Il Barbiere di Siviglia al Teatro della Duchessa
Chissà come sarà questo Barbiere? Chiedo a me stesso man mano che mi avvicino al Palazzo della Villa della Duchessa di Galliera di Voltri (Genova) dentro il quale s'innesta il Teatro settecentesco, recentemente restaurato.L'unico rimasto ancora attivo, della grande tradizione genovese (e uno dei pochi in Italia).
Il teatro, creato per la “ricreazione famigliare”, e costruito nel 1786 per volere di Anna Pieri (1765 – 1815), senese, andata in sposa ad Anton Giulio Brignole-Sale (1764 – 1802), si caratterizzò immediatamente quale veicolo per numerose rappresentazioni operistiche realizzate dai talentuosi ospiti dei Brignole-Sale. Da Le gelosie villane di Giuseppe Sarti (1786: «Frammezzato il detto dramma da diverse Farse in lingua Francese, italiana e Genovese, il tutto rappresentato da signori Dilettanti» ); al Convito di Domenico Cimarosa. Tra i cantanti di quella edizione (1782) troviamo i due padroni di casa, Anton Giulio Brignole-Sale e la stessa Anna Pieri. Nel 1788 vengono rappresentati due drammi giocosi con poesia di Pietro Calvi: L'isola dei portenti, messo in musica di Gaetano Isola e Il nuovo Don Chisciotte, musicato da Francesco Bianchi, cremonese. Quest'ultima opera fu commissionata appositamente da Anton Giulio per essere rappresentata in questo teatro e “apparecchiata” per la sua voce e per quella dei suoi amici.
In questo “Teatro in villa”, gioiello di architettura e sapienza acustica è stato rappresentato, il 10 luglio alle ore 21,15 il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, in edizione completa (con i tagli tradizionali), in una versione per piccola orchestra. Una versione sobria, con scenografie essenziali e interpreti giovani e giovanissimi (Don Basilio, alias Ezio Bertola a parte). Una versione a costo zero (e forse rimettendoci).
Il Conte (il giovanissimo tenore Spero Bongialatti) ha voce limpida e squillo sicuro. Tornitore impareggiabile di alcuni falsetti che, oltre a sottolineare la sua bravura, hanno fatto risaltare la macchina acustica del teatro nel suo avvincente “Ecco ridente in cielo”. Figaro ha la voce di Rodrigo Ferreira, rossiniano di razza ed esecutore simpaticissimo all'ennesima potenza, in una parte calzante. Voce pastosa e sicura, svetta quando c'è da svettare, si addolcisce e diventa sorniona quando il mestiere di sensale (di matrimonio) si sovrappone a quello di barbiere. Ha eseguito un “Largo al factotum” magistrale e mentre lo ascoltavo mi chiedevo se io ero al Teatro della Duchessa o al Teatro Carlo Felice, non so!
Elena De Simone ha dato voce (e avvenente figura) a Rosina. Voce vellutata e ben tornita nella zona centrale. Dall'acuto cristallino e la sillabazione chiara e intelligibile. Particolarmente accattivante il suo “Dunque io son / tu non m'inganni”, mentre aveva dato sicura prova della sua abilità nella “Voce poco fa”. Di Stefano Madeddu (Don Bartolo) non so ancora se è lui oppure Don Bartolo fatto persona, tanto si divertiva nel farci credere d'essere acido e bacchettone. Voce “spontanea”, naturale, fresca anche quando porge semplici battute quali il “Come state?” rivolto a Don Basilio. E questi gli risponde un “Come sto?” da scompisciarsi dalle risate (fortunatamente trattenute). Don Basilio è Ezio Bertola, in tonaca d'abate e calze rozze cardinalizie. Assolutamente nella parte e con un physique du rôle cui fa complemento una bella voce profonda quanto basta per una “Calunnia” divertente e sobria.
Infine Berta, con la voce di Lucia Eusebi, dalla divertente figura, vagamente ispirata a Tina Pica (giovane, però), nonché brava nella sua aria del sorbetto (giustamente applaudita).
L'Orchestra Filarmonica Italiana di Torino, diretta da Alessandro Arigoni, ha dato vita a tutto questo giammai facendo rimpiangere l'organico completo ma, al contrario, agguerritissima: ha mostrato i denti quando c'era da mostrarli (concertato del Primo atto e scena del temporale) con un impeccabile corpo sonoro unico. La regia di Sergio Beano non ha mai travalicato le possibilità della scena ed ha sempre rispettato lo spazio messo a disposizione dal piccolo palcoscenico. Interessante la trovata di accompagnare il Conte con la tastiera (invece della chitarra) e con Figaro che dirigeva e fungeva da rapporto tra il palcoscenico e l'orchestra. Ancora bello il taglio della scena dei soldati (il coro non c'era) da “Guarda Don Bartolo”, fino ad arrivare al Concertato.
Recuperare questo teatro e riproporre l'opera lirica è senza dubbio cosa meritevole. L'Associazione Sistema Paesaggio, che ha organizzato l'evento, ha ancora in serbo una rappresentazione della Norma di Bellini e, subito dopo, della Carmen di Bizet.
La storia continua…
Francesco Cento
16/7/2014
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