La musica di Vivaldi
al Teatro Niccolini di Firenze
Il concerto di sabato 23 novembre 2024, organizzato dagli Amici della Musica di Firenze, tenuto dal controtenore Raffaele Pe insieme a La Lira di Orfeo, ha [con]vinto il pubblico del Niccolini. Protagonista la musica del XVIII secolo con un programma monografico tutto vivaldiano ove si potevano ascoltare cantate solistiche per alto e basso continuo (RV683, 677, 670, 684) ed alcune composizioni strumentali (Sonata per violino in la minore, op. 2 n.12, RV 32; il Concerto madrigalesco Rv 129 e la Sonata per violoncello in mi bemolle maggiore, RV 39). L'ensemble barocco formato da due violini (Elisa Citterio e Heriberto Delgado), viola (Krishna Negaraja), violoncello (Francesco Galligioni), arciliuto (Gianluca Geremia), arpa doppia (Chiara Granata) e cembalo (Nicolò Pellizzari) ha garantito il giusto dialogo e sostegno alla voce di Raffaele Pe «a baroque star» (Times) proponendo alcune composizioni diverse da quelle solitamente eseguite.
Già osservando i testi delle cantate, collocati nell'alternanza recitativo – aria, è facile dedurre che il tema riguardasse il sentimento: si passava dal sentire palpitare il cuore al lacerarselo per amore. Se il titolo della prima cantata “Amor hai vinto” sembrava annunciare un
« passo di pena in pena/come la navicella/che in questa e in quell'altra onda urtando va» ben presto, grazie in particolare agli 'affetti' della musica, si è rivelato un invito ad arrendersi all'amore, quasi lontana eco del virgiliano «omnia vincit amor». Altrettanto ‘vittoriosa' è stata l'esecuzione in cui la musicalità del cantante e dell'ensemble costituivano un trionfante rapporto di ascolto, dialogo e complicità: ingredienti necessari per una comunicazione vincente. Pe - oltre che esprimersi attraverso una voce sorprendente che colpisce per agilità, lunghi fraseggi e belle sfumature nei piani - possiede una natura musicale tale da esprimere una serie di 'virtù' tanto da essere tra i pochi controtenori che calcano le scene dei grandi teatri. Ciò che si evince dalla sua performance è la piena consapevolezza della relazione tra il testo letterario e quello musicale, tra musica e drammaturgia e, soprattutto, saper cogliere l'essenziale di tutto ciò. Ecco spiegarsi la scelta, in alcuni momenti, dell'allusione al guidare La Lira di Orfeo pur di tradurre in emozioni ciò che suggerisce la scrittura vivaldiana. Bastava uno sguardo o un piccolo movimento (non necessariamente dalle mani) a far accendere o a sfumare colori, incalzare e muovere andamenti ritmici pur di richiamare alla memoria qualcosa che allude al De tranquillitate animi. Vincente anche il programma monografico in cui oltre alle stereotipate architetture sonore, progressioni che prolungano narrazioni seducenti la percezione uditiva, varietà delle armonie, ecc. l'assurgere del ‘canto' (voce umana e gli strumenti solisti) ad autentico dominus ha conquistato tutto il pubblico. A far vibrare corde sensibili e a far ‘cantare' l'ensemble ci ha pensato Elisa Citterio: oltre ad apprezzare la sua bella e mutevole espressività, fraseggio e virtuosismo nei brani strumentali, contribuiva a guidare attraverso i piccoli impulsi dell'arco (respiri musicali, ma anche dell'anima) il gruppo alla volta di una concertazione dettata alla continua ricerca del pathos, quasi a ricordare al controtenore «Non sei primo e non sei solo» (vedi la Cantata “Alla caccia dell'alme e de' cori”). Tutto era teso ad unum e i movimenti in alternatim (lento-veloce), in particolare nelle due Sonate (RV32 e RV39), oltre che strizzare l'occhio alla struttura delle cantate, costituivano dei momenti in cui era possibile cogliere i diversi movimenti o moti ardimentosi. Ecco allora che, parafrasando ancora il testo sopra, l'ensemble sembrava mettere alla prova il pubblico ormai conquistato da un caleidoscopio di emozioni. Anche se i testi, a parte il primo attribuito a Metastasio, sono anonimi, non importa; ciò che conta è poter ascoltare la musica del Prete rosso sicuri che ogni sua inventio sia capace di rendere luminosa ogni frase oltre che continuare a parlare a tutti di bellezza. Ma se la bellezza è in grado di generare amore ecco che in questo programma - pur di far ‘vincere' l'amore anche di fronte a «rimembranze crudeli» (vedi la cantata “Qual per ignoto calle”) – si accolgono anche espressioni come l'invocazione di “Cessate, omai cessate” ricorrendo a «solitari ritiri ed ombre amiche», le stesse ombre che, pur presenti in tanti momenti di luce, in realtà costituiscono l'unico ‘Fido albergo del [nostro]core'.
Salvatore Dell'Atti
28/11/2024
La foto del servizio è di Giulia Nuti.
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