Il Barbiere di Siviglia
alla Scala di Milano
La più celebre opera di Rossini, Il barbiere di Siviglia, è stata riallestita al Teatro alla Scala nello storico allestimento di Jean-Pierre Ponnelle.Spettacolo nato a Salisburgo nel 1968 sotto la bacchetta di Claudio Abbado, poi portato alla Scala e riutilizzato in numerosissime repliche ed esportato in tutto il mondo, resta uno degli spettacoli più azzeccati della storia teatrale del ‘900. Descriverlo ancora oggi pare superfluo, forse solo i giovani sono ignari della bellezza e nello stesso tempo della semplicità di quest'allestimento, il quale regge ancora il tempo e supera notevolmente tante altre alternative, spesso astruse, che l'estro sterile dei registi ha voluto inventare in seguito. Una struttura girevole classica disegna una Siviglia a tratti fantastica, interni ed esterni mutevoli in pochi secondi che accomodano un libretto vivace e frizzante. Colori e giochi di luci contribuiscono al meglio nel calibrare una regia di classe, stile ed eleganza. Costumi tradizionali ma di ottima fattura. Un'azione teatrale nel vero senso della parola ove ogni personaggio assume una caratteristica precisa nel solco della commedia, brillante il gesto, ironica la situazione, ancora divertenti le trovate, in un insieme che rasenta la perfezione. Lorenza Cantini ha ben ripreso lo spettacolo rispettando al massimo le linee tracciate dal creatore.
L'edizione odierna rientra nel “Progetto Accademia” del Teatro alla Scala. L'orchestra, il coro e tutti i solisti sono stati scelti tra i frequentatori del Corso di Perfezionamento, ad eccezione di Leo Nucci e Ruggero Raimondi, i quali oltre ad assumere il ruolo di collaboratori alla preparazione dei giovani cantanti si sono esibiti in alcune recite. Il curriculum dei due cantanti parla da solo, pertanto anche se oggi entrambi sono arrivati al traguardo di una carriera quasi cinquantenaria, il giudizio deve essere distinto rispetto ai giovani “quasi” debuttanti.
Nucci e Raimondi erano in splendida forma vocale e scenica. Superfluo fare le pulci a due artisti che ancora calcano la scena, seppur in differente frequentazione la voce non sia certo fresca e qualche compromesso causa usura ed età è d'obbligo. Tuttavia per Nucci Figaro è un personaggio che ha nel sangue, istrionico, brillante, spassoso, senza mai debordare (ne sarebbe capace, ma la regia lo tiene al guinzaglio), scende ancora la pertica come un ragazzo, ricama un recitativo di classe e canta ancora Rossini nei modi della vecchia scuola, centellinando ogni nota con perizia sbalorditiva. Raimondi ritornava sulle scene dopo qualche tempo di silenzio, onestamente chi scrive pensava che si fosse ritirato, invece ha sfoderato ancora una volta la sua arte scenica in un ruolo che gli calza a pennello e riuscendo anche in un canto equilibrato e ben rifinito sia in zona grave sia acuta. Osannatissimi dal pubblico dopo le loro arie e al termine della recita.
La “squadra” dei giovani era capeggiata dal Conte di Edoardo Milletti, un tenore che seppur con voce non particolarmente proiettata ha nel suo carniere frecce importanti come lo smalto, il colore, un gusto elegante e una perizia interpretativa ragguardevole. Era omesso, giustamente, il rondò finale ma Milletti è cantante da tenere in considerazione auspicando progressi nel futuro. La Rosina di Lilly Jorstad, di ottima figura e gusto teatrale, era abbastanza vivace e con una voce molto interessante anche se le roulades e il canto fiorito non sono ancora ben calibrati. Miglior risultati si avevano dal Bartolo di Giovanni Romeo, cantante già in possesso di tutte le qualità per diventare un sicuro interprete in tale repertorio. Bravissimo nel sillabato utilizzato con perizia, voce ben proiettata cui si somma un'innata vis teatrale di assoluto rilievo. Molto pertinenti il Fiorello di Kwanghyun Kim e la simpatica e precisa Berta di Fatma Said, la quale si esibiva nella sua aria con dovuta precisione. Simpaticissimo l'Ambrogio di Michele Nani e corretto l'ufficiale di Petro Ostapenko.
Sul podio abbiamo trovato il maestro Massimo Zanetti, che nello spartito rossiniano trovava miglior ispirazione rispetto alla precedente Carmen. I tempi erano fluidi e ben calibrati, il ritmo molto incalzante ed equilibrato. Il direttore guidava la giovane orchestra dell'Accademia, la quale si faceva valere per impegno ed entusiasmo decisamente palpabile ad effetto teatrale. Di ottima fattura anche il Coro, sempre dell'Accademia, preparato ed istruito da Marco De Gasperi.
Teatro esaurito in ogni suo ordine, in una serata caldissima di fine luglio! Successo trionfale al termine, con particolare entusiasmo per le vecchie glorie ma altrettanto per le giovani promesse.
Lukas Franceschini
17/8/2015
La foto del servizio è di Brescia e Amisano – Teatro alla Scala.
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