RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Parata di stelle

al Bellini di Catania

Da sinistra: Alberto Gazale, Amarilli Nizza, Hector Lopez e Miquel Ortega.

Il Bellini di Catania, pur se finanziariamente penalizzato in maniera notevole dalla Regione Siciliana, e costretto di conseguenza a spostare all'autunno prossimo la rappresentazione di Andrea Chénier, ha offerto al suo pubblico, a partire dal 27 maggio, con repliche fino al 31, dunque più o meno nello stesso periodo in cui sarebbe dovuta andare in scena l'opera di Giordano, un Gran Gala Lirico d'eccezione, che è riuscito come per incanto a riportare il nostro teatro ai fasti del passato. Il Gala, che spaziava nel più celebrato e amato repertorio operistico, da Vincenzo Bellini a Giacomo Puccini, passando per Donizetti, Verdi e Leoncavallo, ha visto alternarsi sul palcoscenico tre artisti di notevole caratura: il baritono Alberto Gazale, il soprano Amarilli Nizza e il tenore Hector Lopez, accompagnati dall'orchestra del Bellini, guidata dal maestro Miquel Ortega.

Il concerto si è aperto con “Voga, voga, il vento tace” da La straniera di Bellini, dove il coro del nostro Teatro, istruito da Gea Garatti Ansini, è riuscito nuovamente a distinguersi per finezza interpretativa, trovando un equilibrio sonoro e una resa delle sfumature timbriche che sembravano essersi appannati negli ultimi tempi. Ottima prova ha dato anche nei successivi brani affidatigli, e cioè “Qui la selva è più folta ed ombrosa” da La sonnambula, “Per te d'immenso giubilo” dalla Lucia di Lammermoor di Donizetti, e “Din don, suona vespero” da Pagliacci di Leoncavallo.

Anche l'orchestra ha mostrato, sotto la guida vigorosa e precisa di Miquel Ortega, una coesione e un amalgama pressoché perfetti, che si sono tradotti a livello esecutivo in un'egregia scelta dei tempi, e soprattutto in sonorità mai debordanti, anzi sempre misurate e attente alle voci da accompagnare, il che ha permesso ai tre protagonisti del recital di cantare senza sforzo, di conferire la massima espressività al fraseggio, insomma di trovare quel punto d'intesa tra orchestra e vocalità che solo riesce a coinvolgere in maniera assoluta l'uditorio. Così, sia la sinfonia da Il Pirata che quella da Norma hanno entusiasmato il pubblico, per equilibrio dei tempi e per l'accurata ricerca delle più intime sfumature delle sonorità, caratteristiche queste che si sono mantenute per tutto il concerto, trovando il loro culmine negli stupendi interventi del flauto di Salvatore Vella.

Punta di diamante della serata sono stati però i tre protagonisti, a partire dal soprano Amarilli Nizza, che ha interpretato “Ritorna vincitor” da Aida, e “Casta Diva” da Norma (cantata in mezzo al coro, per render ancor meglio l'aspetto d'insieme della cavatina), evidenziando una notevolissima zona media, ricca di sonorità avvolgenti, cui si univano acuti di grande morbidezza e fluidità di emissione, che si sono tradotti in una linea di canto sempre perfettamente controllata e coperta, unita a un fraseggio quanto mai espressivo, soprattutto nel duetto da Il Trovatore “Udiste? Come albeggi” e “Mira, di acerbe lagrime”, cantato insieme ad Alberto Gazale.

Ottima anche la prova del giovane tenore Hector Lopez, che ha eseguito “E lucean le stelle” da Tosca e “Nessun dorma” da Turandot: dotato di una voce abbastanza estesa e di bella timbratura, si è distinto per la dolcezza e l'estrema musicalità dell'emissione, e per la capacità di cantare sulla voce, senza mai forzare nella zona acuta, risultando immune da quegli acuti da stadio che sembrano purtroppo affascinare certo pubblico della lirica. Unica pecca, forse, un fraseggio ancora acerbo che non gli ha permesso di dare il meglio di sé nel duetto con Amarilli Nizzi “Tace il labbro” da La vedova allegra di Lehár.

Vero dominatore del gala è stato però Alberto Gazale, a nostro parere uno dei più grandi baritoni verdiani contemporanei: malioso nell'emissione, dotato di un'espressività e di un'eleganza di fraseggio stupefacenti e di un timbro vocale capace di passare con estrema naturalezza dalla disperazione di Rigoletto all'irruenza di Escamillo fino all'aristocratica sensualità del Conte di Luna, ha magistralmente interpretato sia “Cortigiani, vil razza dannata”, sia il duetto da Il Trovatore cui accennavamo prima, sia “Votre toast… je peux vou le rendre” dalla Carmen, trovando per ogni personaggio l'accento adatto e riuscendo, pur nei limiti imposti alla mimesis da un concerto, a entusiasmare il pubblico non solo con la voce, ma con una gestualità coinvolgente in grado di scolpire il personaggio con la stessa efficacia di una rappresentazione scenica in piena regola.

Alla fine, un encore che è stato molto più di un semplice bis: dall'atto I de Il Trovatore, le scene terza, quarta e quinta. Un autentico dono a un pubblico entusiasta, che dimostra come i veri artisti siano molto più generosi di tanti mediocri che hanno bisogno di un'insistenza estenuante per concedere un unico, striminzito brano.

Giuliana Cutore

28/5/2018

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.