Barcellona
Sulle orme dei grandi
Al Palau de la Música, il secondo concerto del ciclo Grandi voci vedeva impegnato Piotr Beczala, accompagnato al piano correttamente da Sarah Tysman, che sostituiva l'annunciato Helmut Deutsch. Anche il programma veniva rimaneggiato.
Il tenore polacco, uno dei pochi veri fuoriclasse di oggi, è noto per il suo amore e il suo studio dei suoi grandi predecessori: poco tempo fa parlava del privilegio di un Gigli nel poter parlare personalmente con, ad esempio, Giordano. Non è la prima volta che la forma di arrotondare labbra e guance per certi acuti mi fa pensare a Gedda e oggi è stato proprio così in un paio di momenti. Questo non vuol dire assolutamente che Beczala non abbia la sua personalità, il suo timbro particolare, ma nella musicalità, nella tecnica ferrata, nel senso dello stile e nell'eleganza ci rinvia ad alcuni grandi nomi del passato.
È anche vero che ha studiato chiaramente i programmi dei recital di un tempo. Nella sua carriera il canto da camera è qualcosa di recente che si è sviluppato negli ultimi dieci anni, forse meno. Ma non ho visto da tempo nessuno che avesse l'ardire di fare tutta una prima parte con delle canzoni italiane (alcune molto note, altre meno) trattate con il dovuto rispetto e non per fare un'esibizione di acuti (che c'erano eccome). Al più noto Donaudy seguivano delle perle di Wolff-Ferrari e alcune delle canzoni più celebri, ma non tutte, di Respighi, per finire con tre tubes di Tosti. Articolazione chiarissima del testo ma partitura alla vista: questo fatto toglieva un po' di spontaneità e anche qualche piano non era a fuoco o veniva emesso con un certo sforzo. La seconda parte lo trovava in piena forma, senza partitura, per due autori polacchi, il più noto – ma non troppo, soprattutto da queste parti – Moniuszko, il magnifico Karlowicz (che rivive oggi grazie al tenore) e il notissimo (si fa per dire) Dvorak con quattro dei suoi Zigeunerlieder, più uno come ultimo bis.
Chiudeva il programma, un po' stramente (oggi; non se si pensa ai concerti degli Schipa, Gigli e anche agli ultimi di Gedda o Kraus), una versione superba di Celeste Aida, ma sbagliava una frase, come succedeva con due parole di Recondita armonia, primo dei bis, ma questo non ostava alla qualità dell'esecuzione. Il pubblico che applaudiva fino a quel momento con educato entusiasmo impazzì proprio in questo ultimo numero. Urlava in piedi, chiedendo quest'aria o quell'altra. Si ascoltavano, dopo la prima aria di Cavaradossi, la seconda, la romanza del fiore della Carmen e Dein ist mein ganzes Herz (ossia Tu che m'hai preso il cor) da Il paese del sorriso. La fila per firmare programmi e dischi era piuttosto lunga per quest'auditorio. Peccato che – fenomeno normale – la gente aspetti sempre il cantante d'opera quando questo vuol fare anche altro.
Jorge Binaghi
16/2/2018 La foto del servizio è di Lorenzo Di Nozzi.
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