La Bohème
alla Scala di Milano
Al teatro alla Scala l'ennesima proposta dell'opera La Bohème di Giacomo Puccini, nello storico allestimento di Franco Zeffirelli del 1963. C'è poco da aggiungere su questo meraviglioso spettacolo, sempre godibile, sempre piacevole, e oserei dire quasi perfetto nella sua essenza ancor oggi dopo oltre mezzo secolo di vita. Quando uno spettacolo ottiene un successo così elevato sia da parte del pubblico sia della critica, con numerosissime riprese, noleggi in tutto il mondo, senza contare le occasioni in cui la Scala stessa l'ha portato in numerose tournée estere, i numeri parlano da soli. Ma oltre a questi siamo di fronte a una bellissima realizzazione, che seppur nel solco della tradizione (la quale non è sinonimo d'inferiorità creativa), è piena di poesia, luce, perfetta drammaturgia che rendono questa messa in scena probabilmente la migliore realizzata nel ‘900. Il lavoro di Zeffirelli, encomiabile, è stato ripreso da un suo storico collaboratore, Marco Gandini, il quale ha il pregio di aver saputo rispettare le intenzioni originali, con poche garbate e apprezzabili modifiche. Sul podio il direttore Evelino Pidò, che ha concertato la partitura con eccellenti risultati. Particolarmente attento al variegato gioco di colore orchestrale, la rifinita tinta sia drammatica sia gioviale. La scioltezza dei tempi precisa e la sensibilità della bacchetta infondono all'intero cast e al coro una comunicativa efficace. Splendida la prova del coro, istruito da Bruno Casoni, preciso e puntuale in tutte le occasioni assieme al Coro di Voci Bianche, spigliatissimo e bravissimo.
Nel cast Sonya Yoncheva, cantante sempre più in ascesa che debuttava alla Scala, che coglie nel ruolo di Mimì un meritato e personale successo. La sua esibizione è stata molto toccante sotto il profilo interpretativo, ottimo fraseggio ed efficace recitazione. Vocalmente la brillantezza dei colori, l'uniformità dello strumento e una tavolozza timbrica autorevole cui si deve sommare un legato ammirevole. Una gran bella prova. Fabio Sartori è stato un ardente Rodolfo, sempre puntuale e tutto sommato preciso, dal quale ci si sarebbe aspettata anche una scansione più ricercata, ma nel complesso il personaggio è eloquente e piacevole.
Simone Piazzola, Marcello, ha esibito una buona classe interpretativa ma il volume della voce è molto ridimensionato rispetto a qualche anno fa, e talvolta era di difficile ascolto, tuttavia il cantante sfodera accenti e intenzioni ragguardevoli. Molto bravo Mattia Olivieri, Schaunard, che ha fornito al personaggio una personale e molto gradita vivacità teatrale, accomunata a un'esibizione canora molto elevata per spontaneità d'accento, colore e fermezza timbrica. Peculiarità che non si sono trovate in Carlo Colombara, Colline, il quale possiede ancora un materiale importante ma purtroppo molto appiattito e povero di armonici, tanto da far passare sotto silenzio la sua delicata aria del IV atto.
Molto brava Federica Lombardi, Musetta, cantante con spiccata musicalità e senso teatrale raffinato che risolve il personaggio con simpatica eleganza e seduzione senza scadere nel facile cliché volgare. Impagabile il Benoit di Davide Pelissero, simpatico l'Alcindoro di Luciano Di Pasquale e bravi i solisti dell'Academia che interpretavano i ruoli minori. Francesco Castoro (Parpignol), Gustavo Castillo (sergente), Rocco Cavalluzzi (doganiere), Jeremy Schutz (venditore)
Successo trionfale al termine.
Lukas Franceschini 25/6/2017
Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano.
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