Circo Massimo: attualità di Bohème
L'eterna attualità di Bohème deriva dal suo impercettibile oscillare fra sogno e realtà, dagli alchemici equilibri fra le qualità oniriche dei personaggi e il loro profondo radicarsi nel vero. Caratteristiche che emergono perfettamente nella messa in scena creata da Davide Livermore ormai vari anni or sono, e ripresa in occasione della stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma quest'anno ospitata al Circo Massimo. Tutto sembra scaturire dal pennello di Marcello, come se un mondo intero si creasse di fronte ai nostri occhi. L'immaginario di riferimento è quello dell'impressionismo, quindi posteriore rispetto alla originaria ambientazione del testo di Murger dal quale Puccini, magnificamente coadiuvato dai librettisti Illica e Giacosa, trasse l'opera. I quadri proiettati sugli schermi, allusivi sia dell'espressione poetica dei protagonisti quanto dell'ambientazione, non sono immobili ma appaiono pervasi da un discreto dinamismo. Così assistiamo al lento avvolgersi delle notti stellate partorite dalla fantasia allucinata di Van Gogh, oppure vediamo svaporare in un tripudio cromatico i fiori creati da Renoir. Non mancano tocchi di scoperta ironia, squarci in un prossimo futuro che svelano il gioco della messa in scena, come quando all'apertura del primo quadro Marcello, insoddisfatto delle proprie capacità artistiche, affoga “Un Faraon” con un gesto estremo alla Lucio Fontana. Livermore riesce inoltre a conciliare il carattere intimo della vicenda con le esigenze di spettacolarità previste dalle dimensioni dello spazio all'aperto. Nulla si perde dell'emotività dei personaggi, mentre il secondo atto viene risolto in un tripudio di movimenti e di colori interrotto solo dalla sensuale apparizione di Musetta. Nel mondo apparentemente innocente del giocattolaio Parpignol irrompe l'erotismo sfrenato, quasi a significare che ci troviamo di fronte a un'opera più complessa di quanto solitamente si creda. Peccato solo che un pannello, a metà serata, abbia dato problemi tecnici, spezzando un poco la continuità visiva.
Affiatato e di buon livello complessivo il cast. Piero Pretti è un Rodolfo morbido nel fraseggio e dall'accento squisitamente lirico. Lo affianca Vittoria Yeo, una Mimì fragile ed emotivamente toccante. Luca Micheletti dona schietta comunicatività al ruolo di Marcello, mentre Sara Blanch rende con efficacia il carattere costantemente mutevole di Musetta. Gabriele Sagona, infine, risolve la “vecchia zimarra” con misurata commozione. La concertazione di Jordi Bernàcer restituisce il “colore” inconfondibile di Bohème, lasciandosi apprezzare per l'accuratezza degli impasti timbrici e l'effusione lirica mai esagerata. Applausi per tutti.
Riccardo Cenci
6/8/2021
La foto del servizio è di Fabrizio Sansoni.
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