Il balletto di Natale al Bellini
Lo Schiaccianoci
In un teatro scintillante di addobbi e luci, dove finalmente il Natale è tornato a prendere il sopravvento, gioioso e smagliante come non lo si vedeva da tempo, nonostante i goffi tentativi delle virostar ancora in cerca disperata di un ghiotta visibilità mediatica, ma che nessuno, tranne pochi ipocondriaci, sembra fortunatamente prendere più in considerazione, tale è la voglia di socialità e di tornare a vivere, il Bellini di Catania ha accolto il 17 dicembre il suo pubblico con un gigantesco Schiaccianoci che troneggiava nell'atrio, simbolo eponimo del più amato dei balletti russi, il balletto di Natale per eccellenza: Lo Schiaccianoci, di Pëtr Il'ic Cajkovskij, compositore sempre ben saldo nei teatri lirici nonostante i goffi e inconcludenti tentativi di certa opinione pubblica e culturale che avrebbe preteso, all'indomani delle ostilità in Ucraina, di decretare l'embargo non solo alla Russia, ma anche a tutti i doni musicali e culturali che questa sfortunata nazione ha elargito al mondo intero.
Dopo la consueta e dotta introduzione allo spettacolo a cura di Giuseppe Montemagno e Caterina Rita Andò, il sipario si è aperto su una luminosa scena, dominata da uno snello albero di Natale, fortunatamente non convenzionale ma stilizzato con eleganza da design, e il Balletto di Milano ha dato vita a uno Schiaccianoci vivace ma non rutilante, dove la spensieratezza di una festa di Natale era vieppiù sottolineata dai bei costumi, in stile anni '20, della Sartoria Teatrale Bianchi, che con i loro colori pastello e le piume luminose sulle teste femminili davano l'idea di una soirée d'antan, di un'allegra dimensione onirica, alla quale ha fatto eco il sogno vero e proprio, il cui inizio è segnato dal Valzer dei fiocchi di neve, dove un gioco di luci che imitava una tranquilla nevicata punteggiava un paesaggio invernale che avrebbe fatto da sfondo a tutto il secondo atto, quasi a sottolineare il mondo che si schiude agli occhi dell'addormentata Clara, guidata da Drosselmeyer nel reame della Fata Confetto.
Il Balletto di Milano, diretto da Carlo Pesta, compagine giovane ma tecnicamente ben agguerrita e dove hanno spiccato Alessandro Orlando, sul palcoscenico nel ruolo del padrino-mago Drosselmeyer e autore insieme a Agnese Omodei Salè della ripresa coreografica della pièce, diretta da Federico Veratti, e Annarita Maestri, affascinante e magistrale Fata Confetto, ha dato vita a uno spettacolo di ottimo livello, che ha strappato più e più volte entusiastici applausi a scena aperta da parte del folto pubblico intervenuto. Suggestive e molto azzeccate, come già detto, le scene di Marco Pesta, che è riuscito a offrire uno Schiaccianoci solare e scanzonato, dove anche l'incubo del Re dei Topi trascorreva quasi come un interludio di oscurità, un black-out momentaneo dopo il quale la gioia tornava a fluire.
L'orchestra del teatro Bellini, guidata dal maestro Gianmario Cavallaro, direttore musicale stabile del Balletto di Milano, ha mostrato ancora una volta la sicura ripresa che abbiamo già avuto modo di notare in precedenti rappresentazioni: puntuale e precisa, è riuscita a mantenere il giusto equilibrio delle sonorità, senza mai tracimare, ma anzi trovando momenti di autentica magia come nella Danza Araba del Caffè, eseguita con grande eleganza musicale che completava quella dei due danzatori Alessia Sasso e Davide Mercoledisanto, sensualmente sinuosi nei loro costumi madreperlacei, e nell'Andante Maestoso del grande pas de deux, dove tutta la malinconia russa è sembrata emergere prepotente dalle note di Cajkovskij.
Repliche fino al 22 dicembre.
Giuliana Cutore
18/12/2022
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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