RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Manuel Barrueco

al Teatro Massimo Bellini di Catania

Nella prassi interpretativa musicale abbiamo sempre distinto fra il semplice esecutore ed il valido interprete. Il primo, anche se in possesso di una lettura pronta e di una tecnica mirabolante, rimarrà sempre al di qua della composizione per quanto eseguita in modo preciso e corretto, mentre il secondo riuscirà ad imprimere ad essa quella peculiarità, quella personalità, quel profondo significato che ne farà sempre una finestra aperta sul mondo emotivo, storico, culturale e sociale dell'autore.

Nel caso del concerto di domenica 12 marzo, che ha avuto luogo al Teatro Massimo Bellini di Catania, nel quale si è esibito il chitarrista cubano Manuel Barrueco, si può benissimo parlare di un interprete di alta classe che ha saputo siglare ogni brano eseguito non solo con la sua spiccata e prorompente personalità, ma che è anche riuscito a far risaltare l'animus del compositore-creatore.

Il primo tempo è stato tutto dedicato alle 12 Danzas Españolas di Enrique Granados delle quali Barrueco ha eseguito: n.1 Minueto, n.4 Vilanesca, n.12 Arabesca, n.5 Andaluza, n.10 Danza triste, n.3 Zarabanda; mentre nel secondo tempo ha suonato di Fernando Sor: Variazioni su un tema di Mozart op.9, Andante Largo op.5 n.5 e Variazioni su “Las Folia de España” op. 15. A seguire di Manuel De Falla La Noche da El Sombrero de Tres Picos; Romance del Pescador da El amor Brujo; Danza del Corregidor da El Sombrero de Tres Picos; Canción del Fuego Fatuo da El Amor Brujo e Danza del Molinero da El Sombrero de Tres Picos.

L'eccellente chitarrista cubano non solo ha messo in campo una tecnica perfetta e rifinita che gli ha permesso di affrontare ogni passaggio con estrema sicurezza e disinvoltura, ma è anche riuscito a cogliere di ogni singolo brano eseguito la sua propria peculiarità, la sua propria esuberanza e ridondanza icastica e coloristica. Tutti i profumi, i clamori, i clangori, le cantilene, i suoni della Spagna si sono diffusi per il parterre facendo irrompere in esso, come un fiume in piena, i sapori, gli odori e le fulgide iridescenze, tipiche e peculiari caratteristiche della etnia iberica. Manuel Barrueco non ha sbagliato o falsato una sola nota, non ha toppato una scala o un arpeggio ma ha sempre dominato e determinato la sonorità del suo strumento con vellutata leggerezza e con un nitore fonico di rara bellezza.

L'omogeneità e la dolcezza del timbro, ottenuti con il suo magistrale tocco e con la sua straordinaria musicalità, hanno entusiasmato il pubblico etneo che ha tributato al musicista prolungati e reiterati consensi e applausi, ai quali egli ha risposto con due gradevoli encore: la Sonata in si minore di Domenico Scarlatti e uno struggente Valzer Venezuelano (n. 2) di Antonio Lauro.

Giovanni Pasqualino

13/3/2017

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.