Attila
al Teatro Comunale di Bologna
Anche il Teatro Comunale di Bologna per l'inaugurazione della stagione sceglie un titolo verdiano dei cosiddetti “anni di galera”: Attila . Ottavo titolo operistico del catalogo ebbe il suo battesimo alla Fenice di Venezia il 17 marzo 1847, non possiamo considerarla tra i lavori più riusciti, tuttavia sempre gradita al pubblico. Nonostante l'entusiasmo del compositore per il libretto e la presenza in partitura di alcune ottime pagine e melodie efficaci possiamo ritenerlo un altro passo nella formazione compositiva che maturerà di lì a poco. L'opera si articola notevolmente al racconto teatrale ed emerge l'uso fantasioso dell'utilizzo dell'orchestra. Tra i personaggi solo il protagonista e Odabella trovano una dimensione precisa drammaturgica anche se non sempre omogenea. Ezio e Foresto sono personaggi insipidi, pur avendo a disposizione arie rilevanti, il finale dell'opera è poi deludente ma preceduto da un grande terzetto che vale tutta l'opera: “Te sol quest'anima”. L'opera mancava dal palcoscenico bolognese da ben diciassette anni e per quest'occasione abbiamo avuto un nuovo allestimento, affidato al duo Daniele Abbado-Gianni Carluccio, in coproduzione con Venezia e Palermo.
Non possiamo affermare che questa produzione ci abbia entusiasmato ma non ha neppure sconfinato nell'assurdo, si è limitata a una banale narrazione senza nervo. In scena poco movimento e personaggi non particolarmente calibrati, soprattutto Attila che avrebbe meritato più spessore. Affiancare tableau d'arte contemporanea in questa vicenda non mi è parsa né idea molto originale né pertinente, oltre a svariate citazioni di stili registici del passato, e il protagonista legato con funi calate dall'alto nel finale è completamente assurda. Insomma tutto scorre velocemente senza lasciare traccia indicativa cui contribuisce la scena spoglia e troppo grigia di Gianni Carlucci, i costumi senza uno stile ben preciso di Daniela Cernigliaro si ascrivono ai commenti precedenti, talvolta anche bruttini e senza stile con miscela di modernità in mimetica e giacche ottocentesche per Ezio.
La parte migliore è solo musicale. Michele Mariotti conferma le sue ottime capacità equilibrando un'orchestra ruspante e focalizzando un ritmo battagliero di grande enfasi e felice intuizione. Non mancano, a fianco dei tempi sostenuti, i raffinati momenti elegiaci ammirevolmente eseguiti con dolcezza e grande respiro orchestrale. Magari non sempre abbiamo trovato unità d'intenti ed equilibrio bilanciato ma sicuramente la prova è più che positiva.
Ildebrando D'Arcangelo, che debuttava nel ruolo, non poteva offrici un personaggio guerriero e truce considerate le sue origini belcantistiche, anzi forse è il limite odierno cui possa affrontare un personaggio verdiano. Ma il cantante è un raffinato fraseggiatore e dal nobile d'accento, sviluppa la sua lettura scavando più sul lato umano del ruolo che su quello guerriero. Anche se a tratti monocorde colpisce la linea di canto uniforme e la sapiente capacità espressiva della parola.
Maria José Siri è cantante di grande temperamento e questo è il suo punto di forza nell'affrontare un'Odabella di forte temperamento che mai si trova in difficoltà. Guerriera piuttosto che donna, ha le sue ammende nel settore grave non sempre uniforme e in un acuto sovente tirato, ma conosce e sa cantare questo Verdi ruvido e particolarmente verace con un mordente interpretativo di spessore.
Fabio Sartori conferma le sue ottime professionalità canore affrontando il ruolo di Foresto con un piglio espressivo molto maggiore rispetto a sue recenti esibizioni. Il tenore è assolutamente sicuro e in ogni registro si conquista un personale successo meritatissimo. Ottima la prova del giovane basso Antonio Di Matteo, un Leone di possente voce caratterizzata da una pastosità di prezioso smalto, non possiamo non pensare che tra qualche anno passerà al ruolo protagonista. Sui generis l'Uldino di Gianluca Floris.
Molto bene la performance del coro preparato da Andra Faidutti.
Ho lasciato per ultimo Simone Piazzola, il quale purtroppo si fatto annunciare indisposto all'inizio dello spettacolo e dopo la sua grande aria del II atto ha dovuto abbandonare la produzione per un aggravarsi della patologia (sbalzo di pressione) e lo spettacolo è stato terminato senza la presenza di altro artista. Auguriamo al giovane baritono una veloce e felice guarigione e ci esentiamo, doverosamente, dalla valutazione. Resta indubbio che egli, come già scritto in altre occasioni sia una delle giovani voci più attendibili del momento e pertanto lo aspettiamo in spettacoli futuri. Non posso tuttavia non evidenziare che è assurdo che non si potesse convocare in teatro il previsto secondo baritono considerate le non felici condizioni di Piazzola sin dall'inizio dello spettacolo. Non conosco il motivo per tale lacuna.
Al termine un trionfale successo per tutta la compagnia.
Lukas Franceschini
13/2/2016
Le foto del servizio sono di Rocco Casaluci.
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