RECENSIONI
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Vienna

L'epica di Berlioz con dovizia di mezzi

Benchè Berlioz non sia stato mai sinonimo di tutto esaurito, il miracolo si è verificato con i suoi amati e sempre problematici – ma geniali – Troiani, che ritornavano dopo un'assenza parecchio vistosa. Qui si trattava del primo nuovo allestimento della stagione, ma in realtà è quello già visto a Londra e a Milano per la regia di David McVicar. Come allora (ho avuto la fortuna di esserci in entrambe città) non solo va lodato l'impatto che per l'occhio del pubblico è notevole, così come i costumi tra l'astratto e quelli della moda contemporanea all'epoca di composizione, ma anche la direzione degli attori – non tutti hanno quella capacità praticamente istintiva di Anna Caterina Antonacci, di nuovo Cassandra di riferimento, forse sempre di più se ciò è possibile, vuoi per il canto vuoi per l'espressività e l'interpretazione da grande tragedienne – e le allusioni alla nostra, di epoca: la fine, se la si guarda bene, è terrorifica e non solo per il modo di morire di Didone – e prima di Cassandra – e il presagio o la conferma della rovina delle rispettive città, ma anche per la nuova presenza di quel cavallo che non è più o non solo quello fabbricato dai Greci ma, sempre più, simbolo di guerra e distruzione.

Sarebbe certo un regalo per tutti noi se l'Antonacci un giorno si decidesse a vestire anche i panni di Didone, un'impresa ardua ma interessantissima. Comunque, di tutte le sue rivali, Joyce Di Donato è quella che, malgrado le piccole dimensioni e un'interpretazione non molto regale, si rivela la più temibile perchè con la sua intelligenza sa anche sfruttare determinate limitazioni per arrivare a un'interpretazione che, particolarmente nei due ultimi atti, diventa gigantesca e con una resa vocale di tutto rispetto – il vibratello è però sempre più presente e soprattutto in zona acuta. Praticamente non hanno avuto un personaggio maschile a tutto tondo quale opponente. L'Enea di Brandon Jovanovich non era male ma neanche bene, con quel canto sempre stentoreo e qualche problema di emissione – meglio come attore, perchè presenta anche un fisico adeguato. Adam Plachetka può diventare un eccellente Corebo quando lo si vedrà più sciolto sul palcoscenico e imparerà a sfumare perchè la voce è di grande qualità.

La direzione musicale, fattore importantissimo, veniva affidata, per fortuna, a un Alain Altinoglu in stato di grazia, ovazionato forse di più che i protagonisti. Coro, orchestra e ballerini, eccezionali. Poi, com'è noto, quest'enorme opera richiede una quantità di ruoli minori per quanto riguarda l'estensione ma non per la difficoltà. Impossibile nominarli tutti, ma se Benjamin Burns non rendeva in modo perfetto la bellissima canzone di Hylas (colpa di un acuto non a posto), Paolo Fanale da canto suo era un meraviglioso Iopas; Margarita Gritskova, che cantava per la prima volta la parte di Anna, sorella di Didone, lo faceva molto bene malgrado alcune note opache, e il Narbal di Jongmin Park era stupendo. Di tutti gli altri, diciamo quelli meno e più brevemente esposti, vanno citati almeno Anthony Schneider (Ombra di Ettore), il Mercurio e il soldato di Igor Onishchenko, il Panteo di Peter Kellner e anche il primo soldato troiano di Marcus Pelz. Successo incandescente e meritato.

Jorge Binaghi

31/10/2018

 

La foto del servizio è di Michael Pöhn.