste dimensioni, si potrebbe riempire con Mercadante in locandina? Tacita e persuasiva giustificazione del boicottaggio dell'Altamurano dalle Alpi in giù?

Fulvio Stefano Lo Presti

18/4/2023

La foto del servizio è di Barbara Aumüller.